Ecomafia: l’ombra toscana dei rifiuti illegali 2/3

Creato il 31 gennaio 2014 da Molipier @pier78

Scritto da: Genny Sangiovanni 31 gennaio 2014 in Ambiente, Attualità, Economia, News Inserisci un commento

Il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti ritiene che il cuore dell’industria tessile italiana sia finito sotto gli occhi della camorra. Il boomerang avvelenato dei rifiuti italiani che partiva dal nord verso la Campania, torna ora indietro e colpisce la Toscana. Qualche colpo si è fermato  a Prato con un accordi che unirebbero i clan camorristi con la criminalità cinese. Le parole del procuratore hanno stupito due deputati toscani del Pd, Antonello Giacomelli e Matteo Bifoni: “Al di là di ogni valutazione sul mezzo scelto per divulgare tali gravissime notizie, chiediamo al governo di riferire al più presto, quindi già nella giornata di domani, alla Camera sulla vicenda”. Roberti corregge affermando di riferirsi ad indagini già concluse e che il sodalizio tra la Toscana e la camorra è antico e risale al 1989 quando a Viareggio si sono saldati gli accordi tra i titolari delle ditte ed i rappresentanti dei Casalesi per trasformare in oro i rifiuti.

La sentenza del Tribunale di Napoli del 1995 fa riemergere il tutto. Alla fine degli anni ’80 le discariche in Versilia scarseggiano e si cercano luoghi adatti al di fuori dei confini regionali. I magistrati ritengono che in quel momento sia intervenuto Francesco Di Puorto, testa di ponte dei Casalesi nonché imprenditore residente nella provincia di Lucca che “controllava tutti i rifiuti provenienti dalla Toscana sui quali maturava un’imposta di 5 lire al chilo destinato alla Campania, frutto di pregressi accordi con (FrancescoBidognetti“. Luigi Caterino della Pool Ecologia, Ciardiello, un trasportatore, Gaetano Cerci e Iovine (personaggio autorevole della zona) erano coinvolti negli accordi di Viareggio. Stipulato l’accordo i camion iniziano ad arrivare nelle province di Napoli e Caserta rovesciando i rifiuti tossici e speciali, i fanghi delle concerie di Santa Croce e gli scarti delle cartiere nei terreni. Anche il boss del pattume Cipriano Chianese è immischiato nei traffici (arrestato lo scorso dicembre dalla Dia di Napoli). Carmine Schiavone, ascoltato nel 1997 dalla commissione parlamentare sulle Ecomafie racconta che “Lassù Io, ad esempio, avevo un camion mio che caricava a Massa Carrara e a Santa Croce sull’Arno: un 190-38 turbo targato Caserta”. Il traffico era regolare e collaudato “dall’avvocato Chianese tramite circoli culturali e amici. Faccio solo un nome – conclude Schiavone – so che Gaetano Cerci stava molto bene con un signore che si chiama Licio Gelli“.

La fondazione antimafia Antonino Caponnetto denuncia che ancora oggi la Toscana non sembra rendersi conto di essere una potenziale terra di approdo per le mafie. Il presidente Salvatore Calleri spiega come “si assiste alla autoomertà.   Ossia ad un fenomeno di cui ci si impone di non parlare, per paura di toccare temi che possano danneggiare il buon nome della Toscana”. Poi avverte: ”Si corre un rischio, che i timori a parlare di alcune questioni, timori che in passato la nostra regione non aveva, facciano arrivare in massa le organizzazioni mafiose più di quanto non siano già presenti. Non parlare di mafia – conclude il rappresentante dell’associazione fiorentina – aiuta la mafia, e non vorrei che stavolta qualche politico finisca con farci qualche patto. Speriamo di no”.

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Via| ilfattoquotidiano

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