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Eden (id.). Regia: Take Masaharu. Soggetto: da un romanzo di Funado Yōichi. Sceneggiatura: Habara Daisuke, Lee Bong-ou. Fotografia: Nabeshima Atsuhiro. Scenografia: Matsuda Mitsuse. Costumi: Hamai Takako. Montaggio: Kimura Etsuko. Musica: Mowg. Suono: Komiya Hajime. Interpreti e personaggi: Yamamoto Tarō (Miro), Takahashi Kazuya, Yūri Nakamura, Takaoka Saki. Produzione: Lee Bong-ou per Sumomo Ltd. Durata: 101’. Prima proiezione pubblica: Busan Film Festival 7 ottobre 2012. Prima proiezione in Giappone: 17 novembre 2011.Punteggio ★★1/2
L’«Eden» è un club di drag queen di Shinjuku, il principale quartiere d’intrattenimento di Tokyo. A dirigerlo c’è Miro che, in particolare, cura le coreografie dei suoi numeri musicali. I primi minuti del film sono dedicati a presentare la vita del locale, i tentativi poco riusciti di Miro di disciplinare un variopinto gruppo di travestiti che non si direbbero nati per danzare. Si fa anche la conoscenza di una ragazza che frequenta l’«Eden» senza che se capisca bene la ragione – si scoprirà più avanti che è stata vittima di uno stupro –, e di Masako, l’amministratrice, che mette tutti in guardia sugli incerti destini del locale. Una mattina, all’ora di chiusura, Miro porta a casa sua Noripy, una giovane transessuale che si è ubriacata a causa di una delusione d’amore. Dopo avergli offerto un blow job – che Miro gentilmente rifiuta –, Noripy muore a causa di un attacco cardiaco. È questa la molla che fa scattare l’intreccio principale del film, ovvero il tentativo di Miro, e della sua sgangherata – e un po’ macchiettistica – banda di travestiti, di convincere la famiglia di Noripy ad accogliere la sua salma (cosa che questa, invece, non vorrebbe fare). I protagonisti, dopo aver trafugato dall’obitorio il corpo della vittima, si apprestano così a un lungo viaggio che sarà coronato – a dire il vero senza grande fatica – dal successo. Il finale è tutto all’insegna dei buoni sentimenti: con il gruppo dei travestiti che si commuove davanti alle lacrime della madre di Noripy, e Miro che decide di finalmente di chiamare la sua di mamma, di dirle che presto l’andrà trovare, e di sciogliersi in lacrime insieme all’inevitabile crescendo musicale. Più interessante è certamente la scena in cui Miro e i suoi entrano in gruppo in una scuola per dare una lezione a un insegnante che molestava Masako. Il loro incontro con gli allievi mostra questi molto più aperti nei confronti del “terzo sesso” di quanto non lo sia il resto della società (si pensi anche al tono di sufficienza con cui i poliziotti si occupano della morte della trans). Riuscito, e divertente, anche il ritratto del quartiere di diseredati in cui vive Miro, fra cui spicca un’invasata medium coreana che ha una relazione clandestina col proprietario di casa (giapponese doc ma che quando si tratta di sesso…). La battuta più riuscita del film è quella che Miro rivolge a due giapponesi che gettano i loro rifiuti nei bidoni sbagliati: quando questi, irritati perché lui glielo fa notare, gli danno del “frocio”, Miro risponde che esseri froci non va contro gli interessi del paese, mentre non fare la raccolta differenziata, sì!
Questi momenti di Eden, insieme a quelli più da musical, vivaci e colorati, soprattutto nel bel finale, lo riscattano in parte da troppi cedimenti verso una stereotipata logica di “buoni sentimenti”. [Dario Tomasi – Busan Film Festival]
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