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Egitto: tra instabilità geopolitica e strategia del terrore

Creato il 11 novembre 2015 da Geopoliticarivista @GeopoliticaR
Egitto: tra instabilità geopolitica e strategia del terroreEgitto: tra instabilità geopolitica e strategia del terrore

La tragedia dell'Airbus della compagnia russa Metrojet ha riportato l'attenzione sullo stato d'insicurezza dell'Egitto. In un periodo di forte instabilità il Paese non sembra essere più in grado di recitare la parte di uno Stato forte, capace di contrastare le criticità che lo attanagliano. L'avanzata dell' Islamic State, i mai risolti contrasti interni e la situazione della Libia a ovest vedono un Egitto sempre più stretto nella morsa del terrorismo. I diversi gruppi jihadisti che operano nel Paese, differenti per agenda e capacità di azione, rappresentano un elemento di forte instabilità.

Nonostante non vi sia la conferma ufficiale che si sia trattato di un attentato, la dinamica ed una attendibile rivendicazione del gruppo jihadista Ansar Bayt al-Maqdis, costola egiziana dell' Islamic State, fanno ritenere che l'incidente occorso lo scorso 30 ottobre all'A321 della compagnia russa sia stato originato da una bomba posizionata nella stiva.

Quanto accaduto non può che rievocare la serie di attentati che dal 1997 ad oggi hanno interessato i siti turistici. Da Luxor 1 a Sharm el Shahik, l'Egitto può vantare un triste primato determinato da una strategia del terrore tesa a minare l'economia del turismo che, da sola, garantisce allo stato centrale introiti pari al 30% del prodotto interno lordo. Ma quali sono i gruppi terroristi che oggi operano in Egitto? Analizzandoli nello specifico, nonostante la comune anima jihadista, si possono evidenziare sostanziali differenze che li distinguono per obiettivi, zone d'influenza e reale capacità operativa.

Senza ombra di dubbio l'organizzazione jihadista più nota è Ansar Bayt al-Maqdis. Questo gruppo terrorista, nato nel 2011 da preesistenti frange integraliste, si è consolidato sull'onda emotiva del fallimento della cosiddetta Primavera Araba. Il caos politico post rivoluzionario ha fatto in modo che questa organizzazione terrorista si potesse consolidare ulteriormente. Stanziatosi nella penisola del Sinai, area geografica storicamente instabile anche a causa della vicinanza alla striscia di Gaza, Ansar Bayt al-Maqdis ha inizialmente intrapreso una lotta armata in una duplice direzione; una diretta contro il governo egiziano, anche proponendosi come alternativa di governo in territori di fatto mal gestiti dalle autorità delegate ed una, contro lo Stato d'Israele.

L'attività prioritaria del gruppo terrorista è stata indirizzata all'acquisizione del controllo del territorio e alla gestione dei traffici illeciti che da sempre hanno interessato questa zona di frontiera. Grazie a questa, seppur illegittima, capacità di gestione del territorio e di parte della popolazione che lo abita, il gruppo jihadista ha potuto iniziare ad esercitare una vera e propria azione di governo continuando ad accrescere la propria influenza in gran parte della penisola del Sinai, anche grazie alla corruzione di esponenti governativi.

Il passo successivo di Ansar Bayt al-Maqdis coincide, nel 2014, con l'ascesa dell' Islamic State e la sua politica di espansione verso ovest finalizzata ad organizzare i territori dell'Africa mediterranea sotto l'influenza di un ricostituito Califfato. In questo contesto Ansar Bayt al-Maqdis aderisce al progetto dell' Islamic State assumendo prima il ruolo di gruppo affiliato, per poi identificare il proprio territorio di azione a specificare la consistenza politica di un progetto superiore e a vocazione globale, come Wilayat del Sinai ovvero "Provincia" egiziana dell' Islamic State. È probabile che questa operazione di "accorpamento" sia stata agevolata dalla mediazione di foreign fighters egiziani che si sono recati a combattere nel teatro siro-iracheno per poi fare rientro in patria. Questo aspetto spiegherebbe l'evoluzione della strategia a la capacità tecnica sviluppata dai militanti di Ansar Bayt al-Maqdis nel condurre attacchi.

Quello che è certo è che in gran parte della penisola del Sinai oggi opera un vero e proprio Stato-ombra islamista, capace di coordinare direttamente attività economiche e di influenzare le decisioni di esponenti delle istituzioni locali attraverso azioni violente e l'esercizio della corruzione. Il passaggio da gruppo terrorista clandestino a proclamata provincia di un ben più vasto Stato islamico, non solo proietta Ansar Bayt al-Maqdis sulla scena geopolitica globale ma porta l'Egitto ad essere considerato un territorio indispensabile per garantire all' Islamic State quella continuità ideologica che da est si dovrà propagare fino in Africa e da lì in Europa 2.

Ma Ansar Bayt al-Maqdis non è la sola organizzazione terrorista ad operare in Egitto, tra le altre vi è Ajnad Misr, ovvero "soldati d'Egitto", un gruppo jihadista, decisamente meno influente e limitato ma non meno insidioso. I suoi militanti operano in una ristretta area del Sinai concentrando i propri attacchi principalmente nel governatorato di Giza; nonostante di recente abbia mostrato una certa simpatia per il progetto dell' Islamic State, l'azione ideologica di Ajnad Misr segue un'agenda interna, focalizzata sulla perenne contrapposizione politica tra salafiti e potere politico secolarizzato. Non a caso i principali obiettivi del gruppo terrorista sono quasi esclusivamente esponenti delle forze di sicurezza del governo centrale ed anzi, in virtù di questa specificità di lotta "politico-ideologica" si cerca di evitare di fare vittime civili.

Vi sono poi altri gruppi jihadisti minoritari legati alla tradizione di Al-Qaeda che proprio in Egitto trovò esponenti di rilievo; si pensi ad Ayman al Zawahiri, egiziano ed attuale leader indiscusso della storica organizzazione terrorista. La presenza di diversi gruppi terroristi impegna il governo de Il Cairo in una azione di contrasto certamente complicata. Il dover fronteggiare diversi attori in un momento storico assolutamente particolare alimenta tensioni interne e determina incertezze che contribuiscono a versare il Paese in un clima d'incontrollata instabilità. Le storiche contrapposizioni interne si sono oggi saldate a logiche geopolitiche di respiro internazionale capaci di determinare mutamenti epocali.

Il futuro è incerto e niente appare scontato; appare anzi evidente come l'Egitto, sempre più, dovrà fare i conti con un clima del terrore destinato a durare. Terra di mezzo tra Africa e Asia, catalizzatore di interessi economici globali che lo vedono come corridoio commerciale tra l'Atlantico e l'Oceano Indiano, crocevia di influenze ideologiche radicali e stili di vita occidentali, l'Egitto è da sempre una terra di contraddizioni e cambiamenti, mai completamente riusciti. Di certo vi è che è una priorità. Lo è per la Comunità Internazionale che lo considera un alleato necessario per riequilibrare l'instabilità dell'area MENA, ma lo è anche per i movimenti jihadisti che oltre a considerarlo la culla ideologica del jihadismo moderno, lo vedono come congiunzione geografica tra Africa e Medio Oriente. La terra delle piramidi sembra essere preda di una maledizione che la vede ciclicamente confrontarsi con le proprie ombre.


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