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Domenica leggendo l'intervista a Maurizio Landini su Il Fatto Quotidiano (quella sull'impegno politico) avevo manifestato la mia impazienza rispetto all'ennesimo annuncio dell'avvio di un percorso politico che però, nonostante la drammatica situazione italiana, ancora non ha visto la luce. Non mi sembrava infatti che in quell'intervista ci fosse alcuna novità rispetto a quanto Landini va dicendo da tempo (la volontà di contribuire all'organizzazione di una rete o coalizione sociale); e se i commenti isterici e infantili di Renzi e dei suoi accoliti sul supposto partito del leader della Fiom mi avevano fatto sorgere il dubbio di averla male interpretata, le successive precisazioni di Landini hanno confermato la mia lettura (e dunque la mia impazienza). La realtà è che nei confronti di Maurizio Landini vi sono così tante aspettative e speranze perché all'orizzonte della Sinistra italiana non si vede nessun altro che abbia - come il segretario della Fiom - carisma, credibilità, popolarità, capacità comunicative tali da farne il potenziale catalizzatore della ricostruzione dell'Alternativa progressista. Non è, per quanto mi riguarda, l'attesa dell'uomo della provvidenza o il chinarsi alla mitologia del capo (il leader a cui penso è anzitutto un portavoce e un simbolo che riporta all'esterno le deliberazioni assunte democraticamente da un corpo collettivo). Ma si tratta di prendere realisticamente atto che non esiste un popolo (tanto meno il popolo italiano opportunista, ignavo, amorale, sottoposto per di più al bombardamento ininterrotto del pensiero unico capitalista condotto attraverso i media) capace di darsi spontaneamente un'organizzazione ed una rappresentanza politica. Esistono i sentimenti, i valori, i bisogni, i desideri di un popolo a cui solo un progetto, efficace e razionale, messo in atto da un ristretto gruppo di persone può dare consapevolezza e voce e fare emergere in un soggetto politico organizzato. E qui contano la comunicazione, le strategie, la struttura organizzativa, la qualità e la credibilità del ceto dirigente, il ruolo stesso del leader, la funzione educatrice dei militanti e il carattere contagioso che assume un progetto politico quando diventa riconoscibile fenomeno di massa. E d'altra parte, quando parliamo di Alternativa di Sinistra, nessuna strategia, nessun programma, nessuna organizzazione, nessun leader può portare a qualche risultato se non ha dietro una vasta mobilitazione popolare. La storia, anche recente, dei partiti e dei movimenti politici ci consegna questi dati di fatto.
Se finalmente la nave di Landini mollerà gli ormeggi e uscirà dal porto in mare aperto, poter contare sulla forza, anche numerica, e sui simboli di un sindacato come la Fiom e su di un leader che gode di un'ampia credibilità è un punto di partenza importante, anche perché taglia alla radice e spazza via gran parte delle contestazioni e delle contese sulla legittimazione della direzione politica sulle quali si è impantanata da tempo la ricostruzione della Sinistra. Per ciò che si può comprendere (cosa non facile, come ammettono molti osservatori politici e di difficile traduzione in politichese come afferma Bertinotti) il progetto di Maurizio Landini è un progetto politico, ma oggi non partitico, per ricostruire (far riemergere) attraverso la concreta azione sociale (sindacale, mutualistica, solidale) una cultura di massa maggioritaria fondata sulla giustizia sociale, sull'uguaglianza, sulla consapevolezza di ciascuno dei propri inalienabili diritti di persona e dunque di critica e di contestazione del capitalismo. Realizzare cioè le precondizioni sociali e culturali per far vincere la Sinistra. In qualche modo il rovesciamento del rapporto partito – sindacato in cui quest'ultimo delegava al primo la sintesi politica delle proprie istanze, rassegnandosi - come avvenuto con la CGIL negli ultimi decenni - ad una forma di collateralismo e ad un ruolo subalterno. Un'esigenza oggi vitale per lo stesso sindacato la cui funzione sociale e di rappresentanza dei lavoratori è stata messa in crisi dalla reiterata complicità nei confronti del potere dominante e che potrà essere totalmente cancellata dalle nuove leggi del lavoro e da rapporti di forza totalmente sbilanciati a favore dei padroni (la sostanziale estromissione della Fiom dalle aziende di Marchionne dovrebbe insegnare qualcosa: di fronte alla crisi, alla disoccupazione, al precariato gli spazi per il conflitto in azienda si riducono sempre di più). E' stato detto che un partito di Landini varrebbe già oggi potenzialmente il 10-15 per cento dell'elettorato: non accontentarsi di questo risultato e puntare a rendere possibile che la maggioranza del Paese – i lavoratori, i precari, i disoccupati, i ceti popolari – possa conquistarne la guida è un atto non solo coraggioso e generoso ma anche politicamente lungimirante. Il percorso di Landini dunque come percorso parallelo e da vedersi non in contrapposizione, almeno nell'immediato, con la ricostruzione di un soggetto politico unitario della Sinistra che dovrà comunque seguire una sua propria autonoma strada raggruppando le disperse anime dell'area alternativa al PD senza mai dimenticare che senza credibilità, coerenza, radicalità, trasparenza e comprensibilità del messaggio politico (cose che impongono il farsi da parte di quei dirigenti screditati e compromessi) non si va da nessuna parte. Due strade diverse e distinte ma che potranno e dovranno domani ricongiungersi.
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