In una situazione di stallo, ma decisamente pronta sempre ad esplodere da un momento all'altro con conseguenze anche gravissime, l'Egitto ha trascorso le ore della scorsa notte e si appresta, oggi, a breve, a vivere quelle del nuovo giorno .
Suleiman, il ben noto Suleiman, amato e odiato, nel tentativo d' individuare una soluzione pacificatrice per il suo Paese, ha accettato ieri di conoscere il contenuto del documento dell'opposizione, che prevede notevoli riforme a partire da quella elettorale e di alcuni articoli della Costituzione ma il dialogo pare si sia, fin dalle prime battute, comunque arenato.
E, dissidente in primis, si è mostrata l'organizzazione o movimento dei Fratelli Musulmani, che pur era tra gli interlocutori privilegiati.
Suleiman inoltre,anche se deputato a gestire per forza di cose questa transizione e cercare di riportare la pace, non è gradito alla massa.
Quella, per intenderci, che è scesa in piazza.
Senza contare che, come è ovvio che sia, per lui esistono avversari e/o nemici interni proprio nella stessa "nomenklatura": inside job.
E lo stesso El Baradei, l'uomo dell'AIEA, il Nobel per la pace, non si sa fino a che punto come l'utile idiota venga usato dai Fratelli Musulmani, i quali, a cose fatte, per via dei numerosi consensi specie nel sud del Paese e tra i contadini, non avrebbero affatto difficoltà ad avere la maggioranza e sedere in parlamento, in barba appunto all'uomo e alle molte "pasionarie" dai capelli bianchi, che lo circondano.
Ma l'ambiguità maggiore, inEgitto, è quella dell'esercito.
Quell'esercito che, nei primi giorni della rivolta, non ha reagito contro la folla anzi l'ha assecondata.
Ma poi è lo stesso che ha anche permesso la discesa in campo dei sostenitori di Mubarak.
E qui le cose si sono fatte assolutamente poco chiare.
Tra i militari ci sono infatti coloro che sotto il regime di Mubarak si sono ampiamente arricchiti e, magari lasciato l'esercito, alcuni di essi si sono addirittura tramutati in uomini d'affari.
Si tratta indiscutibilmente dei devoti al "Rais".
E ci sono però quelli che avrebbero aspirato a tali posizioni ma non sono riusciti mai a raggiungerle.
Nelle piazze delle principali città egiziane, tra la folla inferocita, c'erano nei giorni scorsi e gli uni e gli altri.
I privilegiati e gli aspiranti ai privilegi, tutti in verità molto indecisi sul da farsi.
E poi(non dimentichiamolo mai) l'esercito è anche quello degli arresti facili e delle torture gratuite.
Aspetti che l'uomo della strada non può dimenticare e sopratutto non vuole.
Come quelli che, mentre scriviamo, continuano a perpetrasi nei confronti, ad esempio, di alcuni giornalisti e operatori umanitari, arrestati arbitrariamente mentre cercavano di svolgere soltanto il proprio lavoro.
Concludendo: in questa "rivoluzione" egiziana non ci sono certezze quanto al suo sbocco.
Perché?
Perché una repressione scambiata troppo a lungo per stabilità inevitabilmente "nel dopo" potrebbe e può riservare,proprio per assenza di un quadro chiaro della situazione, sgradevoli sorprese.
Non a caso, a Monaco di Baviera, nel Vertice per la Sicurezza, si è discusso ampiamente di multiculturalismo e islamizzazione dell'Europa e del mondo.
E con un sollecito invito a tenere gli occhi ben aperti per impedire qualsiasi eventuale infiltrazione fondamentalista.
Scudo, almeno per il primo minstro inglese David Cameron, è un autentico "liberismo muscolare" o comunque vigoroso.
Prevenire insomma( vista l'aria che tira) è meglio che curare.
Visti poi i fallimenti che la stessa GranBretagna, e non solo, ha già sperimentato in casa.
E sembra che in parecchi ,ormai, concordano su questa linea.
A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)