di Assunta Viteritti.
Un film di Gabriele Salvatores, con Arnas Fedaravicius, Vilius Tumalavicius, Elanor Tomlison, Jonas Trukanas, Vitali Porsnev, Peter Stormane, John Malkovich. Il film è tratto dall’omonimo libro di Nicolai Lilin (2009).
I bambini apprendono se guidati bene, sono attenti, curiosi e capaci di comprendere la natura profonda di loro stessi e degli eventi, solo hanno bisogno di maestri superbi, capaci di trovare le parole e i gesti, di adulti capaci di tramandare ragioni e valori che restino intatti. Non fa una piega, le generazioni di prima formano quelle di dopo, la tradizione è trasmessa quasi in modo sacro e l’educazione si compie laddove il giovane riconosce da adulto ciò che ha ricevuto dalle generazioni precedenti. Ecco fin qui niente di strano, certo è abbastanza inverosimile nelle nostre società dove sono piuttosto gli anziani ad imparare dai bambini, ma questa è un’altra storia.
Siamo in Transnistria, una terra di confine, una landa di nessuno, tra la Russia e la Moldavia, dove sarebbero stati deportati da Stalin gli Urka siberiani, una comunità di criminali. Criminali onesti, si, il film è un racconto di ossimori, una cosa è come non dovrebbe essere. La comunità ha le sue regole, fatte di paura, di armi, di tatuaggi che narrano vite criminose, ma vite oneste! Il pater familias forma i più giovani con pistola e incenso, con icone e preghiere che invocano la crudeltà onesta, ha il rispetto di tutta la comunità, delle donne e degli uomini, tiene l’ordine e lo perpetua con i suoi comportamenti criminosi ma onesti, e i bambini imparano. Siamo in Siberia, freddo, freddo, buio, freddo. Ma la bellezza si scorge anche in quel deserto sottozero. Kolima e Gagarin, amici, fratelli, sono i protagonisti di questa educazione siberiana, ferrea, profonda, per diventare criminali onesti. Poi la storia si fa prevedibile, amori, invide, e si sa non sempre l’educazione esce con il buco. Una giovane donna, Xenja, straniera anche nel nome, entra nelle loro vite e si fa destino.
Malkovich si fa amare nel ruolo del criminale che educa con l’esempio, ma il solito doppiaggio italiano lo fa monotono e troppo recitato. Salvatores fa un film in un posto difficile, una trama tosta, criminali si nasce e si diventa, il destino, l’amore, l’amicizia, la prigione, la durezza, il carcere, la vendetta, i tatuaggi che parlano, si insomma tutto quanto al suo posto, ma è come se già dalle prime scene gli attori avessero scritto sul volto il prosieguo delle storie dei personaggi, come in un cerchio che si compie, eppure si vede che l’impegno è stato enorme, ma c’è traccia come di qualcosa di edulcorato, un buonismo che non lascia penetrare il terrore in cui quelle popolazioni vivono. Io non ho letto il libro ma spero gli eroi/criminali/onesti ritratti dal testo siano più cattivi e inquieti di quelli del film. E’ mostrata la mafia russa della tradizione e le sue derive in una terra ostile, una comunità ancorata a regole crudeli che la tengono in vita in lotta con altri che a quelle regole ossimoriche hanno rinunciato. E’ dura essere criminali onesti, ci vuole proprio una buona educazione!
Sul romanzo da cui è tratto il film qui allegato un articolo di Roberto Saviano.