Magazine Rugby
Cavalieri e Viadana con Petrarca, Rovigo e Calvisano in alto, nulla di sorprendente ma quest'ultima dal tecnico un po' troppo nervoso nel reclamare "aiutini"? Nel mentre Mogliano stenta a decollare: ci vuole più "amalgama", prodotto esaurito da tempo al supermercato?
Bella l'analisi del San Donà, speriamo costruiscano presto l'expertise necessario - in ogni dove - su gioco tattico e touch.
Aldilà della giornata, quanto raccontato sul Viadana è uno spunto interessante per una valutazione generale, "esterna" ai temi strettamente di campionato.
Viene giustamente sottolineato, Viadana è sceso in Eccellenza portandosi otto "internazionali" - non nel senso anglosassone di "convocati in Nazionali" ma di ex giocatori di campionato Pro, tipicamente non nati in Italia anche se in molti casi diventati Eleggibili.
Abbiamo esposto già tante volte la nostra opinione sui giocatori stranieri (di livello) FATTORE POSITIVO per l'evoluzione tecnica e persino etico-sportiva dei giovani locali: gli stranieri "rubano il posto" solo a chi non sa o non vuole o non può migliorarsi.
L'abbiamo scritto in tempi remoti, quando a ogni limite posto dai Federali, il mainstream applaudiva con un "è cosa buona e giusta", per poi trovarsi zittiti da chi sa di cosa sta parlando nel loro Tinello. Lo consideriamo quindi un tema che finalmente non ha più bisogno di noi "trail blazers", di pionieri; con buona pace di chi in retroguardia insista nel controsenso di imporre limiti anagrafici (età, nascita) al ruolo di apertura delle squadre di élite, invece di investire nella formazione e nei formatori del settore giovanile.
Lo spunto che troviamo interessante è un altro. A nostro sommesso avviso, dovrebbe essere vissuto con grande piacere da tutto l'ambiente il fatto che gente col tasso tecnico superiore "scenda" e contamini l'ambito locale: come l'arrivo di stranieri, ciò comporta crescita, stimolo, miglior tasso tecnico.
Capiamo le tifoserie, ma a che titolo viene concesso di confondere le passioni col "diritto"? O confondere "pari opportunità" con "livellamento verso il basso"? Ricordiamo che in Inghilterra e Francia sono stati introdotti "salary cap" o meccanismi similari, non certo per garantire l'impossibile "uguaglianza tecnica" ma per la sostenibilità economica dei club nel medio periodo.
Il tema è simile alla richiesta di por fine ai deleteri compartimenti stagni tra Pro (dodici) e semipro in Italia, consentendo ad esempio i "permit player al contrario", cioè a dei Pro fuori rosa per qualsiasi motivo, di giocare temporaneamente in Eccellenza per tenersi in forma, come si fa in ogni Paese rugbisticamente avanzato.
Alcuni insistono sulla "regolarità" del campionato: pensano all'arrivo chessò, al Petrarca di Barbieri, Cittadini e Benvenuti giusto prima del derby col Rovigo ... Si guarda cioè al particulare, da tifosi, perdendo di vista l'obiettivo vantaggio generale della misura. L'obiezione sensata sarebbe piuttosto che il rugby è uno sport di squadra, necessita di quello strano ingrediente chiamato "amalgama" e uno non può per quanto bravo, inserirsi all'improvviso.
Nella realtà l'integrazione pesa di più o di meno a seconda del ruolo; basterebbe poi che fosse chiaro dall'inizio, si potrebbero pianificare gli allenamenti. Non credo che siamo antropologicamente diversi da sudafricani e neozelandesi, che fanno regolarmente da sempre tutto ciò nelle loro Currie Cup e NPC.
Di più, nel SuperRugby o nell'NPC, altro che singoli giocatori! Alcune squadre si incontrano due volte, altre nessuna. Immaginatevi se qui I Cavalieri vincessero il campionato senza esser mai andati a Calvisano ... Date retta a un cretino: è un mero problema di evoluzione del nostro ambiente. Un po' alla volta maturano anche le zucche, dicevano in campagna.
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