Eddie Palmieri pianoforte
Brian Lynch tromba
Luques Curtis contrabbasso
Horacio "El Negro" Hernandez batteria
C'è una cosa che debbo dirvi: qui alla CdJ vieni ad ascoltare gli originali. Qualcuno lo ritrovi un po' malandato, perchè gli anni passano, qualcuno ancora in splendida forma. Ma si tratta di artisti che hanno fatto la storia di questa musica. Mille volte meglio ascoltare loro, amici miei, che gli imitatori. Quelli che provano, quasi sempre fallendo miseramente, ad emulare il suono di John Abercrombie oppure una frase di Ron Carter o un accordo alla McCoy Tyner.
Perchè vedete, amici miei, il jazz è una musica che è come il poker, e non puoi giocare la mano di un altro.
Prendi stasera: arriva il buon Eddie Palmieri (Puerto Rico, 1936) e con tutti i suoi anni ci fa ascoltare il Latin Jazz. Perchè lui era uno di quelli che, insieme al suo mitico fratello Charlie, il Latin Jazz l'ha messo al mondo.
Come Tito Puente, come Ray Barretto, come Mongo Santamaria...
I libri, i manuali di improvvisazione jazz spesso insegnano pattern e fraseggi che lui, insieme ad altri, ad un certo punto della storia, ha tirato fuori.
Con questo non sono lì a fare l'agiografia di Eddie Palmieri. Ne riconosco i limiti tecnici, la mancanza di un tocco intermedio che è pura beffa della natura, perchè le articolazioni, a 76 anni, non sono quelle di un trentenne. E sul palco tutto ciò si vede. E si sente.
Ma lo stesso palco restituisce pure, immacolate, la classe, la grinta, la vitalità, l'allegria dell'uomo.
Eddie costruisce, da regista intelligente e sensibile, una macchina di ritmo che lancia gli spunti all'ottimo trio che lo accompagna.
Dall'inarrivabile Horacie "El Negro" allo splendido ed eccentrico Brian Lynch al giovane e sensuale contrabbassista Luques Curtis.
Tutti e quattro ci conducono in una complessa trama di ritmi dove gli assoli si inseriscono l'uno dentro l'altro in un solo medley di un'ora e mezza di ininterrotta musica, che diviene più travolgente.
Se chiudi gli occhi puoi facilmente immaginare un'orchestra di fiati, senti la percussione dei timbales, dei bongos, con la gente che balla su spiaggie dai nomi esotici. E questi quattri signori riescono a mantenere sospeso l'incantesimo. Bellissimo.
Venite a godervi il fresco alla CdJ. Venite a vedere anche questi reduci. Un po' malridotti, un po' malandati. Ma sempre grandi.
Marco Lorenzo Faustini