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Economia: per il rilancio dell’Italia serve più equità sociale

Creato il 14 dicembre 2013 da Alessandro Zorco @alessandrozorco
 

“La legge di stabilità del bilancio statale non serve a nulla se non viene accompagnata anche da una stabilità del bilancio dei cittadini. Sono loro infatti i veri responsabili – nel bene e nel male – dell’economia nazionale. Per questo, soprattutto in questo periodo di crisi è profondamente sbagliato che la ricchezza ristagni presso pochi soggetti i cui bisogni sono del tutto limitati: perché l’economia e i consumi italiani ripartano veramente è necessario che il denaro sia messo nella disponibilità del maggior numero di persone. In questa direzione devono essere indirizzati i provvedimenti del legislatore che deve sforzarsi di perseguire un obiettivo fondamentale: l’equità sociale”. Oggi Blogosocial ospita un contributo dell’avvocato Ugo Zorco basato sulla premessa che una maggiore giustizia sociale e un maggior senso di responsabilità da parte delle fasce economiche più agiate e più fortunate potrebbero risollevare le sorti della nostra economia. Le soluzioni prospettate sono semplici: un’obbligo per chi ha acquisito il diritto a un reddito o una pensione alta di rimettere in circolo la ricchezza per creare posti di lavoro; la pensione come scelta di vita definitiva e non più come escamotage per incassare congrui assegni e poi continuare a tranquillamente lavorare rubando il posto ai giovani che sono costretti ad emigrare; la  riduzione dei costi della politica, anch’esso un tema di cui si parla molto senza risultati concreti. L’unica speranza di una ripresa dell’economia italiana non è certo una sconsiderata azione sulle tasse che già stanno spremendo le famiglie, ma è che più persone possibile siano messe in condizione di lavorare, mettere su famiglia e produrre reddito attraverso i propri consumi. Magari di prodotti italiani e ancor meglio della propria regione.

Un’economia più giusta

Economia
“Si è giustamente parlato dell’intangibilità dei diritti acquisiti, principio fondamentale garantito dalla Costituzione italiana: ma come si può incidere sui redditi e sulle pensioni d’oro, che dal punto di vista dell’equità sono uno schiaffo alle tante persone che in Italia vivono al di sotto della soglia di povertà? Come si può rimettere in circolo del denaro spesso improduttivo in modo da creare nuovi posti di lavoro e nuove opportunità? Questo risultato potrebbe essere raggiunto ad esempio obbligando tutte le persone che hanno un reddito annuo superiore a 200mila euro, stimate 75mila in tutta Italia, a creare a loro volta del lavoro assumendo almeno 2 dipendenti da impiegare come collaboratori domestici, giardinieri, autisti, addetti alla sicurezza, o nel modo che dovessero ritenere più opportuno. La natura giuridica di questo obbligo potrebbe essere analoga a quella relativa all’assicurazione obbligatoria sugli autoveicoli, all’uso delle cinture di sicurezza per gli automobilisti, all’uso del casco per i motociclisti e a tanti altri obblighi che lo Stato impone ai cittadini. Anche la riduzione del compenso ai parlamentari, agli amministratori locali e ai manager di Stato e l’abolizione del finanziamento ai partiti – che proprio ieri è stata annunciata per l’ennesima volta dal premier Letta – potrebbe consentire allo Stato e agli enti locali di far ripartire l’economia appaltando lavori di manutenzione di asili, scuole, ospedali, strade, etc…, in modo da rilanciare il fondamentale settore dell’edilizia con il relativo indotto.

La teoria della catena

Con i provvedimenti indicati in precedenza si potrebbe rilanciare l’economia italiana creando facilmente circa 150.000 nuovi posti di lavoro. Ciò significherebbe, in un paese caratterizzato da un altissimo tasso di disoccupazione giovanile, l’impianto di altrettanti nuclei familiari che, oltre che di un tetto, necessitano degli strumenti per vivere: 150.000 elettrodomestici, 150.000 televisori, 150.000 di tutto. Se gli acquisti riguarderanno prodotti italiani e verranno effettuati presso aziende italiane, ne conseguirà una notevole boccata di ossigeno alla nostra economia. Le aziende, per far fronte all’accresciuta domanda, dovranno organizzarsi aumentando la forza lavoro e creando nuova occupazione. Quindi, nuove famiglie equivarranno a nuovi consumi.

La riforma del sistema pensionistico

Anche il sistema pensionistico, destinato ad implodere senza una adeguata modifica, potrebbe essere improntato ad una maggiore equità con semplice accorgimento. La corresponsione della pensione, ricorrendone i presupposti, dovrà comportare il divieto assoluto di esercitare ulteriori attività lavorative. Fermo restando che è necessario che la legge stabilisca un limite di età per liberare i posti di lavoro per i giovani, nel lavoro autonomo – dove smettere o meno di lavorare è una libera scelta del cittadino – se al raggiungimento dell’età stabilità dalla legge il lavoratore intende continuare a lavorare dovrà rinunciare a percepire la pensione fino a che non deciderà di smettere. E’ inaccettabile che si percepiscano delle pensioni al compimento dei 65 anni di età e contemporaneamente si continui a svolgere l’attività lavorativa. Si pensi ad un professionista (ad esempio un avvocato, un medico o un ingegnere) che al compimento dei 65 anni percepisce una pensione dalla Cassa previdenziale di appartenenza mantenendo l’iscrizione all’Albo professionale e continuando a svolgere la sua attività lavorativa. E’ evidente come ciò comporti un inaccettabile privilegio a discapito dei più giovani professionisti che non possono contare su un possibile incremento della platea dei clienti e sono costretti a pagare alti contributi per alimentare questo perfido meccanismo.  In quest’ottica, per evitare abusi, anche l’iscrizione all’Ordine professionale di appartenenza potrebbe decadere automaticamente una volta effettuata la scelta a favore della pensione. Ovviamente tutte le pensioni, da qualunque Cassa corrisposte e per qualsiasi attività lavorativa svolta, dovrebbero avere un limite minimo e uno massimo calcolati in modo equo tenendo conto dell’ammontare dei contributi versati e adeguati al costo della vita. I limiti dovrebbero essere stabiliti in misura tale da consentire a tutti di poter vivere serenamente gli ultimi anni di vita. Si determinerebbe così un notevole risparmio a favore delle Casse previdenziali e si potrebbe operare una riduzione dei contributi che, soprattutto per i giovani lavoratori, sono oggi particolarmente gravosi. Anche in questo caso liberando risorse utili per il rilancio dei consumi e quindi dell’intera economia.

Conclusione

Economia
Insomma l’economia disastrata del nostro Paese non si può rimettere in moto agendo esclusivamente sul piano fiscale  o su quello assistenziale. O meglio: la pressione fiscale dovrebbe essere equilibrata e rapportata ai servizi richiesti dai cittadini e l’assistenza dovrebbe essere limitata a casi eccezionali in cui è effettivamente necessaria. Ma soltanto l’aumento dell’occupazione e, quindi, la creazione di nuovi posti di lavoro potrebbe consentire e agevolare la circolazione del danaro rilanciando l’economia e incrementando i consumi, meglio se di prodotti nazionali e ancor meglio regionali. E’ profondamente sbagliato consentire che la ricchezza ristagni presso pochi soggetti – o addirittura venga trasferita all’estero senza essere prima sottoposta a tassazione in Italia – in quanto oltre ad essere profondamente ingiusta dal punto di vista etico, questa è anche una situazione antieconomica per la collettività: i bisogni di un ristretto numero di persone molto ricche sono infatti limitati e non fanno crescere l’economia. Solo mettere il danaro nella disponibilità del maggior numero di persone, e dunque una maggiore giustizia ed eguaglianza sociale, potrà far ripartire veramente l’economia italiana. E in questa direzione devono essere indirizzati tutti gli sforzi del legislatore”. Ugo Zorco (Avvocato)


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