Peraltro chi paga per essere pubblicato spesso e volentieri riceve in cambio servizi a dir poco mediocri: scarsa promozione, bassissima distribuzione e, ancor peggio, totale (o quasi) assenza di revisione del testo, per cui ci si ritrova tra le mani libri infarciti di errori e refusi. Per questo mi chiedo perché un autore debba andare a imbarcarsi in un'avventura simile. Non sarebbe forse meglio avere pazienza e aspettare risposte da case editrici "tradizionali"? È vero, il mercato editoriale è ormai saturo, con continue pubblicazioni che a volte, spiace dirlo, non hanno senso e per un esordiente è spesso molto difficile ritagliarsi un piccolo spazio, specie se è autore di un genere di nicchia. Perché, come dicevo poco fa, quello editoriale è un mercato e come tale è soggetto a trend e mode, per cui chi scrive di vampiri forse ha più possibilità di essere pubblicato di chi scrive poesie, ad esempio. È brutto da dire, ma purtroppo è così. Questo però non significa che la via della pubblicazione sia preclusa a chiunque non abbia conoscenze o agganci nel mondo dell'editoria o a chi scriva romanzi molto particolari. In Italia le case editrici sono tantissime, non fossilizzatevi sui grandi big, come Mondadori o Feltrinelli, a cui per ovvie ragioni è più difficile arrivare. Partite dai piccoli editori, che spesso e volentieri fanno un ottimo lavoro lontano dai riflettori, e cercate quello che fa più al caso vostro. Perché se state scrivendo un giallo e lo inviate a chi pubblica solo saggistica o guide turistiche ovviamente la risposta sarà negativa, e scrivo questo perché so per certo che ci sono autori che mandano manoscritti a caso, senza prestare un minimo di attenzione. Siate umili e pronti a mettervi in discussione. È evidente che occorra tanta, tantissima pazienza, i tempi di risposta sono lunghissimi, ma se alla fine tutti vi dicono di no forse è il caso di rivedere le vostre prospettive. Perché l'aver scritto un libro non fa automaticamente di voi uno scrittore: è un processo più lungo e complesso, e non sempre tutti quelli che aspirano a qualcosa riescono a realizzarla. Voglio dire, io ho ballato per 11 anni, ma non sono mai stata una ballerina, per quanto mi sarebbe piaciuto esserlo: a un certo punto occorre fare i conti con la realtà, è spiacevole ma bisogna farlo. In questo senso, mi sembra che l'EAP sia quasi una forma di doping (o di raccomandazione) proprio perché esclude quasi completamente quella scelta di cui parlavo qualche riga più su, quella dell'editore che valuta un'opera e la ritiene buona, e come tale decide di pubblicarla. È evidente che se tu paghi, quella valutazione verrà meno perché all'editore non interessa più la qualità di quel libro, interessa solo che qualcuno paghi perché LUI possa guadagnare. In un certo senso è come se venisse meno la meritocrazia. E poi dove sta il piacere di pubblicare la tua opera, la tua creazione, se questo avviene solo dietro compenso. Io preferirei sentirmi dire un bel NO, magari anche cento volte di seguito, capendo dove sto sbagliando per poi trovare qualcuno disposto a scommettere su di me.Un'altra cosa molto importante, che come dicevo spesso manca negli EAP, è tutto quel processo di revisione che precede la pubblicazione di un libro. L'editing, quando non è troppo invasivo, è fondamentale perché mette lo scrittore a nudo, lo aiuta a migliorarsi e a mettersi in gioco, perché è oggettivamente molto difficile che un libro sia perfetto così com'è nato, specie se stiamo parlando di un'opera prima. E qui forse manca un po' di umiltà da parte degli aspiranti scrittori, che spesso sono convinti di aver scritto la nuova "Divina Commedia" quando in realtà sono riusciti a malapena a mettere insieme una frase di senso compiuto (lo dico per esperienza). Io credo che alla fine, se l'opera è davvero buona troverà il suo editore, forse ci vorranno mesi o forse anni, ma alla fine vedrà la luce; se invece l'opera è scarsa si possono pagare anche fior fior di quattrini per pubblicarla, ma saranno sempre i lettori a decretarne l'insuccesso.Ho generalizzato molto in questo post, per ovvie ragioni di sintesi. Mi preme chiarire, però, che non è mia intenzione dividere il mondo dell'editoria in buoni e cattivi, non è così semplice. È chiaro che esistono le eccezioni, così come è chiaro che l'essere pubblicato da un editore "tradizionale" non è sempre sinonimo di qualità: basta entrare in una qualsiasi libreria, dove spesso e volentieri sono in bella mostra titoli assurdi, che lasciano basiti. Però anche questo fa parte del gioco. Quello che volevo esprimere era la mia personalissima opinione su questa metodologia di pubblicazione che trovo poco seria: quasi una scorciatoia per lo scrittore e una comodità per l'editore.Per approfondire l'argomento:
- Lettera aperta a Sergio Portas, di Michela Murgia
- Manuale di conversazione elementare con uno scrittore che ha pubblicato un libro a pagamento, di Michela Murgia
- Contro gli editori a pagamento, di Loredana Lipperini
- Lista editori a pagamento
- Writer's Dream sugli EAP
- Da sapere: Editori a pagamento, Specchio Magico.net
- I 10 motivi per non pubblicare a pagamento, Writer's Dream
- Editoria a pagamento, Mente Critica.net