Il commento di Boccia al primo passaggio in Commissione – che aveva lasciato intendere ci fosse una maggioranza politica a sostegno del testo – era indirizzato alle numerose critiche che in questi giorni si stanno accumulando in Italia e negli Stati Uniti, il cui spirito non è cambiato a maggior ragione oggi:
Chi guadagna in Italia è giusto che paghi le tasse in Italia, con la nuova web tax tutte le aziende saranno finalmente uguali davanti al fisco. Non si tratta, dunque, di una nuova imposta ma di un atto di equità e giustizia. Non c’è differenza tra le multinazionali americane e le piccole imprese di Busto Arsizio o Matera. Chi non è d’accordo e sostiene il contrario spieghi il perché alle migliaia di ditte che operano in una situazione di concorrenza sleale messa in atto dai giganti internazionali che finora, per una legge sbagliata, hanno sempre pagato solo pochi spiccioli rispetto agli altissimi guadagni che riescono a fare nel nostro Paese. Affermare che la cosiddetta web tax disincentiva gli investimenti è un colossale errore. L’unica cosa certa è che le aziende operano dove capiscono che possono raggiungere i profitti più alti e d’ora in poi dovranno destinare una parte dei loro guadagni al fisco del Paese che le rende sempre più ricche. Esattamente come tutti gli altri operatori italiani. Questi sono fatti. Il resto sono chiacchiere a gettone, nel vero senso della parola.