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Ecco perche’ la bulgaria si e’ tirata indietro dal south stream

Creato il 09 giugno 2014 da Conflittiestrategie

 

Sullo sfondo della guerra in Ucraina, che il Presidente Poroshenko ha promesso di fermare entro questa settimana (dubitiamo ma aspettiamo l’evolversi degli eventi), continua l’harakiri dell’Europa nel settore energetico. Nonostante l’Ue sia dipendente dal gas russo, per buona parte del suo fabbisogno, fa di tutto per inimicarsi il Cremlino. Questa volta però i russi, stufi della doppiezza nostrana, hanno giocato d’anticipo, dimostrando di poter differenziare i clienti prima ancora che si concretizzasse la diversificazione delle fonti e dei fornitori, annunciata incautamente dalle nostre cancellerie europee in innumerevoli occasioni.
L’ultimo accordo commerciale sino-russo sull’oro blu, definito storico dai vertici dei due Paesi, dovrebbe far riflettere quest’Europa senz’anima sociale ed incapace di tutelare i suoi interessi strategici, tirata per la bandiera da un’America sempre più ingerente negli affari del vecchio continente, soprattutto nel suo versante orientale, dove i membri comunitari dell’ex patto di Varsavia sembrano più fedeli a Washington che a Bruxelles.
La stabilità dei nostri rifornimenti è adesso nuovamente in pericolo, dopo che anche la Bulgaria, sottoposta a forti pressioni internazionali, ha annunciato di voler uscire dagli accordi per il South Stream, gasdotto che, aggirando l’Ucraina, avrebbe dovuto garantire flussi di approvvigionamento più stabili e non condizionati dagli umori delle classi dirigenti locali, a tutta l’UE.
Questo smacco autolesionistico si aggiunge alle incertezze delle autorità italiane, emerse qualche settima addietro. Lo Stivale fa parte del consorzio South Stream con una partecipazione del 20%, benché vi fosse inizialmente entrato con una quota del 50%, “fifty fifty” tra la nostra Eni e Gazprom, l’impresa di stato russa.
L’Italia, dopo essere scesa nella proprietà a vantaggio della EDF francese e della Wintershall tedesca (entrambe ora al 15%), pare aver perso anche il vantaggio competitivo e logistico di veder sbucare, nel sud, il troncone terminale del dotto, che approderà invece in Austria. Un altro capolavoro dei nostri dirigenti che inseguono la fama personale e snobbano la fame energetica della Penisola. Tanto, se aumentano i prezzi e diminuiscono le riserve, sono i contribuenti e le imprese del Belpaese a risentirne, mica la loro carriera che solitamente prosegue con contratti stellari e consulenze profumatamente ricompensate all’estero.
Alla defezione bulgara si è aggiunta purtroppo quella serba. Il governo di Belgrado ha annunziato di voler attendere lo sviluppo degli eventi a Sofia, almeno fino al completamento dei negoziati tra l’Ue e gli altri partner interessati, prima di riprendere in mano il tema.

Qual è la verità circa queste pretestuose complicazioni che si stanno moltiplicano a vista d’occhio? Tutto il progetto sta subendo le pressioni della Casa Bianca che non ha mai digerito il quasi fallimento del programma alternativo Nabucco. Quest’ultimo è un piano di pipelines, con percorsi e attori più vicini all’amministrazione americana, finito recentemente su un binario morto, benchè gli esperti Usa avessero riposto molte speranze in esso, proprio per limitare l’influenza dei rifornimenti di Mosca in Europa.
La Bulgaria ha indietreggiato perché incalzata dai Senatori John McCain, Ron Johnson e Christopher Murphy che domenica hanno tenuto una riunione a porte chiuse con il primo ministro bulgaro, il quale, senza comunicare ufficialmente nulla alla controparte russa, ha successivamente dichiarato la sospensione dei lavori del South Stream, accampando scuse inverosimili. L’appiglio sarebbe la crisi in Ucraina e le richieste del premier Yansteniuk che ha già fatto sapere all’UE di poter garantire, senza complicazioni, gli attuali percorsi di transito del gas. Questo dovrebbe rendere pleonastico il South Stream, a parere dei governanti filo-Usa di Kiev.

Ancora una volta l’Europa viene presa in ostaggio dall’ingombrante alleato oltreatlantico, complice il gruppo di comando di Bruxelles che non ha a cuore le sorti economiche e politiche dei suoi cittadini. Ricordiamo che il South Stream, se realizzato, avrebbe una capacità di 63 miliardi di metri cubi di gas. Al momento, non esiste nulla che possa eguagliare simili performance. Evidentemente, l’Ue ha altre urgenze per questa fase storica, vedi la regolazione della curvatura dei cetrioli o la misurazione della circonferenza delle arance tarocco. “Taroccate” come le loro “libere scelte”. Di questo passo le minacce di Putin di lasciarci a secco diventeranno una realtà. Lo “Zar” sta ripensando il percorso del “South Stream” che potrebbe presto essere cambiato. Alcune opzioni sono sul tavolo e la via turca è tra queste. L’Europa valuti pure se il gioco vale la candela, anche nel senso del timore di ripiombare ai secoli in cui quest’ultime erano le uniche forme d’illuminazione.

 


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