ECONOMIA E SIGINT COME BASI PER LE NUOVE COOPERAZIONI di G. Caprara

Creato il 17 febbraio 2015 da Conflittiestrategie

L’accordo militare fra la Russia e l’Iran, ha radici profonde, che originano dall’esportazione di energia e dall’opposizione all’Occidente. Gli interessi comuni sono stati fondamentali per lo sviluppo della collaborazione sull’implementazione dei sistemi d’arma, e l’alleanza ha una significativa espansione al Caucaso meridionale, all’Armenia, alla Bielorussia, sino alla Siria ed al Venezuela, una rete geopolitica che ha come obiettivo di limitare l’egemonia globale statunitense ed europea nel controllo dei corridoi energetici di tutto il bacino del Mar Caspio. L’Eoocentrismo, inteso come il trilateralismo fra Cina, Russia ed Iran, ha assunto una importanza strategica per il controllo dell’Asia ed il Vicino Oriente, infatti si è trasformata in una barriera virtuale per il contenimento occidentale, un nucleo economico e militare a difesa degli interessi dei tre paesi. Più esattamente, la Cina svolge il suo ruolo di contrapposizione nell’Asia orientale e nel Pacifico, Russia ed Iran tentano di influenzare l’area del sud ovest dell’Asia e dell’Europa Orientale, quella che un tempo faceva parte del Patto di Varsavia. L’Iran è assunto a perno geostrategico di una equazione geopolitica che aveva negli Stati Uniti il maggior concorrente. Se quest’ultimi fossero riusciti a recuperare l’alleanza con l’Iran, ciò avrebbe destabilizzato il colosso economico cinese ed il nuovo corso politico della Russia, ma le profonde differenze culturali, religiose ed etniche hanno impedito il ritorno alla distensione fra gli statunitensi e lo Stato Islamico. Uno condizione che ha favorito l’eoocentrismo, il cui contrario sarebbe valsa all’occidente una espansione inarrestabile sino ai confini russi. Nell’ambito del trilateralismo, la Russia può creare un corridoio energetico favorito dal potenziale degli oleodotti iraniani. Paradossalmente, gli Stati Uniti sono gli unici responsabili di questo scenario, in quanto promotori del tentativo di svigorire lo Stato Islamico. Un effetto collaterale che ha generato un iniziale indebolimento del potere politico ed economico statunitense. Già dal 2012, la Russia e l’Iran hanno giubilato il dollaro negli scambi commerciali, a favore delle rispettive valute nazionali, un accordo al quale hanno aderito successivamente l’India e la Cina. Inoltre, la Russia ha accettato lo yuan come valuta per la fornitura di petrolio alla Cina, e la Banca Centrale russa e quella Popolare cinese hanno convenuto sulla realizzazione di swap delle rispettive valute nazionali. Tale accordo potrebbe agevolare un regime valutario meno dollaro-centrico nei mercati energetici internazionali, e corrisponderebbe all’assunzione della Cina ad attore principale sullo scenario energetico globale. Il commercio estero cinese è già regolato in renminbi, e l’emissione di strumenti finanziari con questa valuta è in ascesa con la risultanza di una maggiore flessibilità dei tassi di cambio dello yuan. Il trilateralismo, tenta di espandersi nel Vicino Oriente, ed ha come obiettivo principale la Siria, dove la Russia ha interessi militari ed economici come il porto di Tartus e le risorse energetiche che percorrono il Mar Caspio.

Dall’inizio del conflitto civile siriano, Mosca ha sostenuto Assad con sistemi d’arma, finanziamenti in danaro e ricerca di partner per aggirare le sanzioni internazionali. Ma la cooperazione in materia di intelligence è quella più fattiva, la dimostrazione è nella base militare di al-Harra, espugnata dall’Esercito siriano libero, ESL, la fazione laica dello schieramento anti-Assad. La struttura, nota ai russi come “Center S”, si trova nella provincia di Dar’a, ed era retta dal GRU. Le tracce esistenti all’interno della base, dimostrano senza dubbio la funzionalità allo spionaggio elettronico ,Sigint, gestito dagli spetnaz del GRU attraverso le antenne paraboliche trovate praticamente indenni. Quanto reperito nei manufatti, ha ragionevolmente convinto l’ESL che uno degli obiettivi monitorati era Israele, in quanto le fotografie e la cartografia rinvenuta ritraevano basi ed unità delle Forze di difesa israeliane dislocate nella zona centrosettentrionale del Paese, strutture Sigint in prossimità del Golan ed ancora il quartier generale del distretto nord israeliano. Già dal 2012, questa struttura subì un upgrading delle apparecchiature elettroniche dai russi, su invito dell’Iran, i quali temevano che la sommossa popolare in Siria potesse inficiare il ruolo della base di al-Harra, senza la quale non solo avrebbero perso il monitoraggio degli israeliani, ma anche i movimenti aeronavali della NATO. Le apparecchiature rimaste dopo il rapido abbandono dei manufatti, sembra fossero funzionali a coprire una vastissima area: da Israele alla Giordania sino all’Arabia Saudita, un sistema di early warning per prevenire un attacco agli asset nucleari iraniani ed anche per implementare le capacità offensive di Siria, di Hezbollah e dello stesso Iran per un possibile conflitto armato con Israele. Di fatto, una invisibile linea elettronica creata dai russi a difesa del territorio iraniano, ma soprattutto per ottenere un ruolo di primo piano nel controllo dell’area del Vicino Oriente. Inoltre, il monitoraggio di questa zona, si traduce nel tenere aperto un corridoio alla flotta russa verso il Mediterraneo a controllo delle rotte commerciali, dove transitano gli approvvigionamenti energetici occidentali. Questo per mantenere la credibilità di potenza regionale ed assurgere ad attore globale, anche con il supporto di Teheran tramite un memorandum of understanding, MoU, che concerne una mutua cooperazione Sigint. La collaborazione in materia di intelligence tra l’Iran e la Siria, ha un passato che risale al 2005, con la finalità iraniana di creare un sistema di difesa in prossimità dei confini israeliani, un vettore di proiezione a prevenzione di possibili strike di Tel Aviv sui programmi di espansione nucleare, ed anche come supporto d’intelligence e guerra elettronica a favore di Hezbollah. La comunione di intenti fra Russia ed Iran, ebbe un inizio poco incoraggiante: nel 2010, Mosca avallò le sanzioni Occidentali sottoscrivendo la risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che intendeva rallentare il processo di nuclearizzazione di Teheran. In questa occasione, le esportazioni di materiale bellico russe subirono una perdita stimata dagli 11 ai 13 miliardi di dollari. Il Centro per l’analisi sul commercio mondiale delle armi, il CAWAT, desunse tale cifra dalle commesse annullate a causa dell’adesione alla risoluzione ONU, e che spaziavano dai velivoli, ai missili sino ai carri armati, passando per l’hardware, il software ed i pezzi di ricambio. L’Iran citò in giudizio la Russia presso il Tribunale di conciliazione ed arbitrato dell’OSCE, e la disputa si risolse, ma solo in parte, con la fornitura di sistemi missilistici antiaerei non di ultima generazione, ma comunque utili a Teheran. L’atto legale, formalmente impedirebbe la prosecuzione dell’accordo fra Russia ed Iran e, quest’ultimi, per renderlo attuabile, dovrebbero rinunciare sia alla disputa giudiziaria, quanto ad accettare di limitare il processo di nuclearizzazione. Tali accorgimenti costringerebbero l’ONU a togliere le sanzioni. Il documento di intesa, concerne una cooperazione militare ma anche economica, e le prime consegne dei sistemi d’arma prevedrebbe i missili S-300 ed anche i più performanti S-400. L’accordo è definibile come una partnership strategica in quanto si estende alla condivisioni di informazioni su aree geopolitiche cruciali quali: l’Asia Centrale, il Caucaso ed il Medio Oriente, ossia il ritorno del MoU fermo dal 2001. Un chiaro tentativo dell’Iran di assurgere a potenza regionale.

I sistemi missilistici S-300 e 400 promessi dalla Russia all’Iran, associati all’intelligence, sembrano avere una finalità principale: il controllo e la prevenzione su Israele. È ipotizzabile che Benjamin Netanyahu abbia carpito il pericolo che potrebbe derivare dalla comunione militare fra Teheran e Mosca, tant’è che ha tentato di fermare la proliferazione nucleare dell’Iran. Una implementazione che potrebbe mettere in pericolo la sopravvivenza dello Stato di Israele. Oramai le opzioni di Netanyahu si stanno riducendo notevolmente: un attacco preventivo, sullo stile di quello operato su Osirak Uno nel 1981, forse poteva cancellare le ambizioni nucleari iraniane, ma avrebbe ingenerato un effetto a catena tale da poter provocare un conflitto a livello regionale, con ingenti perdite ad Israele. La possibilità di condurre uno strike sugli asset nucleari dello Stato Islamico si riducono a velocità ciclica e si interromperanno quando le centrali saranno protette dai sistemi antiaerei. Di fatto, l’attacco dovrebbe essere più articolato e principalmente teso alla soppressione della difesa iraniana, dunque con più incognite e non dal successo scontato. È plausibile supporre che il Premier israeliano sia più cauto ed attendista di quanto abbia dimostrato con i suoi proclami, e forse ha anche l’esatta percezione che le sue forze non sarebbero in grado di annullare la minaccia nucleare iraniana. Per tali motivi, si aggrappa agli Stati Uniti ed all’ONU per favorire un significativo aumento delle sanzioni, l’unica arma che possa convincere l’Iran a rinunciare al nucleare, benchè le relazioni tra israeliani e statunitensi sembrano segnare il passo. La politica estera di Netanyahu, è infatti piuttosto confusionaria, e potrebbe mettere in discussione i rapporti tra i due alleati. Relazionare il Congresso degli Stati Uniti, bypassandone il Presidente, è un atto che può ingenerare la perdita del sostegno degli ebrei democratici eletti a Capitol Hill e di quelli residenti negli USA. L’unica speranza per il premier israeliano è nell’interesse degli Stati Uniti nel bloccare il processo di arricchimento dell’uranio in Iran, dunque una comunione di intenti che potrebbe prescindere dai rapporti politici dei due Stati, ma la decisione di Barak Obama di non ricevere Netanyahu, dopo il suo intervento al Congresso, si trasforma in una crisi diplomatica fra le due Nazioni. Le relazioni fra i due popoli, si sono inasprite da poco tempo, infatti, la collaborazione soprattutto a livello della Difesa, è rimasto attivo sino a questa iniziativa di John Boehner di invitare il premier israeliano al Congresso USA. L’ultima cooperazione fra Stati Uniti ed Israele, è nella messa a punto del sistema d’arma Iron Dome, che ha garantito la copertura anti-missilistica delle città israeliane, ed inoltre, la Nazione Ebraica aveva già ottenuto di essere l’unico Paese del Vicino Oriente a ricevere il caccia F-35, il quale sembra aver raggiunto un soddisfacente livello di operatività.

L’eoocentrismo si sta’ allargando a nuovi partner: La Russia è riuscita a coinvolgere l’Egitto nel progetto di formalizzare gli scambi economici in rubli, al posto del dollaro. Le transazioni saranno effettuate attraverso le rispettive Banche Centrali. Una dinamica non limitata al militare ed agli scambi valutari in genere, ma che coinvolgerà altri settori come il commercio, il turismo e le infrastrutture. L’obiettivo, è quello di tramutare in rubli le attuali transazioni, pari a 4 miliardi di dollari che intercorrono tra Russia ed Egitto, con la previsione di elevarli a 10 all’anno. L’indebolimento della valuta russa, potrebbe registrare una inversione di tendenza grazie al turismo verso l’Egitto, infatti, quest’ultimo ha cominciato ad accettare pagamenti in rubli per i pacchetti di viaggio, ed in prossimo futuro, il rublo potrebbe essere usato dal Cairo per acquistare merci da Mosca. In ogni caso, il settore di scambio più florido rimane quello della Difesa: nel 2014, la Russia ha venduto sistemi d’arma per un valore stimato a 3,5 miliardi di dollari. Dunque, gli Stati Uniti, hanno perso la partnership dell’Egitto a seguito delle relazioni dei Servizi, i quali determinano che i Fratelli Musulmani sono ancora attivi nella politica interna egiziana, e questo potrebbe ingenerare disordini dalle risultanze non favorevoli all’Occidente. Al contrario, le relazioni fra Egitto e Russia non hanno subito tali interferenze, ed anzi si sono accresciute a pari titolo negli accordi bilaterali.

Le alleanze fra paesi asiatici e del Vicino Oriente, si sta allargando alle nazioni africane che si affacciano sul Mediterraneo, e potrebbero creare un’area geografica di opposizione ben delineata agli interessi dell’Occidente. Una sorta di blocco geostrategico che renderebbe necessario un nuovo disegno politico ed economico degli Stati Uniti ed Unione Europea per fronteggiare la sicura perdita di influenza globale che andrebbero ad accusare.

Giovanni Caprara

Bibliografia:

Redazione, “Accordo Russia Egitto per effettuare transazioni in rubli”. Sito Aurora, 2015

Derek Chollet, “US Israel relationship”. Defence One, 2015

Pavel Lisitsyn e Sergej Guneev, “Russia – Iran military cooperation”. Sputnik News, 2015

Redazione, “Russi e iraniani in Siria, tra radar e spionaggio”. The Fielder, 2015


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