Il ‘900 è stato sicuramente un secolo contrastato. Conflitti sanguinosi e devastanti si sono alternati a periodi di grande fervore culturale, periodi di tetro autoritarismo e di criminale dittatura si sono succeduti con periodi di spumeggiante risveglio sociale che hanno consentito di raggiungere alti livelli di democrazia sociale e di libertà individuali, perlomeno nell’occidente del pianeta.
Il ‘900 è stato sicuramente anche il secolo americano, però basare tale affermazione sulla potenza economica degli USA è, al contempo, una banalità ed una verità estremamente parziale.
Altre economie oggi emergenti, con il loro travolgente dinamismo e con la loro pressoché nulla capacità attrattiva, sono lì a dimostrarlo.
Il nucleo fondamentale del cosiddetto “pensiero economico” è, da sempre, stretto entro gli angusti e tristi argini di uno sviluppo culturale ed umano che, nel corso dei millenni, non ha alterato in modo significativo tutti i più ancestrali istinti presenti nell’uomo.
In altri termini è prigioniero, essendone espressione diretta, di una antropologia che non ha ancora superato, e chissà mai se ciò avverrà, il condizionamento dovuto all’imprinting che sta alla radice di un individualismo esasperato.
E’ attorno a questo che si incarna l’animale capitalistico ed è questa l’ “anima” stessa del capitalismo facendone di esso non una teoria studiata a tavolino, ma una prassi consolidatasi ed affinatasi sperimentalmente nel corso dei secoli.
E’ qui che, però, si svela in tutta la sua cruda realtà il cortocircuito tra la forza del “modello capitalistico” e l’ aridità del desolante deserto ideale e di pensiero in cui si troverebbe, se lasciato a sé stesso, costantemente immerso.
La fantasmagoria del potere e del denaro, da sempre propellente fondamentale del capitalismo, si dissolverebbe come fumo nel turbine della noia senza la forza rigeneratrice che, da sempre, aleggia la corrente delle idee e del pensiero del mondo.
Al centro della Way of life Americana vi era la forza di un’esigenza, di un sogno di libertà, sicuramente sapientemente alimentato da una penetrante propaganda, ma anche da pensieri e idee vicini al comune sentire della gente, che toccava cioè corde sensibili dei diritti e dei bisogni , non solo materiali e proprio per questo più sentiti, desiderati e amati.
Dal fordismo, pur con tutta l’alienazione derivante dalla catena di montaggio e i devastanti effetti del successivo consumismo, e dalla filosofia sociale da esso derivante, fino all’urlo liberatorio di movimenti giovanili e di rivendicazione di parità e diritti civili dei neri americani, è sempre il grande potere propulsivo di dee e pensieri che ha consentito, non senza colpevole arroganza e stolta superficialità, agli USA di imporsi , candidato unico, come guida morale ( sic! ) del pianeta.
Il declino americano non è quindi solo economico, anzi l’aspetto economico è sicuramente quello meno importante e tale declino appare inarrestabile perché inarrestabile è il declino ideale di una società che, prima che banchieri ed operatori economici , partoriva naturalmente vivaci pensatori ed artisti, idee che risolvevano bisogni generandone altri in quell’ interminabile gioioso ripudio della noia che dovrebbe caratterizzare la vita stessa, per lo meno quella degna di tale nome.
Le macerie di tale devastante declino si intravvedono ormai chiaramente nell’intera classe dirigente americana, ma assumono caratteristiche apocalittiche se si guarda a quella che fu la destra americana.
Il dissolvimento del partito Repubblicano continua tra i miasmi di un populismo demagogico e i rigurgiti di una deregulation che lascia carta bianca agli appetiti più ingordi e voraci, oltre che stupidi, di una classe imprenditoriale e finanziaria arroccata nel medioevale fortino di una detassazione ad oltranza priva di senso logico, visti i danni provocati nel corso dei decenni da Reagan in poi, e nella incomprensibile difesa di un sistema sanitario privato che si svela sempre più come costoso e inefficiente se si valutano le aspettative medie di vita dell’americano medio con i cittadini dei paesi più avanzati. Una difesa che ormai assume i foschi contorni del fanatismo ideologico.
I resti di quello che fu un partito orgogliosamente laico, strenuo difensore dell’indipendenza dello stato e anche di molti diritti civili si incolonnano disordinatamente lungo il sentiero che porta diritto nel desolante ridotto del Tea Party e delle sette fanatiche antiabortiste, il tutto con la scontata benedizione del capo dei vescovi americani .