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Eclisse della ragione in streaming

Creato il 24 aprile 2013 da Albertocapece

122620794-c46c9f34-a27f-43fd-9ac7-4f944f7c7870Anna Lombroso per il Simplicissimus

Pochi romanzi hanno influenzato la coscienza politica del Novecento come “Buio a mezzogiorno”di Arthur Koestler, o “La confessione” di Artur London, che svelavano il terrificante meccanismo dei processi staliniani in cui l’imputato si autoaccusava dei peggiori crimini, identificandosi con l’inquisitore, diventando il carnefice di se stesso. Niente a che vedere con l’epurazione in streaming del senatore laziale Marino Mastrangeli,colpevole di aver violato lo statuto del movimento con la sua partecipazione al programma pomeridiano della D’Urso, e che, proprio per la potenza dell’accusa e la debolezza della D’Urso, ci tenta di dare ragione agli improbabili inquirenti.

Sempre in uno streaming imbarazzante una larga maggioranza della direzione Pd ha votato la cambiale in bianco per il sostegno al governo con il Pdl, “imposto dalla storia”, secondo Franceschini, che rende noto che chi non appoggerà la “larga intesa”, verrà automaticamente espulso dal partito, senza nemmeno processo.
Insomma due organizzazioni, volatili proprio come la turbo finanza, che non sanno essere né movimenti né partiti, coprono con l’autoritarismo dispotico, con il cieco integralismo e la memoria del centralismo il vuoto di identità, di principi, di valori e di idee. In ambedue i casi, i cittadini 5stelle chiusi nella cittadella delle decisioni o i democratici rinserrati nel loro fortilizio minacciato e percorso da veleni e patologie mortali, trasmettono la percezione di enclave separate e distanti, conservatrici per definizione o per nuova annessione, di quote di potere, di segmenti di privilegio, di promesse o consolidate rendite di posizione, a tutela dei quali si stringono le fila, ci si oppone preferibilmente nel segreto dell’urna, si prevengono esternazione proibendo l’espressione, si richiama alla ferrea disciplina.

Siamo oppressi da un ceto partitico, tutto – se i cittadini dipendono dal loro leader “impolitico” dietro al velo labile della consultazione in rete – che delega la cosa pubblica, le decisioni, i diritti, la politica per intero, perfino l’autocritica, ad altro, superiore, centralizzatore per funzione e vocazione.
La feroce indifferenza per l’interesse generale, l’irritata distanza dal bene comune si materializzano nella trasmissione di funzioni e scelte a un potere interamente sostitutivo. Altro che spirito gregario, bisogno di direzione e sottomissione delle masse, quella vocazione alla delega cui dà risposta la fisiologica sete di comando dei capi. Un sistema elettorale che, malgrado la sempre più robusta erosione dell’assenteismo, premia i pre-eletti, elezioni chiaramente minate da differenze e disuguaglianze originarie delle formazioni e dei leader, oltre che sostanzialmente inutili, se, ridotte a stanche liturgie, ne è avvilito ed umiliato l’esito perché tutto resta uguale, rendono superfluo il consenso, ripugnante la verifica dell’efficacia, formali i voti, utili solo per legittimare l’illegalità del ricorso alla fiducia e della prepotenza della “maggioranza”.

Una volta era convinzione sociologica diffusa, che le èlite, i capi, fossero migliori delle masse, le loro eccellenze insomma. Oggi le aristocrazie di ieri, secondo la folgorante definizione di Bovero, sono diventate le cachistocrazie, il “governo dei peggiori”, estranei alla vita concreta, segnati dal vizio del privilegio e dallo spirito di fidelizzazione al potere e alle cerchie, senza competenza né merito. Ostili all’impegno, al sacrificio, al coraggio, inclini per indole all’ubbidienza al “superiore”, all’influente, al “ricco”, ben collocati nel sistema di corte, dove sono egemonici i costumi servili, la simulazione, l’adulazione, il cinismo, la venalità e la corruzione, fino all’ammirazione per personaggi di comprovata immoralità e di accertata potenza di contaminazione, segnati dal marchio della vittoria.

Se Berlusconi è il volto prestato alla politica da un “ tipo” italiano, anche Franceschini, anche Letta, anche Crimi, anche Lombardi, anche Casini lo sono. Sono i peggiorocrati. Non è di moda l’autocritica, a meno di non delegarla ad altri. Ma in suo nome, guardiamoci intorno e cerchiamo tra noi le idee migliori che trovino buone gambe per farle camminare.


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