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Ebola vista da vicino /Figlia della povertà

Creato il 23 ottobre 2014 da Marianna06

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Chi racconta è un missionario, che opera  in quello che una volta si chiamava Waterloo Camp, un tempo campo di rifugiati da una terribile e sanguinosa guerra civile, durata parecchi anni, tra Liberia e Sierra Leone.

Ora il campo ha preso il nome di Kissi Town. E siamo in Sierra Leone.

Paese che è notoriamente il più funestato dall’epidemia di ebola, in Africa occidentale, insieme alla stessa Liberia e alla Guinea Conakry.

Quella malattia terribile che, appunto, alcuni chiamano la “morte rossa” a causa delle continue emorragie che gradualmente, giorno dopo giorno, conducono il malato al decesso.

Operare  lì per lui, per il nostro missionario, ha significato e significa da anni portare in quel luogo, tra liberiani e sierraleonesi profughi, la Parola di Dio.

Celebrare l’Eucaristia e confortare, per quanto possibile, persone di ogni età, che ivi risiedono.

Ma l’impotenza dinanzi alle sofferenze e alla morte (la morte per ebola s’intende), nonostante una fede più che salda e molte volte messa a prova,lo mette fortemente in crisi.

E, allora, risponde agli interrogativi che lo tormentano ,quale uomo tra uomini, solo con un’accorata preghiera a quel Dio che tutto vede e tutti accoglie con misericordia.

Buoni e cattivi.

E, poi, ancora con la richiesta di un aiuto a noi (da fratello a fratello), noi che ce ne stiamo nelle nostre confortevoli case, con cibo assicurato giornalmente o quasi, e una visione della vita e delle cose,che non arriva a comprendere per davvero (e neanche forse per cattiva volontà) il dramma autentico, che tanta gente quotidianamente sta, invece, vivendo in questi giorni difficili

Giorni difficili per l’Africa.

Difficili persino dove l’ebola non è ancora arrivata a colpire.

Un dramma che, piaccia o meno, si chiama povertà.

Perché è la povertà che è il vettore di molti mali laggiù,talora anche di quelli d’animo della gente che, in determinate situazioni, s’incattivisce.

Ed è  la povertà  sopratutto portatrice di morte.

Kissi Town ha case di fango, ci dice don Mauro Boa. E le case non hanno porte e le finestre non hanno imposte.

Su una popolazione di 20 mila abitanti circa, di cui la maggioranza non ha alcun lavoro, nell’arco di tre giorni ci sono stati 45 morti per ebola e 47 abitazioni, che sono state obbligatoriamente isolate.

Molti gli orfani e tantissimi corpi senza sepoltura nelle strade .

Le famiglie mancano di tutto: dall’acqua al cibo ai disinfettanti e ai più comuni medicinali come potrebbe essere un antipiretico.

E, per assurdo, nessuno, ma proprio nessuno, si occupa di loro. Né il Governo, né i responsabili del Campo, né altri che potrebbero.

Sono uomini, donne, anziani, bambini, invisibili. Non esistono.

Probabilmente è paura. Paura del contagio.

Ciò che maggiormente colpisce e che fa male al cuore (a un cuore generoso come quello del missionario) – racconta don Mauro – sono in particolare i non pochi bambini rimasti senza genitori, abbandonati a loro stessi, che vagano incerti, sporchi, con abiti laceri e tanta fame in corpo. E che avrebbero bisogno accanto all’aiuto materiale magari di una carezza, di un abbraccio,di una coccola, che nessuno dà loro.

Pensiamoci quando siamo portati a formulare giudizi affrettati su realtà e situazioni come queste, che non conosciamo in presa diretta.

Per quanto ciascuno di noi ha nel suo mondo le proprie priorità,che sono sacrosante, non si può fare sempre  finta di non sapere.

Fidiamoci di chi, testimone,ci riferisce.

Il missionario ha scelto di restare lì con loro, con questi invisibili.

A noi viene chiesto molto di meno. Ma è un “meno” che, a ben pensarci, vale tantissimo. Perché, se ci diciamo cristiani, e lo siamo nell’azione, sappiamo bene che siamo noi lo specchio di Cristo. E che Cristo ha noi, soltanto noi, per agire nella quotidianità (vicina o lontana che sia). Quindi la nostra persona e la nostra buona volontà.

In caso di defezione è  solo sconfitta .

Come non pensare, quando guardiamo i nostri bambini, a quelle carezze mancate, a quel sorso d’acqua e a quel cucchiaio di minestra negati ? 

 

                 a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

  

 Ps.

Per saperne di più contattare don Maurizio Boa, Giuseppino del Murialdo,Freetown (Sierra Leone)


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