ARTICOLO PUBBLICATO SU LETTERA 43 IL 06 DICEMBRE 2015 DA Francesco Giappichini
Fernanda Bocconi Azadinho– paulista che vive in Italia da circa trenta anni, ed è tra i maggiori esperti di gastronomia brasiliana – ha pubblicato il suo nuovo libro,‘Sabor Brasil – Ricette con storia della cucina brasiliana’, per Marco Serra Tarantola Editore. Un’opera che secondo l’ottima recensione diPietro Scaramuzzo, «non è il classico volume di ricette brasiliane, ma piuttosto un libro di storie in cui la ricetta è il lieto fine».
Abbiamo quindi chiamato l’Autrice – che gestisce il portale ‘Sabor Brasil. Cucina brasiliana e altro…’, ed è tra i più illustri divulgatori delle ricette verde-oro – per far due chiacchiere, non tanto sul libro, o sulla cucina del suo Paese d’origine; ci interessava piuttosto la sua opinione sul modo di alimentarsi e nutrirsi, nella Terra del samba.
Come definirebbe il suo nuovo libro ‘Sabor Brasil – Ricette con storia della cucina brasiliana’? E’ in buona sostanza un ricettario, oppure assomiglia più che altro a un testo dedicato alle tradizioni alimentari?
«Una cara amica mi ha detto che non ho scritto un ricettario, ma un libro di ricette. Una definizione che mi fa piacere, e racchiude molte bene l’essenza della mia opera: non si tratta, infatti, semplicemente di ricettario, né – all’opposto – di un testo dedicato alle tradizioni alimentari. Direi che ‘Sabor Brasil’ – nei dieci capitoli in cui è articolato – cerca di descrivere tour court l’alimentazione brasiliana, e il modo di nutrirsi nel Paese sudamericano. Senza tralasciare aspetti che possono apparire secondari, come la cultura gastronomica indigena, le singole particolarità regionali, o lo sfizioso settore della pasticceria. Nell’introduzione di ogni capitolo, vi sono cenni storici sulle origini delle popolazioni delle varie zone, sugli spostamenti migratori. Senza dimenticare l’importante elemento climatico. Spazio quindi alla cultura alimentare vera e propria, cercando di raccontare anche la storia delle varie ricette. Che ho selezionato non solo in base al mio gusto personale; hanno influito nella scelta anche approfondite ricerche, e soprattutto le influenze ricevute sia a San Paolo (la mia città d’origine), sia nel corso della mia – quasi trentennale – esperienza in Italia. Insomma al centro ho posto la cucina tradizionale verde-oro, anche se – in alcuni casi, e sempre segnalandolo – ho presentato delle mie ricette personali. Per ogni piatto ho indicato gli abbinamenti preferiti, e ove necessario ho fornito informazioni sugli ingredienti: come acquistarli e prepararli. Del resto, alcuni di essi sono ancora poco conosciuti, qui in Italia».
Ci può descrivere le ultime tendenze – direi quasi le mode più attuali – della cucina del quotidiano, in Brasile?
«Non si può parlare di una tendenza o moda, che possa rappresentare l’intero panorama della culinaria brasiliana: farlo, sarebbe riduttivo e impreciso. Come ho spiegato nel libro, la nostra gastronomia è una realtà molto variegata. Nelle grandi città si possono trovare piatti raffinati, figli o meno di una tendenza. Mentre all’interno – nelle svariate regioni geografiche o culturali – hanno ancora la meglio i piatti tradizionali. Che tuttavia – con l’arrivo dei più innovativi elettrodomestici e delle tendenze lanciate nelle metropoli – sono sovente cucinati in versioni alternative. E direi in modo meno faticoso. A mio giudizio, in Brasile, la gastronomia tradizionale resta il pilastro della cucina del quotidiano, e soprattutto l’inesauribile fonte d’ispirazione per le nuove tendenze; cui dovrebbe sopravvivere, almeno me lo auguro».
Ci può indicare un piatto descritto sul suo libro, che, a suo giudizio, potrebbe essere ripreso con successo dagli chef e dalle casalinghe italiane?
«Direi tutti. Ho deciso di presentare ricette con ingredienti che si possono trovare anche in Italia, per perseguire il mio scopo: cioè fornire una visuale – la più ampia che ho potuto – della ricchezza e della varietà della cucina brasiliana. Suggerisco comunque di iniziare dall’icona della nostra cucina, la feijoada: molto sostanziosa, è l’ideale per questa stagione fredda».
Una caratteristica essenziale del ‘mangiare alla brasiliana’ è rappresentata dall’accessibilità del cibo. Lo dimostrerebbe ampiamente la diffusione dei ristoranti com comida por quilo, e dei ristoranti popular con pasti a un real. Tra i cui avventori non si nota quel sentimento di vergogna, che si pensa, dovrebbe aleggiare nelle mense popolari. E’ d’accordo?
«In Brasile, nelle fabbriche molto grandi e nelle università, ci sono le mense, i cosiddetti refeitório. Poi vi sono le associazioni di carità, che offrono pasti per senza fissa dimora e famiglie in difficoltà. Vere e proprie mense popolari a basso costo, accessibili a tutti, non ve ne sono; e tuttavia cibo a buon mercato è servito nei piccoli bar, nei chioschi o i tanti locali improvvisati. Confermo che non c’è nessun atteggiamento di rimprovero verso i clienti dei locali a buon mercato; né all’opposto, un sentimento di vergogna da parte di questi ultimi. I ristoranti self service – quelli col cibo che va pesato – sono effettivamente molto diffusi; e anche in questo caso troviamo svariati livelli di qualità e prezzo. Vi ricorrono non soltanto i lavoratori in pausa pranzo – causa le grandi distanze da percorrere, in pochi riescono a tornare a casa – ma un po’ tutti quelli che, per qualsiasi motivo, non possono cucinare. L’offerta di questi locali è ampia: si va dai piatti semplici e comuni, a tipiche pietanze per vegetariani. Le churrascaria invece – nella maggioranza dei casi, ma non sempre – sono molto raffinate, e hanno un costo elevato».
A che punto è in Brasile la lotta tra la culinaria buona e sana, e il cibo-spazzatura, che può causare malattie legate alla cattiva alimentazione?
«Purtroppo credo che la culinaria buona e sana – e aggiungerei ecosostenibile – sia una preoccupazione delle classi elevate, sia economicamente sia culturalmente. Come del resto avviene nella maggior parte del mondo. Mentre dove vi sono povertà e ignoranza, la preoccupazione primaria resta la sopravvivenza».
Rimandiamo inoltre all’articolo ‘Cucina brasiliana, scoppia il boom’ .