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Editori seriali

Creato il 17 aprile 2013 da Wsf

libri

Da molto tempo volevo scrivere qualcosa sullo stato catatonico dell’editoria nazionale. Negli ultimi anni stiamo assistendo alla proliferazione di piccole realtà editoriali, che in teoria dovrebbero nascere con l’intento di contrastare le carenze della grande distribuzione ma in pratica soffre degli stessi identici difetti, anzi riesce a fare peggio ove è possibile..
E’ giusto partire dal concetto che una grande casa editrice non è certo un’opera pia, tesa a pubblicare lo scribacchino di turno per il solo gusto di non vendere uno straccio di copia.
Un grande marchio editoriale è un’impresa come tante altre e ha il dovere, anzi l’obbligo di creare profitti da ciò che pubblica.
Scrivo questa affermazione pienamente convinto che il problema non risiede solo e soltanto in chi produce ma anche in chi ne usufruisce.

L’ignoranza letteraria impera ormai da anni, frutto di un insieme molto più radicato che passa attraverso la televisione, i quotidiani e tutto quello che da vent’anni a questa parte ha attanagliato la società. Una società obesa che non tenta minimamente una sorta di riscatto culturale ma continua a fagocitare merda come fosse purissima cioccolata.
Molti, forse troppi, pseudo-intellettualoidi hanno provato a spiegare questo fenomeno commerciale, lanciando strali contro le grandi case editrici, incolpandole del decadimento culturale in favore del profitto economico, fino ad arrivare a creare loro stessi dei piccoli mostri editoriali. Sgorbi distorti che amano spacciarsi come ultimi avamposti per veri talenti artistici ma che in realtà sembrano più essere degli editori seriali, pubblicando qualsiasi cosa, senza regole e senza il minimo senso del pudore.
Inutile negare che il sogno di un qualsiasi aspirante scrittore sia quello di essere contattati da una grande casa editrice per essere pubblicato come autore emergente.
Purtroppo per la quasi totalità dei nuovi endeca-mostri questa eventualità rimarrà solo un miraggio.
Anche se dotati di un talento letterario pari ad un bagno chimico, percorrono tutte le strade possibili per auto-definirsi autori, fino ad arrivare dritti nella rete di queste piccole chiaviche editoriali.
Micro scrittori per micro case editrici che sfruttano il desiderio di pubblicazione, dell’esserci ad ogni costo, proponendo contratti mefistofelici che, con la scusante del rischio imprenditoriale, scaricano tutti gli oneri sul fesso di turno, troppo intento a misurarsi l’ego da non accorgersi della narcolessia che attanaglia i propri componimenti, il più delle volte sgrammaticati e privi di qualsiasi contenuto letterario.
Questo meccanismo perverso ben presto si trasforma in un circo comico, dove la parola d’ordine è propinare il libro in qualsiasi modo anche fosse quello della vendita porta a porta.
Di solito il terreno di tale orda barbarica è il social network, che diviene una sorta di rivendita Folletto senza preventivo appuntamento, postando stralci del libro come fossero passi dell’ “Ulisse” di Joyce e costringendo i poveri lettori occasionali a sorbirsi continui rimandi all’opera prima.

In tutto questo i piccoli editori gongolano, perché tra parenti stretti, amici e fidanzati/e qualche copia si riesce anche a vendere e se moltiplicata per decine di endeca-mostri il guadagno è garantito.
Il fatto è che non li sentirete mai ammettere questa realtà, bensì sono soliti attaccare pistolotti pantagruelici sulla loro passione per l’arte e che attraverso la divulgazione di essa mai e poi mai si potrà ricavare del profitto.
Insomma dei novelli Francesco D’Assisi, che non badano alle proprie tasche perché troppo impegnati nella propaganda culturale, roba da far ridere se non fosse che ormai la cosa sta divenendo stucchevole al limite della decenza.
Troppe volte in rete si assiste allo scambio d’accuse fra editore e autore, a causa di promesse non mantenute. In fase contrattuale il piccolo editore sbandiera impegni che sa bene non potrà mantenere, garanzie di presentazioni dell’opera in luoghi altrimenti inaccessibili o millantando conoscenze nelle alte sfere culturali in grado di visionare e valorizzare il libro in questione. Tutte cose che una volta passato all’incasso il microbo non potrà far altro che disconoscere.
Per completezza di informazione è giusto da parte mia specificare che anche tra queste piccole case editrici c’è del buono, io stesso sono a conoscenza di editori seri, che certamente non navigano nell’oro e nemmeno vogliono arricchirsi con la letteratura. Persone che credono veramente in ciò che fanno e pensano che l’arte debba essere inserita al primo posto con tutti i rischi del caso.
Però come spesso capita nel nostro paese per uno che è degno ci sono almeno altri cento indegni.

Concludendo sono convinto che le grandi case editrici hanno molte colpe per il nichilismo culturale di questo millennio ma certamente la soluzione non va cercata nella creazione di micro organismi uni-letterari che basano le proprie strategie nella coltivazione di piccoli orti familiari.
Il dovere di questo tipo di editoria dovrebbe essere quello di educare il lettore alla novità artistica, quella autentica però, non quella studiata a tavolino. L’arte scrittoria, come tutte le arti è soprattutto ricerca, spunto di riflessione, amore per l’estetica, studio e conoscenza non un accozzaglia di sillabe banali e piatte quanto gli encefalogrammi di chi ne usufruisce.
Costringere un autore a pagarsi una pubblicazione vuol dire non credere nel suo talento, oltre che causare una dicotomia fra chi ha possibilità economiche e chi ne è privo per una qualsiasi situazione sociale.
E’ questo ciò che vogliamo ?

N.B. Spero che chiunque abbia avuto esperienze negative commenti l’articolo, anche non menzionando la casa editrice perché denunciare vuole dire mettere in guardia la prossima vittima di questi cialtroni.


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