La natura non poteva fornire un modo migliore per festeggiare il centenario della teoria della relatività generale. Dopo mesi di voci sempre più insistenti, oggi è stata data la notizia ufficiale: è nata l’astronomia gravitazionale. Il rivelatore LIGO (per Laser Interferometer Gravitational-Wave Observatory, composto da due strumenti, uno in Louisiana e uno nello stato di Washington) ha visto un segnale compatibile con quello atteso dalla coalescenza di due buchi neri.
Si tratta di due pesi massimi dell’astronomia, di una trentina di masse solari ciascuno che, dopo aver danzato per milioni di anni in un sistema binario in orbite sempre più strette, si sono avvicinati fino a compenetrarsi e dare origine ad un nuovo mostro stellare di massa leggermente inferiore alla somma dei due protagonisti.
La differenza di massa è stata liberata sotto forma di uno tsunami gravitazionale con una sequenza di frequenze sempre più acute, man mano che il sistema si restringe, fino al silenzio, quando tutto si è compiuto. L’onda gravitazionale perturba lo spazio, che, ritmicamente, viene stirato e compresso.
Il respiro gravitazionale è però impercettibile, lo tsunami che abbiamo descritto fa variare di un millesimo delle dimensioni di un protone la lunghezza dei bracci di 4 km di LIGO. Si tratta di una misura difficilissima da realizzare perché qualsiasi vibrazione terrestre produce effetti molto più rilevanti. Per questo sono necessari almeno due rivelatori, distanti migliaia di km, per cancellare il rumore locale. Solo il segnale presente in entrambi merita di essere analizzato.
È necessaria una tecnologia raffinatissima per poter misurare questa infima variazione e seguire, in una frazione di secondo, il cambiamento della frequenza dell’onda mentre si passa dagli ultimi stadi della danza di due buchi neri alla loro fusione.
Infatti, è proprio analizzando le frequenze che si può risalire alla massa degli oggetti che hanno prodotto l’onda che si è propagata alla velocità della luce coprendo 1,3 miliardi di anni luce per giungere all’appuntamento con la storia il 14 settembre dello scorso anno, pochi giorni dopo la messa in funzione dello strumento LIGO.
In effetti, si direbbe che madre natura avesse proprio fretta perché lo strumento era ancora in fase preparatoria. La campagna osservativa vera e propria avrebbe dovuto iniziare il 18 settembre. Il segnale, della durata di 0,2 secondi, è stato visto forte e chiaro da entrambi gli strumenti, cogliendo tutti di sorpresa.
Erano decenni che gli strumenti lo cercavano ed erano state fatte innumerevoli modifiche e migliorie per cercare di affinare le sensibilità ed essere pronti a cogliere l’attimo. Tuttavia, per poter essere sicuri di avere rivelato, per la prima volta, il segnale di un’onda gravitazionale è stato necessario procedere ad una serie di verifiche che hanno richiesto tempo, durante il quale la notizia si è propagata in modo inesorabile.
Lo storico annuncio di oggi, quindi, non ha colto il mondo di sorpresa. Tutte le informazioni erano già circolate. Si sapeva la data dell’evento (e anche quella di un secondo segnale a dicembre) e la massa dei buchi neri coinvolti. Inoltre, un attento esame dei dati pubblici circa le direzioni di puntamento dei telescopi dell’osservatorio europeo australe, aveva rivelato che a settembre e a dicembre erano stati fatti una serie di puntamenti con il titolo “ricerca di controparti”. Questo aveva svelato anche la direzione di arrivo.
Cosa restava da annunciare? La soddisfazione per una scoperta così rapida e la certezza che il meglio deve ancora venire, quando sarà possibile individuare la sorgente dello tsunami gravitazionale. Questo è un compito per l’astronomia più tradizionale, quella dei telescopi radio, ottici X e gamma. Lo potremo fare quando anche il rivelatore italiano Virgo entrerà in funzione. Un segnale visto da tre punti della Terra può essere triangolato e sull’area di cielo individuata si può scatenare la potenza dell’astronomia a tutte le lunghezze d’onda.
Il segnale di settembre è uno splendido inizio per l’astronomia gravitazionale. Dopo 1,3 miliardi di anni è arrivato al momento giusto. Con pochi giorni di anticipo avrebbe trovato LIGO ancora spento. È sicuramente un eccezionale regalo della dea bendata o, se preferiamo, un colpo di fortuna straordinario.
L’articolo è stato pubblicato nell’edizione del 12 febbraio 2016 del quotidiano Il Sole 24 Ore e riprodotto qui su Media INAF con il consenso dell’autrice
Fonte: Media INAF | Scritto da Patrizia Caraveo