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Ecco come i media giustificano le violenze di genere

Da Marypinagiuliaalessiafabiana

In questi giorni sono stati diffusi appelli per fare in modo che  il femminicidio possa essere riconosciuto socialmente, ma durante questo tran tran è stata uccisa un’altra donna a Cuneo per gli stessi motivi culturali che mantengono la condizione della donna italiana a mero oggetto. Questa volta ad essere gelosa era la moglie ma lui l’ha fatta fuori perchè non tollerava il fatto che lei non fosse una donna paziente e sottomessa, insomma un altro delitto prettamente “di genere”, dove le donne sono viste da una parte come delle proprietà (come è successo nel caso Vanessa) e dall’altra come oggetti da rottamare, da sopprimere se troppo autodeterminate e se non tollerano quello che decide il “padre-padrone”.

I media riportano la notizia in questo modo (fonte LaStampa):

Ecco come i media giustificano le violenze di genere
Ecco come i media giustificano le violenze di genere

Nell’articolo si parla di accuse, dissapori, riducendo la vicenda a “normali” conflitti familiari. E non solo. In tutto l’articolo si chiama l’assassino con vezzeggiativi e altre parole che fanno comprendere un gesto di affetto, immedesimazione e comprensione verso quest’ultimo. “In fondo aveva problemi psicologici e malgrado questo la moglie egoista e rompipalle lo esasperava anziché assecondarlo o prendersi cura di lui, motivo per cui lui aveva l’amante”, questo è il messaggio che lancia questo articolo, dando una rappresentazione distorta della figura femminile, che invece dovrebbe essere paziente, dolce, sottomessa, assecondarlo e che inoltre se l’è pure cercata “riaccogliendolo in casa”. Il massimo che hanno fatto è chiamarlo “omicida”, appunto omicida non femminicida!

Malgrado le mobilitazioni del web è stato,  i media continuano a giustificare la violenza contro le donne. Anzi, vi dirò di più, a loro non piace proprio parlare di “femminicidio” e piano piano sono affiorati articoli che si dimostravano contrari all’utilizzo del termine.

Ricordiamo però che le giustificazioni della violenza sulle donne non avvengono solo quando si parla di “femminicidio” ma anche quando si articolano episodi di stupro. Il primo elemento è l’inserimento di un’immagine (anche le immagini sono importanti) che riassume la complicità della vittima con l’aggressione, mediante l’aspetto fisico, l’abbigliamento e il viso coperto che indica “vergogna” della vittima (e non dello stupratore) per aver subito e denunciato una violenza o passività perchè potrebbe indicare anche un “pianto” che invoca la debolezza della vittima e la necessità di essere protetta o tutelata, anziché rappresentare la vittima per quello che è, cioè che ha avuto l’autodeterminazione di denunciare un gesto coraggioso in un Paese che se ne frega di dare giustizia alle vittime di violenza di genere.

Questo è l’articolo “più grave” oltre ad una fila di articoli che mostrano le vittime come “femme fatale” o se coinvolgono ragazzine minorenni violentate vengono accompagnati da foto di sederi e altre parti del corpo ammiccanti (perfino materiale che appartiene veramente alle vittime, quindi pedopornografia vera e propria), se non fosse che li ho persi (e gli articolisti hanno rimosso l’immagine su mia richiesta) ma che tengo comunque a comunicarvelo.

La vicenda è quella di una signora che andava a fare spesa, molestata e quasi stuprata da un uomo se non fosse che ha allertato le guardie. L’immagine di apertura è quella di una modella in minigonna chinata per far intravedere che sotto non ha biancheria. Il messaggio è “le donne che vengono violentate se le vanno a cercare” oppure “bisogna capirlo poveretto, non sapeva resistere alla sua bellezza”. Tutto l’articolo mostra empatia con l’aguzzino, dando una descrizione fisica dettagliata della vittima, della sua auto, le sue iniziali e il suo lavoro, violando perfino la privacy,  mantenendo invece in segretezza il nome dell’aggressore, giustificando il gesto di un cinquantenne che agli occhi della redazione sarebbe una ragazzata.

Questo è solo uno di una serie di articoli che giustificano gli stupratori o molestatori, sopratutto quando questi sono italiani. Troveremo una serie di articoli che preciseranno che la vittima “era ubriaca”, scatenando nel lettore reazioni di rabbia verso un atteggiamento poco prudente della vittima, complice oppure da “ragazza poco seria”.  Non mancano nemmeno articoli che informano lo stato di ebbrezza dell’autore di stupro (ma anche di femminicidio come è successo nel caso di Vanessa Scialfa) che invece quando è uomo appaiono come attenuanti, per generare nel lettore sentimenti di giustificazione verso chi ha compiuto il gesto come “in fondo era ubriaco, non lo avrebbe mai  fatto fosse sobrio”. Questi dettagli non vengono quasi mai menzionati quando gli autori sono stranieri, dove spesso appare la nazionalità di questi ultimi, incitando al razzismo, secondo il quale si dovrebbe essere solidali con le vittime solo quando lo stupratore è straniero, come senso di possesso verso queste ultime piuttosto che come gesto di tutela della libertà femminile.

Analisi più dettagliata (fonte ilgiorno):

Ecco come i media giustificano le violenze di genere

Stupratori italiani: Nel titolo si usa il termine “presunto” e altri giri di parole che fanno passare la vittima come colei che potrebbe essersi inventata tutto. Le vicende che coinvolgono  stupratori italiani vengono scelte dagli articolisti in base al luogo in cui si svolgono: sempre in luoghi dove le vittime si recano a divertirsi come bar, discoteche, aree aperte e quasi mai nelle mura domestiche (le poche volte che se ne parla, si cita spesso che si tratta di “famiglie degradate” o in stato di miseria, generando anche il classismo), dando spazio anche alle dichiarazioni della difesa che li assolve, il quale specifica che erano incensurati e se non riportano le parole dei legali, vengono riportate le dichiarazioni di familiari e conoscenti che specificano che “sono bravi ragazzi” sottintendendo che forse lei si è inventata tutto e descrivendo latteggiamento della vittima: in questo articolo si descrive la vittima come ubriaca, sola che aveva chiesto un passaggio, in poche parole che se è vero se l’è cercata.

Ecco come i media giustificano le violenze di genere

Gli stupri compiuti da stranieri vengono condannati a priori, sottolineando la nazionalità, nome e cognome (su stupri di italiani l’inserimento del nome e cognome dei responsabili avviene solo quando sono presenti le dichiarazioni degli avvocati di difesa) e fotografie. I luoghi dove si svolgono le vicende sono treni, chiese, piazze, parchi, quasi sempre in pieno giorno.

Ecco un articolo in breve. Senza fare caso agli errori di ortografia, noterete che viene sottolineata la nazionalità dei due aggressori e altre elementi che li identificano doppiamente criminali in quanto stranieri. il messaggio è “la violenza sulle donne dipende da certe culture ed è un fenomeno recente importato con l’immigrazione” oppure che “e’ solo un problema di sicurezza” perchè le violenze che fanno scalpore avvengono sempre fuori di casa e mai dentro, come se ancora lo stupro fosse un reato contro la morale pubblica e come se in casa fosse tollerato. Questo non rischia di diventare un messaggio che aiuta a stendere un velo omertoso verso tutte le violenze compiute da italiani in casa o fuori diventando in qualche modo conniventi?

Ecco come i media giustificano le violenze di genere

Perchè quando lo stupratore è italiano si usa la massima riservatezza, si specifica che erano incensurati o bravi ragazzi, facendo passare lo stupro con un’accusa che potrebbe essere anche falsa (malgrado i segni che riportano le vittime)?

Perchè nei femminicidi compiuti da stranieri si parla del patriarcato di certe culture, mentre quando un uomo italiano uccide la propria compagna si parla di “gelosia”, “conflitti familiari”, “depressione”? Insomma si tende a giustificare come se la violenza sulle donne non riguardasse questo paese e questa cultura e se accadessero fossero solo “cose che capitano” o comunque cose scaturite dalla disponibilità della vittima o dal contesto (come famiglie degradate, quartieri malfamati, spazi aperti come discoteche ecc).

E’ vergognoso questo. Io mi sono stufata di continuare a scrivere articoli su articoli su come la donna viene trattata nei massmedia ma lo faccio perchè voglio contribuire a cambiare lo stato di cose e lotterò con tutte forze finché non cambi la situazione, affinché i media non usino più un linguaggio sessista, di compiacimento, tolleranza e incitamento alla violenza sulle donne.

Cambiare linguaggio è già un passo avanti perché spesso una sola parola può portare a tollerare, quindi incoraggiare un fenomeno.

Mary


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