di: Loretta Napoleoni – www.ilfattoquotidiano.it -
Prima di trascorrere anni ed anni a studiare una materia, ahimè, che sembra ormai in via d’estinzione, è bene che gli aspiranti studenti d’economia siano consapevoli di questi cambiamenti. E veniamo alle prove della potenziale morte annunciata dei principi d’economia.
Da almeno due anni la riposta dei mercati alle crisi politiche è positiva. L’ultimo esempio ce lo offre il nord d’Africa. Mentre l’Egitto precipitava nella guerra civile ed il mondo guardava attonito le immagini dei cadaveri disseminati in strada, le borse europee non scendevano. Ma non basta, il fatto che a scivolare nel caos politico fosse la nazione che controlla il canale di Suez – da dove passa gran parte dell’approvvigionamento energetico per l’Europea del sud – non ha fatto schizzare i prezzi del petrolio e del gas naturale. Poco meno di dieci anni fa, un attacco mal riuscito di al Qaeda ai terminali sauditi era in grado di far salire il costo del barile di 40 dollari in appena un paio di giorni.
Paradossalmente oggi alcune cattive notizie sono recepite positivamente perché i mercati sanno che per evitare il crollo della borsa e l’aumento dei costi energetici Bernanke e Draghi ‘faranno di tutto’, e cioè continueranno a stampare moneta. Queste crisi sono una sorta di manna dal cielo per un sistema ormai tossico – che dipende per la sopravvivenza dal denaro-steroide che gli viene iniettato nelle vene. Ed ancora paradossalmente molte buone notizie producono una sorta di fuggi fuggi degli investitori dal mercato azionario, è questo il caso della dichiarazione di poche settimane fa’ di Bernanke sull’ottima ripresa dell’economia americana e sulla riduzione della disoccupazione, fattori sulla base dei quali costui ha formulato l’intenzione di ridurre progressivamente l’ammontare di moneta prodotta per acquistare i titoli del debito pubblico americano.
Altra anomalia l’interdipendenza che esiste tra il volume di moneta stampata negli Stati Uniti e l’andamento dell’economia globale, in altre parole il grado di tossicità dell’economia mondiale a seguito della contaminazione da parte di quella statunitense ed europea. Le dichiarazioni di Bernanke riguardo alla riduzione di liquidità hanno fatto crollare gli indici d’investimento in alcuni mercati emergenti, con conseguente deprezzamento delle monete locali: India, Indonesia, Brasile, Turchia, la lista delle vittime è lunga (va ricordato che forti svalutazioni incentivano l’inflazione già alta in alcuni di questi paesi). Attraverso i complicatissimi meandri elettronici della compravendita permanente, i soldi-steroidi che Bernanke incanala a Wall Street finiscono nella borsa di Mumbai o in quella di Sao Paulo.
Discorso analogo si può fare per gli stimoli della banca centrale europea, anche questi soldi trovano la strada verso l’estero ed appena Draghi accennerà ad una riduzione – ed è probabile che lo faccia o che sia costretto a farlo dopo le elezioni in Germania – la crisi d’astinenza si sentirà in tutto il vecchio continente e nelle nazioni con le quali ha rapporti commerciali e finanziari più stretti.
Ma anche se tossica e moribonda l’economia mondiale è ancora in vita e la riprova è la corsa all’oro quale bene rifugio, una maratona che sta assumendo ormai dimensioni eccezionali. Storicamente ogni volta che ciò accade dietro l’angolo c’è una crisi epocale, è quello che pensano in molti, ma naturalmente solo se i fondamentali d’economia ancora funzionano. Di questo parleremo nella rubrica della prossima settimana.