Egle, festa di compleanno

Da Annamariacataratta @AMcataratta

ph. Deborah Lombardi


Dopo un paio di settimane di decompressione (Parigi ci ha sconvolti), procediamo spediti e carichi verso la festa di Egle. In questo post vi spiegherò come organizzare un mega party per una neotreenne con tutta la sua banda di compagnucci moccolosi all’aperto, in bel parco. Per prima cosa prendete una mamma australiana, di quelle bellissime che volteggiano eleganti anche alle 8 del mattino con metà prole per mano e l’altra metà appesa al collo. Di quelle che hanno il picnic congenito, che impastano biscotti di pan di zenzero riempiendoti la casa di Natale anche se è ottobre, di quelle che costruiscono pignatte a forma di bruco che quando poi si rompono diventano farfalle, di quelle che non hanno un piano B tanto poi ci sarà sicuramente il sole.
Fatto?
Adesso immergetevi nel suo mondo bellissimo fatto teli stesi sul prati verdi sotto cieli azzurri e dimenticate l’ansia.
Fatto?
Bene. Non vi manca niente, il successo è assicurato.
Quest’anno per il compleanno della non-più-tanto-minuscola Egle abbiamo organizzato un doppio party al bosco di Capodimonte. A festeggiare con noi c’era Iole, una compagna di classe di Matilde, figlia di Bonnie (la bella di cui sopra) e di Giovanni . C’erano circa 50 bambini (2 classi più vari outsiders), con perlomeno un genitore pro-capite, quindi il gruppo era praticamente una piccola minoranza etnica.

Abbiamo scaricato tavoli, bonghi, cibo per un esercito, festoni, tovaglie, posate, due torte, scatoloni da dipingere, pitture varie, birre in quantità, un cubo di ghiaccio da 3 chili per refrigerare le bibite (che gli uomini sono andati a prendere alle 7 di mattina al porto di Pozzuoli, mostrando una virilitd’altri tempi). 
I custodi del parco si sono mostrati subito ostili e alla vista del bivacco hanno tuonato: “OOO’ ma c’stat criann?” (per i non napoletani: “Chiedo scusa, potrei sapere di grazia cosa state architettando?”) Per fortuna io ho sposato un avvocato, che conosce l’arte antica della donnaccia, che l’ha buttata in caciara e prontamente ha offerto ai bruti corruttibili qualche leccornia e un paio di bicchieri di birra, guadagnandosi l’ingresso tranquillo e anche tanta stima (la mia).
I più piccoli dipingevano scatoloni con enormi pennelli e litri di tinte. Poi, sporchi ma variopinti si sono seduti diligentemente in cerchio e hanno giocato a patata bollente. E qui devo fare una piccola digressione. La patata bollente è un gioco crudele che consiste nel passarsi una palla, finché la musica non si interrompe. Al povero malcapitato meno lesto degli altri toccherà il pubblico ludibrio, al meglio dovrà mimare qualche animale della fattoria. Ho dovuto aspettare 28 anni trascorsi ad evitare questa gogna, per scoprire che nei paesi civili esiste una versione di questo gioco ben più divertente: conosciuta ai più come Pass the Parcel. Al posto della palla, i bimbi si passano un pacchetto pieno di regalini e dolciumi, che sfoglieranno ad ogni giro di musica (un tripudio di bonghi suonati dal gentile Achille, venuto direttamente da Berlino con l’allegra famiglia), riempendosi gli occhi di meraviglia per i piccoli gingilli.

E' giunto il momento tanto atteso della pignatta. Bonnie e suo marito Giovanni hanno costruito questo enorme bruco di cartapesta, mentre io e il mio Squinzio abbiamo provveduto alla farfalla, costruita perlopiù da mappine in microfibra (però d’effetto). I bambini si sono messi in fila, sole negli occhi e un gran tifo, e ciascuno di loro ha sferrato il suo colpo al bruco. Dopo molti colpi (il bruco era costruito davvero bene) è spuntata fuori la farfalla e tanti ma tanti dolciumi.
Infine, la caccia al tesoro e potrei dilungarmi per ore a raccontarvi quanto fosse bello vedere una ciurma di esseri dai 3 ai 56 anni seguire incantati il racconto di Valentina, una mamma che ha il dono del carisma congenito (a cui dedicherò un post a parte, o forse un trattato, perché tutti nella propria vita dovrebbero avere la fortuna di incontrare Valentina).  Alla fine c’è stato un tanti auguri a te che suonava come un inno alla gioia, seguito da svariati bis, perché l’occasione lo meritava. Purtroppo non abbiamo scattato molte foto, eravamo troppo impegnati a divertirci. Per fortuna in mezzo a noi c’era la bravissima Deborah Lombardi, che ha scattato le uniche foto belle che vedete qui.

ph. Deborah Lombardi


Per noi della Maison Cataratta è stata una giornata davvero meravigliosa, trascorsa in un luogo magico, con il sole che splendeva in alto e gioia ovunque. Per questa festa, si è mossa una carovana allegra e colorata di persone che ci piacciono da morire e che non smetteremo mai di ringraziare per tutta la bellezza che ci hanno regalato (rimanete sempre così belli!)
Sono questi i momenti in cui mi rendo conto di essere esattamente nel posto e nel momento in cui vorrei stare e che in fondo tutto il mio becero campanilismo ha un motivo di essere, perché, sempre in fondo, ma molto in fondo, anche questo può essere un posto bello dove crescere.

ph. Derborah Lombardi



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