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Educarsi alla felicità (Genova abbraccia Roberto Saviano)

Creato il 18 aprile 2013 da Unostudioingiallo @1StudioInGiallo
A una settimana di distanza torno sul "luogo del delitto" e lascio che i ricordi risalgano in superficie.
Sono passati sette giorni dal mio incontro con Roberto Saviano, e se non fosse per la dedica tracciata col pennarello nero, a tutta pagina, sul frontespizio del libro che sto leggendo, sarei portata a ritenerlo un sogno. Desideravo stringergli la mano e dirgli grazie per ciò che scrivi, per come lo scrivi. Lo desideravo da tanti anni e...
... l'ho fatto? E' accaduto davvero? 
A quanto pare sì, se non è temerario prestar fede agli scarabocchi sulla mia agenda dell'11 aprile scorso:
Ti tradiranno. Ti tradirà chi più ami, chi ti è più vicino. 
Lo faranno perché così gira il mondo e perché non esistono, al mondo, beni gratuiti, tutto si compra. 
La criminalità organizzata insegna soprattutto, innanzitutto questo: a sentirsi soli. A prendere con la forza ciò che si vuole. La malavita, se vogliamo provare a sintetizzare, educa all'infelicità.
Educarsi alla felicità (Genova abbraccia Roberto Saviano)E' bello e impressionante ascoltare queste parole dalla voce di Roberto Saviano, ospite della libreria Feltrinelli di Genova in una serata che in ossequio alle convenzioni linguistiche non esito a definire uggiosa ma è persino peggio (sempre profetico ed esatto Paolo Conte nel mugugnare che "abbiamo il sole in piazza rare volte e il resto è pioggia che ci bagna") per presentare il suo nuovo, attesissimo lavoro: un saggio-romanzo - Zero Zero Zero, edito da Feltrinelli - che guarda attraverso la polvere di cocaina per raccontare il mondo. Un'opera che va dritta a cuore, cervello e stomaco. E' un legame profondo, quello tra lo scrittore napoletano e la Superba: "Terra sorella di Napoli", recita un post dell'11 aprile sulla bacheca del Facebook di Saviano "Spero mi permettano, anche per poco, di vedere da vicino il mare. È una città che sento di conoscere pur non avendo alcuna nozione delle sue strade, nessun orientamento topografico. La sensazione, ogni volta che ci vado, è quella di viverci da sempre". L'8 marzo 2011 un vero e proprio esercito di ammiratori (mai vista tanta gente alla presentazione di un libro, ho ancora negli occhi il fiume umano lungo il marciapiede di via XX Settembre!) gli aveva reso omaggio in occasione dell'uscita di Vieni via con me; a poco più di due anni da quel meraviglioso bagno di folla e sette anni dopo Gomorra, Saviano torna nel capoluogo ligure e incanta diverse centinaia di persone spiegando la gestazione della sua ultima fatica letteraria. Un lavoro che "nasce da un'ossessione", da un dire basta. Succede che "inizi a non sopportare più il silenzio su questi temi", che possono sembrare lontani ma che invece riguardano ognuno e ciascuno di noi, che respiriamo, letteralmente, ogni giorno...
La coca ci gira intorno, è veloce, moltiplica i profitti in un batter di ciglia. 
E' veloce in tutto (nello spostarsi e nel vendersi: non esiste la merce invenduta, in questo particolare mercato) e rende veloce, instancabile, chi ne fa uso; l'accelerazione che imprime alle cose è tale da presupporre uno stato di guerra permanente ("chi la tocca ha dinanzi a sé la guerra" sintetizza efficacemente Roberto), non vi è spazio per l'esitazione o per i compromessi. Talvolta, quando consente di sopportare le fatiche del lavoro, quando procura il pane, quando cancella le ansie e "fa stare al mondo", sembra persino agire per il bene ed è in questo modo, prima di farti esplodere il sistema nervoso e portarti via, che prova a blandirti e a nascondere la sua pericolosità, la ferocia di cui si circonda.
Tremano i polsi, ad ascoltarlo. Ad apprendere i luoghi in cui viaggia la droga, in cui viene nascosta. A sentir nominare le connivenze. Saviano riesce anche a parole a fare ciò che, da sempre, si propone di (e riesce magistralmente a) fare con la scrittura: "tormentare e stupire il lettore", spingerlo all'incredulità e all'approfondimento, a non fidarsi, a verificare. Ad informarsi, insomma, a voler comprendere i meccanismi. Ciò che la criminalità organizzata teme maggiormente è la consapevolezza che certe storie riguardano tutti, che sono storie di tutti. Molti sanno, alcuni denunciano e altri fingono di non vedere: è nell'ordine delle cose. Ma se l'opinione pubblica prende coscienza, se la parola diventa pungolo di conoscenza si assesta un colpo durissimo ai fondamenti stessi della filosofia criminale.
Non ho alcuna fiducia in me, non ho speranze per la mia vita. Ma ho completa e totale fiducia nei miei lettori: sono loro a rendere pericoloso ciò che scrivo. Vivere blindati, diventare perfino un simbolo... beh, può far perdere la testa. Cominci a pensare che forse potresti davvero, con le tue sole forze, mutare le cose. Poi ti calmi e ti rendi conto che non sei tu a mutare le cose ma è la loro condivisione. Non chi scrive cambia il mondo ma chi legge e si appassiona. Chi sceglie di vederci chiaro o semplicemente di saperne di più. Chi sceglie, nonostante tutto, la strada della felicità. A chi mi pone la fatidica domanda cosa si può fare? rispondo sempre... lo so che è poetico - si gratta la testa e la punta del naso e sorride, rivelando una volta di più tutta la sua timidezza - ma dico questo: pensarsi felici, educarsi alla felicità, rifiutare l'educazione all'infelicità. Perché la malavita è mala davvero, è una vita infame.

Educarsi alla felicità (Genova abbraccia Roberto Saviano)

Ciascuno cresce solo se sognato.
E' un verso di Danilo Dolci che gli ho sentito ripetere in diverse occasioni. Lo ha ripetuto anche stavolta.
Ed è proprio così, si cresce solo se si appartiene al sogno di qualcuno, perfino se si tratta di un sogno di cui non
si sa nulla. Purché il sogno, da qualche parte, ci sia.


Viene da domandarsi come possa resistere. Come abbia potuto e possa sopportare il peso di una vita da fuggiasco, l'accusa di aver diffamato la sua città, il fango che puntualmente gli viene rovesciato addosso. Chi glielo fa fare, in estrema sintesi.
La risposta te la danno i suoi occhi che si specchiano speranzosi negli occhi di tutti i presenti, che raccolgono l'abbraccio enorme di una città che una volta tanto mostra il suo volto migliore.
Te la dà lui stesso, la risposta, prima di sottoporsi al rito sfibrante e salvifico degli autografi: è racchiusa nei versi di Blaga Dimitrova - "il mio nume tutelare" - citati all'inizio del libro:
Nessuna paura che mi calpestino.Calpestata, l'erba diventa un sentiero.
Simona Tassara

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