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Ebola, notizie buone e cattive

Creato il 01 novembre 2014 da Rosebudgiornalismo @RosebudGiornali
Article%20Lead%20-%20wide6118012310fafo1410407462339_jpg-620x349di Salvo Figura. Per la precisione si tratta di una cattiva notizia e di due buone. La cattiva riguarda una ipotesi o un sospetto di reinfezione da Ebola. Sarebbe una novità nello studio e nella evoluzione di questa malattia.

Il dottor Jeremy Farrar, MD, PhD, del Wellcome Trust, aveva detto durante un webcast presentato ieri l’altro dal New England Journal of Medicine che “Questa settimana sarà la settimana in cui faremo il punto per vedere se la strada intrapresa sia quella giusta”.

Egli aveva basato il suo ottimismo sulla forte risposta da parte degli Stati Uniti, della Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) degli sforzi delle Nazioni Unite, e delle risposte in sospeso da parte di altri paesi come la Cina e Cuba.

Però la domanda di un partecipante a questa webcast, ha acceso il riflettore su questo nuovo grave problema: la reinfezione.

Ha risposto Armand Sprecher di MD Medici senza frontiere: “Sappiamo che i pazienti che sono sopravvissuti hanno anticorpi specifici nel sangue. Certo, quello che non sappiamo è la soglia oltre la quale gli anticorpi abbiano dei marker di protezione reale. Se così fosse potrebbero essere acquisiti nel corso di questa epidemia, e lo speriamo, così da poterci avviare verso la vaccinazione.” Paul Farmer, MD, PhD, da Partners in Health, Boston, Massachusetts, ha aggiunto: “A Monrovia, un paio di bambini sotto i 5 anni che avevano una reazione nella catena della polimerasi (PCR), risultati negativi dopo il trattamento, dopo qualche settimana erano tornati con PCR positiva. (la PCR o proteina C reattiva è indice di infezione in atto. N.d.A) “Si tratta di bambini che hanno avuto un corso normale della malattia e avevano avuto un ricovero clinico. “Entrambi questi bambini si sono ammalati” – ha proseguito il dottor Sprecher.– “Sono tornati e sono risultati febbrili e [PCR-] di nuovo positiva. Inoltre i bambini avevano avuto alcuni segni neurologici.

La sensazione tra i virologi è che il virus entri in alcune parti del corpo che hanno una protezione immunologica, come il sistema nervoso centrale. La risposta immunitaria cancellerebbe il virus dalla periferia, il paziente avrebbe un recupero clinico, mentre l’infezione virale progredisce nel sistema nervoso centrale e infine riemerge come rinnovata positività. Però almeno uno dei bambini è diventato negativo di nuovo. “

Questo è quanto è emerso durante il convegno citato. Insomma sul virus Ebola c’è ancora molto da studiare e da combattere.

Ed ecco allora le buone notizie: Il Pentagono sta mobilitando un totale di 3900 uomini da inviare nelle zone critiche. Il supporto militare sarà fondamentale per “stanare” alcuni malati dalle loro case e avviarli in centri di cura che gli americani stanno per attrezzare. Si tratta di medici, infermieri, scienziati, soldati, aviatori, tecnici, meccanici e ingegneri. Molti sono i volontari delle organizzazioni senza scopo di lucro o di governo, tra cui medici e infermieri in uniforme del poco noto US Public Health Service.

Il sergente. Magg. John Kolodgy del 2 ° battaglione del 501 ° Reggimento Aviazione, di stanza a Fort Bliss, ha detto che sta inviando 85 soldati questo fine settimana in Liberia per fornire assistenza logistica al trasporto aereo. “In questa situazione il nemico è Ebola e la diffusione di Ebola in Africa.” I “Cavalieri” di ferro da Fort Bliss, in El Paso, si uniranno alle centinaia di soldati della 101st Airborne che è partita per la Liberia in voli da Kentucky di Fort Campbell il Giovedi e Sabato. La 101st Airborne ha preso ufficialmente il comando Sabato nello sforzo di costruire 17 unità di trattamento di Ebola (ETuS) in Liberia con 100 posti letto ciascuno.

Per i militari, questa è una missione insolita. Sforzi umanitari del passato li hanno coinvolti per eventi già verificati, come uragani, tifoni e terremoti, ma questa crisi è ancora in via di sviluppo, e generata da un agente patogeno che è dinamico e imprevedibile. L’esercito americano si sta concentrando soprattutto in Liberia, anche se le operazioni civili degli Stati Uniti includono Guinea, Sierra Leone e altre nazioni in Africa occidentale. Il presidente Obama aveva già annunciato il 16 settembre che l’esercito avrebbe fornito sostegno allo sforzo condotta da civili, visto che non si era riusciti arginare l’epidemia. La domanda ora è se questa risposta più muscolare sia troppo poco e arrivi troppo tardi.

L’OMS ha dichiarato la scorsa settimana che non ci sono prove che il tasso di infezione sia in calo. Un rapporto pubblicato sulla rivista medica Lancet ha detto, sulla base di un modello matematico del focolaio in Liberia, che i piani dei militari degli Stati Uniti per la creazione di1.700 nuovi posti letto per i pazienti Ebola è inadeguato e che c’è una “finestra di opportunità in rapida chiusura per il controllo del focolaio ed evitare così un dazio catastrofico. “

L’altra buona notizia arriva sul fronte del vaccino: Una piccola industria farmaceutica, la NewLink Genetics, con sede a Ames, Iowa, con appena 120 dipendenti, cresciuta all’ombra del gigante farmaceutico GlaxoSmithKline (GSK) avrebbe la possibilità di produrre milioni di dosi di un vaccino. Lo avrebbe dichiarato il suo presidente nel corso di una riunione ad alto livello sui vaccini Ebola organizzato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità il 23 ottobre. Nel corso della riunione, i dirigenti NewLink hanno detto che, l’azienda potrebbe avere 12 milioni di dosi di vaccino entro aprile. Questo numero sarebbe di gran lunga superare alla stima di GSK di 230.000 dosi entro tale data.

Ci sono però alcuni problemi da risolvere: Se il vaccino NewLink richiede una dose elevata per essere efficace, molte meno persone potrebbero essere immunizzati. E il vaccino di NewLink, che combina un gene Ebola da un virus della stomatite vescicolare indebolito (VSV), un agente patogeno per bestiame, non presenterebbe rischi particolari.

Ma sulle modalità di preparazione e come la New Link, col suo direttore Charles link Jr., un oncologo che in precedenza ha lavorato presso il National Cancer Institute, sia giunta quasi in silenzio a questo ambito traguardo, ne parlerò in un altro articolo.

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