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Editoria a pagamento: ecco perché io sono contraria

Creato il 05 maggio 2012 da Nicky @NickysBooks
Editoria a pagamento: ecco perché io sono contrariaÈ da molto tempo che desidero scrivere questo post; ne avevo già accennato qualcosa circa due mesi fa, quando vi parlai del torneo letterario Io Scrittore (trovate l'articolo qui), poi ho continuato a rimandare cercando soprattutto di fare mente locale e reperire il maggior numero di informazioni in merito. Oggi mi sono decisa, complice una bella e interessante chiacchierata fatta su Facebook con Alessandra, di Diario di pensieri persi, e altri ragazzi. Il tema in questione è quello dell'editoria a pagamento (EAP). L'editoria a pagamento è quella branchia del mercato editoriale in cui i costi e gli oneri per la pubblicazione di un libro gravano sulle spalle dello scrittore (a volte completamente, a volte solo in parte) e non dell'editore. È un fenomeno che negli ultimi anni si è diffuso molto e che non è assolutamente da confondere con il self publishing (a cui dedicherò un post più avanti), attraverso il quale un autore si autopubblica in totale e completa autonomia, senza marchi o editori alle spalle. Attorno all'EAP si sono scatenati lunghi dibattiti; in molti ne hanno parlato, a lungo e molto accuratamente (cito fra gli altri le bravissime Loredana Lipperini e Michela Murgia), anche perché spesso i lettori non sanno quali siano gli editori che si fanno pagare. Qui cercherò di riassumere il mio pensiero.Io sono, molto semplicemente e molto banalmente, contraria a questa pratica. Non riesco proprio a concepirla. Mi fa strano pensare che uno scrittore, o aspirante tale, debba accollarsi i costi di produzione della sua opera. Non è quello il suo mestiere, il suo compito: il suo lavoro è quello di scrivere, punto. L'investimento monetario compete all'editore. È come se una sarta dovesse pagare per cucire un capo di Armani o Valentino: anche solo ipotizzare una cosa del genere è ridicola, perché non dovrebbe esserlo anche per uno scrittore. Io parto dal presupposto che l'editore è un imprenditore e come tale, per far funzionare la sua azienda, fa degli investimenti, si mette in gioco, rischia il proprio denaro per un progetto in cui crede. Il progetto, editoriale e culturale, può piacere o meno (saranno i lettori a stabilirne la validità) ma è evidentemente il riflesso di scelte che l'editore compie. Se crede che un romanzo sia meritevole, se crede nelle potenzialità dell'autore ci investe il suo capitale. Fa una scelta. Ci mette la faccia. Chiaramente dopo ci guadagnerà sopra, è ovvio, ma avrà dimostrato di aver creduto in qualcosa. L'editore a pagamento invece ci mette il marchio e basta. E spesso è difficile per un lettore essere consapevoli di stare leggendo un libro di un EAP.
Editoria a pagamento: ecco perché io sono contrariaPeraltro chi paga per essere pubblicato spesso e volentieri riceve in cambio servizi a dir poco mediocri: scarsa promozione, bassissima distribuzione e, ancor peggio, totale (o quasi) assenza di revisione del testo, per cui ci si ritrova tra le mani libri infarciti di errori e refusi. Per questo mi chiedo perché un autore debba andare a imbarcarsi in un'avventura simile. Non sarebbe forse meglio avere pazienza e aspettare risposte da case editrici "tradizionali"? È vero, il mercato editoriale è ormai saturo, con continue pubblicazioni che a volte, spiace dirlo, non hanno senso e per un esordiente è spesso molto difficile ritagliarsi un piccolo spazio, specie se è autore di un genere di nicchia. Perché, come dicevo poco fa, quello editoriale è un mercato e come tale è soggetto a trend e mode, per cui chi scrive di vampiri forse ha più possibilità di essere pubblicato di chi scrive poesie, ad esempio. È brutto da dire, ma purtroppo è così. Questo però non significa che la via della pubblicazione sia preclusa a chiunque non abbia conoscenze o agganci nel mondo dell'editoria o a chi scriva romanzi molto particolari. In Italia le case editrici sono tantissime, non fossilizzatevi sui grandi big, come Mondadori o Feltrinelli, a cui per ovvie ragioni è più difficile arrivare. Partite dai piccoli editori, che spesso e volentieri fanno un ottimo lavoro lontano dai riflettori, e cercate quello che fa più al caso vostro. Perché se state scrivendo un giallo e lo inviate a chi pubblica solo saggistica o guide turistiche ovviamente la risposta sarà negativa, e scrivo questo perché so per certo che ci sono autori che mandano manoscritti a caso, senza prestare un minimo di attenzione. Siate umili e pronti a mettervi in discussione. È evidente che occorra tanta, tantissima pazienza, i tempi di risposta sono lunghissimi, ma se alla fine tutti vi dicono di no forse è il caso di rivedere le vostre prospettive. Perché l'aver scritto un libro non fa automaticamente  di voi uno scrittore: è un processo più lungo e complesso, e non sempre tutti quelli che aspirano a qualcosa riescono a realizzarla. Voglio dire, io ho ballato per 11 anni, ma non sono mai stata una ballerina, per quanto mi sarebbe piaciuto esserlo: a un certo punto occorre fare i conti con la realtà, è spiacevole ma bisogna farlo. In questo senso, mi sembra che l'EAP sia quasi una forma di doping (o di raccomandazione) proprio perché esclude quasi completamente quella scelta di cui parlavo qualche riga più su, quella dell'editore che valuta un'opera e la ritiene buona, e come tale decide di pubblicarla. È evidente che se tu paghi, quella valutazione verrà meno perché all'editore non interessa più la qualità di quel libro, interessa solo che qualcuno paghi perché LUI possa guadagnare. In un certo senso è come se venisse meno la meritocrazia. E poi dove sta il piacere di pubblicare la tua opera, la tua creazione, se questo avviene solo dietro compenso. Io preferirei sentirmi dire un bel NO, magari anche cento volte di seguito, capendo dove sto sbagliando per poi trovare qualcuno disposto a scommettere su di me.Editoria a pagamento: ecco perché io sono contrariaUn'altra cosa molto importante, che come dicevo spesso manca negli EAP, è tutto quel processo di revisione che precede la pubblicazione di un libro. L'editing, quando non è troppo invasivo, è fondamentale perché mette lo scrittore a nudo, lo aiuta a migliorarsi e a mettersi in gioco, perché è oggettivamente molto difficile che un libro sia perfetto così com'è nato, specie se stiamo parlando di un'opera prima. E qui forse manca un po' di umiltà da parte degli aspiranti scrittori, che spesso sono convinti di aver scritto la nuova "Divina Commedia" quando in realtà sono riusciti a malapena a mettere insieme una frase di senso compiuto (lo dico per esperienza). Io credo che alla fine, se l'opera è davvero buona troverà il suo editore, forse ci vorranno mesi o forse anni, ma alla fine vedrà la luce; se invece l'opera è scarsa si possono pagare anche fior fior di quattrini per pubblicarla, ma saranno sempre i lettori a decretarne l'insuccesso.Ho generalizzato molto in questo post, per ovvie ragioni di sintesi. Mi preme chiarire, però, che non è mia intenzione dividere il mondo dell'editoria in buoni e cattivi, non è così semplice. È chiaro che esistono le eccezioni, così come è chiaro che l'essere pubblicato da un editore "tradizionale" non è sempre sinonimo di qualità: basta entrare in una qualsiasi libreria, dove spesso e volentieri sono in bella mostra titoli assurdi, che lasciano basiti. Però anche questo fa parte del gioco. Quello che volevo esprimere era la mia personalissima opinione su questa metodologia di pubblicazione che trovo poco seria: quasi una scorciatoia per lo scrittore e una comodità per l'editore.Per approfondire l'argomento:
  • Lettera aperta a Sergio Portas, di Michela Murgia
  • Manuale di conversazione elementare con uno scrittore che ha pubblicato un libro a pagamento, di Michela Murgia
  • Contro gli editori a pagamento, di Loredana Lipperini
  • Lista editori a pagamento
  • Writer's Dream sugli EAP
  • Da sapere: Editori a pagamento, Specchio Magico.net
  • I 10 motivi per non pubblicare a pagamento, Writer's Dream
  • Editoria a pagamento, Mente Critica.net

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