Un fitto giro di affari è stato scoperto dalla Procura Distrettuale Antimafia di Reggio Calabria che riguardava le infiltrazioni della ‘ndrangheta nel settore degli appalti ecologici. Le cosche interessate, infatti, si spartivano gli enormi profitti derivanti dalla gestione fraudolenta delle discariche regionale. In totale sono state arrestate ben 24 persone, in un’operazione condotta tra Calabria, Veneto e Francia.
(fontemeravigliosa.wordpress.com)
L’operazione delle forze dell’ordine contro la gestione delle discariche da parte della ‘ndrangheta. I Carabinieri del Ros e del Comando provinciale di Reggio Calabria da questa mattina stanno eseguendo in Calabria, Veneto e Francia, un’ordinanza di custodia cautelare, emessa dal gip del Tribunale su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia reggina, nei confronti di 24 indagati per associazione mafiosa, turbata libertà degli incanti, intestazione fittizia di beni e sottrazione di cose sottoposte a sequestro, con l’aggravante delle finalità mafiose. Sul fronte patrimoniale, sono stati sottoposti a sequestro beni aziendali e quote societarie per un valore complessivo di 18 milioni di euro.
Gli accordi tra le cosche e l’aiuto di un amministratore giudiziario. Al centro delle indagini del Ros ci sono le infiltrazioni della ‘ndrangheta nel settore degli appalti ecologici, nel cui ambito sono stati accertati gli accordi tra le cosche reggine per la spartizione degli enormi profitti derivanti dalla gestione fraudolenta delle discariche regionali. In particolare, l’organizzazione poteva contare sull’aiuto di un amministratore giudiziario, anch’egli destinatario di un provvedimento restrittivo, che consentiva alla ‘ndrangheta di continuare a controllare imprese già sequestrate alle cosche. Sono stati sequestrati beni aziendali e quote societarie per un valore complessivo di 18 milioni di euro.
Tra gli arrestati, infine, ci sono anche due avvocati che si sarebbero prodigati oltre la difesa tecnica nei confronti degli esponenti della cosca Alampi consentendo agli indagati di continuare a nutrire interessi materiali sulle aziende sequestrate. A questo scopo, avrebbero veicolato informazioni dal carcere. Entrambi devono rispondere dell’accusa di associazione mafiosa.