Le prime abitudini degli italiani ad essere travolte da questa revisione della spesa sono quelle culinarie: meno carne nel carrello, meno prodotti di marca, meno made in Italy.
A tagliare i consumi sono soprattutto le famiglie operaie (-5,9% con una spesa media di 2192 euro) e le coppie con due figli (-4,4% con spesa fino a 2.891 euro).
Nel 2013, rileva l’Istat, la spesa media nel settore alimentare delle famiglie si attesta a 461 euro, poco meno rispetto ai 468 del 2012. Ciò che è mutato però, a parità di spesa, sono le scelte dei consumatori, sempre più orientate verso prodotti che consentano di mantenere contenuti i costi. Per questo motivo il consumo di carne è calato del 3,2% ed oltre 2,7% in più degli italiani ammette di aver ridotto lo standard di qualità dei generi alimentari comprati (passando dal 62,3% del 2012 al 65% del 2013).
Cresce in maniera esponenziale inoltre il numero dei consumatori che si rivolge agli hard discount (almeno il 14,4% del totale), che forniscono possibilità immediata di risparmio. In sostanza, spendiamo gli stessi soldi ma mangiamo peggio.
Si registra una flessione anche sulla spesa media mensile per beni e servizi non alimentari, oggi pari a 1.898 euro (-2,7%). Così i primi costi che gli italiani hanno abbattuto sono quelli relativi ad abbigliamento, settore che fa registrare un pesante -8,9%, e tempo libero e cultura.
Al primo posto tra coloro che boccheggiano a causa della crisi vi sono senza dubbio i pensionati. Il commissario Inps Vittorio Conti ha presentato al Parlamento una relazione dalla quale risulta che oltre 6,2 milioni di pensionati italiani (circa il 43% del totale) hanno ricevuto nel 2013 una pensione mensile che non supera i 700 euro. Dai dettagli dell’indagine è emerso che 5 milioni di pensionati hanno percepito una rendita media di 702 euro lordi mensili e altri 1,2 milioni di soli 294 euro lordi.
Su 14,3 milioni di pensionati il 25% (circa 4 milioni)riceve una pensione che oscilla tra i 1.00 e i 1.500 euro; il 15% invece percepisce tra i 1.500 e i 2.000 euro e solo il 4,3% riceve oltre i 3.000 euro mensili.