il pallone e la bicicletta.
25 gennaio 1948-Arena di Milano: tra i testimoni dell’incredibile vittoria per 3-2 del Milan contro il Grande Torino c’era anche lui.
2 settembre 1951-Varese: in mezzo alle centinaia di migliaia di persone assiepate attorno al percorso dei Mondiali, arrivate lì per veder vincere Magni o Bartali e deluse dallo sprint fulmineo dello svizzero Kubler,
c’erasempre lui. Mario Monti.
Quando non era ancora un economista stimato in tutto il mondo ma un ragazzo come tanti, Mario Monti giocava a calcio, all’ala sinistra, nella squadra dei gesuiti del Leone XIII di Milano, dove allo sport tenevano parecchio. Non era un granché, se la cavava molto meglio negli studi. Il suo tifo per il Milan sbocciò il 5 febbraio 1950, nella giornata in cui i rossoneri stracciarono la Juve a Torino col punteggio di 7-1 e le reti di Gren, Nordahl e Liedholm. "Da quel momento i tre svedesi diventarono gli idoli della mia infanzia".
Il padre, direttore di banca, era juventino ma lui decise di affezionarsi a una squadra di Milano, la sua città adottiva. E scelse il Milan: la foto autografata del Gre-No-Li è ancora custodita in qualche cassetto. "Ma sinceramente — ha detto alla Gazzetta qualche anno fa — preferivo il ciclismo e la bicicletta, come Romano Prodi".
In sella alle due ruote non si stancava mai di battere le strade del Varesotto, la sua terra natale. Quel 2 settembre del ’51, prima che cominciasse la competizione iridata, percorse assieme al papà il circuito lungo le salite del Brinzio le stesse del Campionato del Mondo di Ciclismo a Varese nel 2008..
Solo amore per la bicicletta, amore e odio per il calcio. Perché il giovane tifoso Mario Monti si trasformò, nell’età adulta, in fustigatore del sistema calcistico.
Una curiosità: c'è anche un omonimo Mario Monti che fu il meccanico di fiducia di Anquetil