Magazine Diario personale
Domani Egle sarà ufficialmente un moscardino.
Entrerà in classe spavalda, poi farà due passetti all’indietro, cercherà con lo sguardo la maestra Giovanna e correrà per gettarsi tra le sue braccia. Conoscerà nuovi bimbi, litigherà, giocherà, dormirà con la ninna nanna di una donna che non sarò io, mangerà imboccata da altre mani.
La separazione era inevitabile, lo sapevamo entrambe. Ma non pensavo che sarebbe stata così facile per lei, tanto difficile per me.E’ stata la mia appendice grassa per 14 mesi, ho dondolato con lei in braccio mentre cucinavo, mentre lavoravo, quando volevo riposarmi, quando ero indaffarata. Non pensavo che avrei cresciuto una bimba così indipendente, ne sono soddisfatta e un po’ egoisticamente triste. In questi giorni di ambientamento, non mi ha mai cercata, non ha mai avuto un cedimento, non si è mai lamentata. Allegra e sfacciata ha voluto giocare con i bimbi grandi e non si è lasciata intimorire. Certo lasciarla piangente sarebbe stato straziante.Ma, dico, una lacrimuccia. Un labbro tremulo. Un lamento. Un occhio umido. Niente. Ha sfoderato il suo migliore sorriso sdentato, mi ha concesso un ciau e ha sgambettato fino a scomparire dietro la porta della stanzetta.
Bene, vorrà dire che dovrò piangere io per entrambe.
Però, stasera fammi affondare un po’ il naso nel tuo collo e fammi annusare il profumo della tua piccolezza fino a domani, quando sarai già grande.