Chiunque abbia seguito e amato gli Eels sa benissimo che l’uscita del doppio Blinking Lights segnò per il gruppo un punto di arrivo, un’ulteriore consacrazione dopo diversi dischi che, quando proprio andava male, erano soltanto bellissimi. Dopo quella prova piuttosto irripetibile è arrivata una trilogia che Mr. E ha tirato fuori dal cilindro in poco meno di due anni, mettendo in luce da un lato una certa bulimia creativa, dall’altro un fortissimo calo d’ispirazione. E dire che non parliamo di album da cestinare in toto: nello specifico, Hombre Lobo resta a oggi ottimo, senza dubbio il più centrato dei tre. Il problema è che qui c’eravamo davvero abituati male, malissimo.
Ora, passati quasi tre anni, siamo dinanzi a Wonderful, Glorious: la paura di ritrovarsi tra le mani un lavoro prevalentemente costituito da riempitivi c’era, non lo si può negare. Pericolo scongiurato, perché Mark Oliver Everett c’è. E c’è un disco tra i più elettrici realizzati dal nostro compare barbuto. Tredici episodi dove gli Eels non sono più una sigla indissolubilmente legata al loro leader, ma un gruppo vero e proprio, perché anche gli altri membri in pianta stabile della band sono stati coinvolti nella scrittura delle canzoni. Il risultato, alla fine, è eccellente.
Non manca nulla dell’universo Eels, che a questo giro concede tutto lo spazio alle chitarre: ci sono melodie fresche, cantate e urlate, di ampio respiro pop, lo spirito del blues è un sottotesto sempre più presente e vivo, mentre l’attitudine lo-fi resta invariata. Meno ballate (anche se i brani lenti non mancano affatto) e molto più rock. Un rock alle volte anche sporco, percussivo, con alcuni tratti che ricordano il Tom Waits più “sperimentale”.
Wonderful, Glorious è un disco che ha bisogno di decantare per un po’, prima che scatti la scintilla. Insomma, il contrario dei suoi due predecessori, che dopo pochi ascolti rivelavano un evidente vuoto compositivo, che qui – nel miglior lavoro dai tempi di Blinking Lights – è assente nella maniera più assoluta.
Ben tornato, dunque, Mr. E: una ritrovata vena che stavolta – almeno così pare – non va di pari passo con qualche tragedia personale.
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