Perdersi, scontrarsi, ritrovarsi?
Abbiamo passato l’estate a “sporcarci le mani” con eventi e presentazioni, utili occasioni per incontrare voi che ci leggete e commentate. Comunicare storia non solo attraverso il sito, ma anche con una inaugurazione in giugno, la presentazione del penultimo numero di Zapruder, una assemblea pubblica ed un convegno sulla figura di Augusto Masetti e l’invasione della Libia. Ora di nuovo in carreggiata per una seconda parola chiave che prende le sembianze di una frase chiave. Crash: orizzonti in crisi.
Ma perché?
La riflessione storica è un modo di indagare il passato secondo le sollecitazioni e le necessità del presente. Come ricorderete questo ci portò a scegliere la parola chiave «Unitalia?» nel pieno delle celebrazioni per il 150° dell’Unità ed è per questo che quando ci siamo ritrovati intorno ad un tavolo, in estate, abbiamo pensato subito alla coppia concettuale crisi/trasformazione.
La crisi era (ed è) ovunque, soprattutto nella nuova “grande paura” per la recessione economica globale che ha scatenato un enorme dibattito, in cui gli storici dovrebbero entrare con più convinzione. Mai come in questo momento le certezze degli ultimi trent’anni, se non di più, sembrano vacillare. Una krisis, dunque, che etimologicamente viene da krino (“separo”, “discerno” e dunque “decido”) e che abbiamo voluto mettere alla prova come categoria storiografica: cosa significa raggiungere un punto critico? Cosa accade a livello macro quando un paradigma (politico, economico, culturale, scientifico…), dunque un modo coerente di guardare il mondo, entra in crisi?
E qual è il contributo del sapere storico nel cercare risposte a queste domande?
Una prima, sommaria, risposta è cercare di individuare i momenti di questo processo. Perché se è vero che la crisi è un declino, è soprattutto vero che ce ne rendiamo conto quando questa corsa arriva ad un secco alt, quando c’è il crash. Figurativamente «frantumarsi» come accade nella morte dello Stato, la Rivoluzione, quella che leggevamo nella cronaca internazionale della “Primavera Araba” e che cerchiamo qui di ricostruire guardando indietro alla prima rivoluzione “cosciente” del mondo moderno: la guerra civile inglese. Questo allargamento concettuale ci ha spinti un po’ più in là: cosa accade quando i valori crollano? O, come si è detto prima, quando vengono meno i paradigmi? Ci chiediamo ancora, cosa succede quando sono gli Stati (i codici politico-istituzionali) nati dalle crisi, a doversi dotare di nuovi ordinamenti giuridici e riscrivere con essi la propria identità?
Nella crisi si apre quindi un orizzonte. Pensiamo, ad esempio, alla crisi nel panorama europeo a partire, qualcuno dice, dalla prima metà degli anni Settanta. Pensiamo al percorso parallelo di precarizzazione della classe operaia e scomparsa dei grandi impianti produttivi. Queste fratture hanno messo in discussione gli spazi di vita, aprendo la strada ad un radicale cambiamento del volto delle città europee, quindi alla qualità del “vivere urbano” ed a nuovi modelli di partecipazione alla vita pubblica, come accade negli agglomerati delle megalopoli.
Non una parola, ma una chiave di lettura: un’ampia panoramica di crisi e trasformazioni.
S. vi augura buona lettura.
SOMMARIO
G. Celeste, Fare la “Rivoluzione”: distruggere e costruire il “Commonwealth” nel linguaggio politico del Seicento: parte prima, parte seconda
F. Chiaricati, Economia e cultura dei consumi alimentari degli anni Ottanta e La gestione interna della SME, il caso Motta-Alemagna
A. Corte, Tra carne e spirito: concettualizzazioni di corpo e soggettività femminili in età moderna
E. Davigo, Le origini del movimento ecologista italiano: la nascita di Nuova Ecologia
Equipe Sperimentale di Storia, La parabola del mattone
J. Lorenzini, Années Terribles: parte prima
L. Marziali, Trasformazioni e continuità: dal Fascismo alla Repubblica: parte prima, parte seconda
O. Massari, La città europea tra crisi e trasformazione
A. Mignini, Cassandra: la crisi annunciata
R. Ventresca, Sul concetto teorico di crisi: un sentiero di letture
Il Caso S.
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