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Ecuador e libertà di stampa: la fragile linea della censura

Creato il 03 febbraio 2012 da Eldorado

Ecuador e libertà di stampa: la fragile linea della censuraPassano i mesi, ma non si placano le polemiche sulla libertà di stampa in Ecuador. L’ultima in ordine di tempo a protestare è stata l’organizzazione Human Rights Watch, alla presentazione della sua relazione annuale. Secondo l’ong il progetto di legge, il cui testo è stato preparato dopo il referendum del maggio scorso, apre le porte alla censura soprattutto per quei mezzi di comunicazione non in linea con il governo.   

La crisi del settembre 2010 in Ecuador non è stato solo il momento più difficile della presidenza di Rafael Correa, ma è stata anche la data che ha stabilito l’inizio di questa lunga e infruttuosa diatriba sulla libertà di stampa. I fatti del 30 settembre furono drammatici: la rivolta della Polizia, in seguito all’approvazione della legge di Servizio Pubblico, con la decisa risposta di Correa che chiese l’intervento dell’esercito per reprimere quello che aveva catalogato come un intento di colpo di Stato, portò ad una inevitabile presa di posizione di quella stampa che da sempre aveva osteggiato il presidente. Gli ingredienti c’erano tutti (una sommossa, la dura presa di posizione del Governo, gli incidenti di piazza ed i morti, cinque con più di duecento feriti) per chiedere di fare luce su quegli avvenimenti che avevano posto a rischio la legalità del Paese.

Repressa la sommossa Correa non avrebbe perso tempo a dare risposte. Di fatto, citò in Tribunale a Emilio Palacio e alla direzione del quotidiano El Universo denunciandoli per un editoriale, dove il giornalista accusava il presidente di aver ordinato il fuoco indiscriminato sui manifestanti che lo criticavano. I toni dell’editoriale erano volutamente di sfida; una sfida che Correa raccolse e portò fino alle estreme conseguenze, sollecitando dieci anni di carcere per l’editorialista ed una multa di 80 milioni di dollari per la proprietà del giornale. Il processo, tenutosi il 19 luglio 2011, e presidiato da un giudice supplente che rivestì l’incarico per poche ore, dettò una pena di tre anni per Palacio ed il pagamento di 40 milioni di dollari per i danni morali subiti dal presidente. Una condanna spropositata, che ha lasciato sconcertati anche chi non nutre le simpatie conservatrici del quotidiano ecuadoriano e ha seriamente posto il dubbio sulle reali intenzioni del presidente. La reazione di Correa, però, non si sarebbe fermata lì: per difendersi da quella che ha tacciato di stampa corrotta, ha indetto un referendum, che nel maggio dell’anno scorso ha approvato l’iter per una riforma della legge sui mezzi di comunicazione, ¨con il fine di evitare eccessi¨. Il Governo, insomma, ora ha la facoltà di esporre un voto di censura su quanto si scriva sui giornali o su internet, si dica alla radio o in televisione.

Correa ha sempre avuto una relazione burrascosa con i giornali. Già nel 2007 aveva denunciato il giornalista de La Hora, Francisco Vivanco, per aver tacciato  di ¨vergognoso¨ il suo comportamento, in un articolo che lo accusava di governare per mezzo di ¨tumulti, pietre e bastoni¨. Un giudice, l’anno seguente, aveva archiviato la querela, giudicandola priva di fondamento. Una decisione che non era piaciuta a Correa, che da allora aveva minacciato una riforma, accelerata dai fatti del settembre 2010.  Più volte chiamato a rispondere sul tema, il presidente ecuadoriano ha difeso la libertà di stampa in Ecuador, ricordando invece come siano determinati gruppi di potere che pretendono di ergersi al di sopra della legge. Le proteste di Human Rights Watch, della Sip (la Società Interamericana della stampa) e della Cidh (la Commissione interamericana sui diritti umani), sempre secondo Correa, sono pretenziose e rispondono proprio alle pressioni dei proprietari dei mezzi di comunicazione.

Intanto, Emilio Palacio ha abbandonato l’Ecuador dallo scorso agosto e vive in Florida, da dove continua a criticare l’operato del governo di Correa. Sia lui che i proprietari del Universo –la famiglia Pérez- insistono che sia la condanna spropositata che hanno subito, che la legge sospinta dal referendum spingono i mezzi di comunicazione ad un’autocensura previa. Nessuno, infatti, vuole più correre rischi. Correa, però, insiste e si fa scudo con il referendum: con il voto, dice, è stata fatta la volontà del popolo.


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