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L'ultima in ordine di tempo è l'ordinanza pensata dal sindaco di Padova Massimo Bitonci, ex senatore leghista: chiunque arrivi dall'Africa, dovrà essere in possesso di un certificato medico che attesti il proprio stato di salute.
Paranoia, panico, disinformazione, superficialità (pure un po' di mistero): Ebola ha tutti i presupposti per sfondare a livello mediatico – non a caso gli schiantati (molti su Internet) sono già tutto un fervore di complotti.
Bitonci, per esempio, gioca con l'effetto sull'opinione pubblica, fa propaganda politica e finge di ignorare che i vigenti protocolli sanitari hanno già attivato controlli “anti-ebola”: soprattutto verso i profughi – inutile nascondersi, vero obiettivo dell'ordinanza del primo cittadino di Padova e fissa partitica da molto prima di Ebola.
Come Bitonci, fa anche, un po, il presidente americano Barack Obama (perdonate il paragone. Ma com'è che si dice “from local to global”, no?). La Casa Bianca ha scelto mercoledì di annullare tutti i prossimi impegni di campagna elettorale (martedì 4 novembre sono scheduledle elezioni di mid term). Negli Stati Uniti ci sono stati, finora, soltanto due casi di contagio: e allora, possibile che il Prez salti svariati appuntamenti in vista delle elezioni di metà mandato, prova politica cruciale per l'Amministrazione, pur di stare a Washington “alla guida”? Sì, anzi, certo: Obama cerca di dare il segnale che è lui in persona a gestire l'emergenza – lo stesso è accaduto con il vertice di guerra alla base aerea di Andrews, dove aveva guidato personalmente i lavori dei 22 generali della Coalizione internazionale che sta lottando contro lo Stato Islamico.
Con un confine labile tra allarmismo da social network, preoccupazione sensata e corsa al consenso, in America il threat “Ebola” ha scalzato dal centro dell'analisi (pure mediatica), tutte le altre questioni. La CNN è in loop continuo: ora gli analisti militari che prima pianificavano dagli studi efficaci strategie contro il Califfo, spiegano quali sono i pericoli della possibile epidemia di Ebola; con loro i massimi esperti di ogni eventuale settore coinvolto.
Scriveva giorni fa Daniele Raineri sul Foglio: «Il pendolo del sentimento pubblico oscilla tra la psicosi di massa e la spavalderia noncurante». In mezzo, episodi di ogni genere.
L'infermiera spagnola contagiata – il “paziente Zero” europeo – è stata una delle poche persone in Europa ad entrare in contatto con un malato di Ebola. Non era distratta, non era “il pericolo spagnolo che preoccupa il Vecchio Continente”, era una professionista formata che è andata a fornire assistenza (professionale) a gente che stava morendo. Molto più simile ad un'eroina, che ad una “cretina” come in molti hanno provato a descriverla. Eppure, quando è andata in ospedale spiegando che aveva tutti i sintomi del caso (compresa la febbre), le hanno dato due aspirine. Era poi tornata più volte, continuava a chiedere ai medici di verificare se avesse contratto il virus, ha girato con la mascherina per precauzione (da professionista), è andata a sostenere un concorso pubblico, «penso di avere l'Ebola» diceva. Ma nessuno la prendeva sul serio: poi è arrivata la febbre sopra 38,6° (è considerata la soglia fatidica che annuncia il contagio) e finalmente si sono decisi a ricoverarla.
La seconda contagiata statunitense, ha una storia di negligenza, superficialità e impreparazione, analoga. L'infermiera di Dallas entrata in contatto con il primo paziente americano Thomas Duncan, aveva segnalato la situazione e la sua febbre sospetta al CDC (il centro americano per la prevenzione e il controllo delle malattia), ma nonostante questo non le è stato impedito di viaggiare. Ha preso un volo con altre 132 persone a bordo.
Non sono stati mai registrati, finora, casi di trasmissione del virus tra passeggeri dello stesso volo, anche se ci sono state situazioni in passato dove individui con conclamata infezione virale da Ebola, sia in Sud Africa (nel 1996) sia in New Jersey (nel 2004), hanno viaggiato insieme agli altri e senza protezioni. Ciò nonostante, non bastano i precedenti per giustificare le responsabilità di una gestione, da cui sono emersi diversi errori: Obama lo sa, e anche per questo vuole mandare il segnale della sua presenza annullando i “meno importanti” tour elettorali in Connecticut e New Jersey.
Allarmismo e anti-allarmismo. Stabilizzarsi. Ora, quello che serve secondo diversi esperti, è ripercorrere a ritroso tutte le fasi dei protocolli applicati e comprendere dove si trova quell'errore che ha permesso “i contagi occidentali”, per intervenire successivamente con massima precisione.
Ebola arriverà anche da noi: serve farsene una ragione. Il direttore per l’Europa dell’Organizzazione mondiale della sanità, Zszusanna Jakab (è sua la faccia dei nostri incubi), qualche giorno fa è stata intervistata daReuters e ha detto quello che tutti sapevamo (e che allo stesso tempo temevamo di sentir dire): «Lo sbarco di ebola in Europa è inevitabile».Ergo, anche in Italia.
Con buona pace dei Bitonci, il nostro paese è continuamente collegato con voli che arrivano dal nord Africa (che è collegato a suo volta con l'Africa centrale, focolaio della malattia), e allo stesso tempo riceve giornalmente decine di aerei che arrivano dagli Stati Uniti, o da Madrid, da Parigi, da Londra – centri di smistamento dei passeggeri globali. Isolarsi (detto per qui pazzi che lo sostengono), è follia.
La prevenzione e in controlli sono l'unica arma disponibile in questo momento: la psicosi spesso è peggiore della malattia (e cavalcarla per interesse è vile); ma anche l'anti-allarmismo superficiale e distratto è un'idiozia collettiva che davanti a certe situazioni è disastrosa. In Texas nei due giorni dopo la diffusione della notizia del primo contagiato, sono arrivate cinque mila segnalazioni di casi sospetti: tutte false e controllate. L'unica vera, con tutti i presupposti sulla credibilità, è stata inizialmente ignorata.
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