La scorporazione, così come verrà attuata, ovviamente, costituisce una versione edulcorata della ormai consolidata tecnica della bad company con annessa newco. Nella tipica applicazione italica, inoltre, la bad company (Rete) farà da collettore di tutti i debiti pregressi e di ogni inefficienza strutturale, nella logica di accollare al pubblico (cioè tutti noi) le perdite accumulate in anni di sprechi e diseconomie.
D’altro canto, la newco (Trasporto), liberata da ogni orpello occupazionale e mondata dal debito pregresso, potrà essere messa sul mercato, dove famelici privati attendono con ansia di poter incamerare i profitti, che pur sempre possono scaturire da un settore, comunque, lautamente foraggiato dalle sovvenzioni pubbliche. È chiaro a tutti, infatti, che così caricate di debiti e di personale, queste aziende non siano per nulla collocabili sul mercato. Ma, una volta ripulite e rese appetibili dalla dote pubblica dei contratti di servizio, è facile immaginare che vecchi monopolisti (Trenitalia) o nuovi competitor (NTV) saranno interessati ad un affare sinergico con il loro core business. Peraltro, entrambi hanno la volontà di tenere lontani concorrenti stranieri che potrebbero insinuarsi nelle trattative e, magari, potrebbero cedere alla tentazione di fare cartello protezionistico. In mezzo, come asini fra i suoni, ci sono i lavoratori che, resi malleabili da anni di voci contradditorie e da minacce, prima retributive e poi occupazionali, sembrano attendere impassibili le decisioni dall'alto. Il ruolo finora gregario dei sindacati ha, infatti, indebolito una categoria che nei decenni passati aveva saputo costituire una forza sociale con un ruolo guida nelle politiche di rivendicazione salariale e normativa di questo Paese. La paura instillata nei singoli lavoratori sta determinando, così, uno scollamento generalizzato sia rispetto al senso di identità che riguardo alla capacità di organizzare una reazione che non sia scoordinata e priva di ogni possibilità di influire sull’esito della crisi. Oggi, chi più chi meno, i lavoratori del TPL sembrano irrimediabilmente solo gli “agnelli sacrificali” di un sistema che li vorrebbe già sconfitti. Molti, purtroppo, sembrano già assuefatti al peggio, quasi come se il peggio, tutto sommato, fosse una liberazione dalla paura che li ha attanagliati. Eppure, c’è ancora qualcosa che si può fare. Si può contrapporre all’inesorabile declino di una categoria, ed al suo smembramento, una strategia coraggiosa di proposte alternative a quelle ordite da politica e sindacati alle nostre spalle. In questi mesi, ho scritto più volte di questi temi e, purtroppo, i fatti, da me anticipati, mi hanno dato ragione.Come più autorevolmente di me ha scritto oggi su IL MATTINO il professor Mariano D'Antonio, ci sono ancora ristretti margini per fare altro. Come più volte ho fatto io, lui parla di ottimizzazione delle risorse, liberalizzazione e governance duale, con i lavoratori e i cittadini parte attiva nelle politiche strategiche e gestionali delle aziende di trasporto pubblico locale.Una strategia fatta anche di aumenti di produttività e di rinunce retributive, ma con un unico punto fermo: la salvaguardia assoluta dei livelli occupazionali. Solo se saremo capaci di proporre noi stessi soluzioni drastiche, riusciremo a smascherare ed impedire il processo di dissoluzione in atto. È arrivato il momento di prendere in mano i nostri destini, non fidandoci più dei soliti pifferai magici. Ciro Pastore – Il Signore degli Agnelli
P. S. : i miei più attenti lettori avranno notato che questo post in buona parte ripete concetti e parole di un altro post pubblicato in data 8 maggio 2012, ennesimo caso di anticipazione andata... buon fine http://lantipaticissimo.blogspot.it/2012/05/eav-abortita-la-fusione-al-via-una-bad.html