Egregio Prof. Monti,
ieri – alcune ore prima che lei prendesse serenamente per i fondelli tutti i giovani disoccupati d’Italia, ho scritto un post che descriveva una situazione lavorativa che è molto più realistica di quella che vede Lei. Sarebbe stato bello se Lei, in mezzo a tutti i Suoi impegni, avesse trovato il tempo di leggere le mie parole – che poi sono le parole di tanti, di troppi italiani – perché magari Le avrebbero evitato di dire le frasi terribili che ha proferito ieri sera.
Non mi venga a dire che il posto fisso me lo devo scordare, che è bello cambiare, accettare nuove sfide e che fare il solito lavoro “a tempo indeterminato” è banale. E’curioso, poi, che lei si schieri con tanto ardore contro il lavoro fisso dato che, come notava giustamente una mia amica, si è fatto nominare sentarore A VITA. Dopo tutto, una certa continuità non è poi così male, evidentemente.
Smettiamola di adottare meccanismi che funzionano all’estero. All’estero ci sono sistemi che funzionano perché c’è una mentalità profondamente diversa dalla nostra. All’estero c’è già da molto tempo una mentalità per cui si cambia lavoro spesso. Ma le cose vengono gestite in modo profondamente diverso, è un gioco che può valere la candela. Ho già detto nel post di ieri quali sono i problemi, i problemi di una giovane donna, nello specifico. Si vada a leggere quel che ho scritto così se ne fa un’idea, non mi costringa a ripeterlo anche oggi perché mi fa male dover spiegare a Lei e ai suoi “colleghi” (quelli presenti, quelli passati e quelli futuri, s’intende) come girano le cose nel mondo reale.
Io sono prontissima a saltare da un lavoro all’altro, si figuri. Ma, per l’appunto, da UN lavoro ad un ALTRO. Non da un lavoro al niente. Sa cosa c’è, Professore? Che effettivamente io non conduco affatto una vita monotona. Solo che quello che lei chiamerebbe “dinamismo”, noi comuni mortali lo chiamo “fare i salti mortali per arrivare a fine mese”. Più dinamici di così si muore. Si muore. Da noi questa flessibilità non può esistere. Lei non lo può sapere, ovviamente, ma il mercato del lavoro in questo Paese è in mano alle agenzie interinali. Non si muove foglia che l’interinale non voglia. Ora, prendiamo il mio esempio. Ho fatto quasi sempre lo stesso genere di lavoro, per di più nei contesti più prestigiosi del mondo. Peccato che a me quell’ambiente non sia vivibile. Ogni volta che ho chiesto alle agenzie di aiutarmi a trovare lavoro in un altro settore, però, sa cosa mi sono sentita dire? Che loro vendono l’esperienza, non i miei desideri. Questo cosa comporta? Che nel momento in cui il settore in cui ho sempre lavorato va in crisi, io non ho più opportunità lavorative perché non c’è la volontà di collocarmi in un ambiente che non è quello dove sono lavorativamente cresciuta.
Questo, però, è il minimo, Professore. E’il minimo perché lavoro non ce n’è. Non c’è. Non c’è. Qui non si tratta di saltare da un lavoro all’altro, Professore. Qui si tratta di tuffarsi di testa in una piscina vuota. Il pesce puzza dalla testa, Presidente. Non pensi che noi giovani ci siamo incapricciati con il posto fisso. Sarebbe bello avere l’opportunità di poter cambiare lavoro, di provarsi in settori diversi, in ambienti diversi. Sarebbe veramente un’opportunità di crescita fantastica. Ma in Italia non si può. Mi creda, non ci siamo affatto incapricciati col posto fisso. Siamo ben oltre, Professore. Siamo alla spasmodica ricerca di un lavoro qualsiasi, con un contratto qualsiasi. Perché l’affitto lo dobbiamo comunque pagare, perché le bollette costano care. E tutto questo cerchiamo di farlo cercando di non soffermarci troppo sul fatto che non possiamo più permetterci di realizzare qualcosa che vada oltre la mera sopravvivenza. Non possiamo comprarci casa perché mille euro di mutuo sono troppi. Non possiamo avere figli perché non potremmo mantenerli. Qualche giorno fa una mia amica, anche lei iguaiata fino al collo, mi ha detto “ho dovuto rinunciare al matrimonio dei miei sogni e va bene, non ho i soldi per pagare il mutuo perché il mio compagno ha perso il lavoro e dovrò vendere la casa, ma ho paura a pensare che dovrò anche rinunciare al sogno di avere dei figli”. Le rendo noto che la discriminazione sessuale in questo Paese fa spavento, ne ho già parlato ieri. Durante uno dei miei ultimi colloqui sa che uno stimato professionista (molto famoso nell’ambiente) mi ha fatto delle avances?
Lo sa che io poi ho un problema aggiuntivo? Nonostante sia una ex malata di cancro, non ho diritto all’invalidità civile. Sfortunatamente, i disturbi dei quali sto cercando di venire a capo non hanno ancora un nome e questo farebbe sì, in un mondo ideale dove io ho ancora un lavoro, che io mi dovrei assentare spesso per le visite. In agenda ho una visita immunologica, un ecocardiogramma, una tac e una visita ematologica da qui alla fine di marzo. Sarebbero ore di permesso. Lei lo sa che genere di commenti fa il proprio capo quando si chiedono ore di permesso? Si viene minacciati. Tanto per cominciare, i datori di lavoro sono ossessionati dall’utero delle proprie dipendenti, quindi l’equazione visita medica = gravidanza è immediata. A quel punto, devo vuotare il sacco e scoprire l’origine dei miei problemi. Perché se hai un contratto a tempo e ti assenti per malattia, o sei cretina, o sei incinta (che comunque è peggio che cretina). In buona sostanza, io non posso assentarmi dal lavoro per sottopormi alle visite mediche altrimenti subisco minacce. Se però non mi assento, oltre a non capire mai qual è l’origine dei miei acciacchi, non posso neanche produrre la documentazione per un’eventuale richiesta di invalidità civile, che mi garantirebbe l’opportunità di muovermi con un po’ più di libertà.
La mia situazione è questa. E lei, dopo tutto questo, viene a parlare a ME di monotonia? Ma stiamo scherzando? Io darei più o meno qualsiasi cosa per un po’ di monotonia. E’ su tutto questo che c’è urgenza di intervenire. Perché un padre di famiglia cui non viene rinnovato il contratto non ha la possibilità di trovare subito un altro lavoro, come crede Lei. Se in Germania, nonostante la crisi, la disoccupazione è ai minimi storici non è perché i tedeschi cambiano lavoro più spesso di noi. E’perché i tedeschi hanno una testa diversa. In particolare, i politici tedeschi forse hanno una testa diversa. Quindi non ha senso adottare sistemi tedeschi se noi tedeschi non siamo.
Non offenda la gente, Professore. Non si permetta. Perché mentre lei pontifica, c’è gente non sa di preciso come farà a pagare l’affitto e il latte in polvere per i loro bambini. Moltissimi anni fa, una donna di grande potere disse con sincero candore “Oh, il popolo non ha più il pane? Allora dategli le brioches!”. Non ragioni come lei, Professore. Perché è finita che il popolo, che non aveva né pane, né brioches, le ha tagliato la testa.