Altri tre protagonisti della scena underground italiana degli anni’80 aggiungono i loro racconti alle storie precedenti: i Confusional Quartet da Bologna, i Rinf da Firenze e Giulio Tedeschi della Toast Records da Torino. Chi suonava o ha fondato un etichetta discografica ma tutti si sono distinti per avere una creatività musicale personale e le loro storie non sono finite.
Confusional Quartet
Ieri sera eravamo a suonare in un club nelle Marche. Pubblico di giovani (20/30 anni) dopo il concerto (che come al solito viviamo stile marziani catapultati attraverso un varco spazio temporale suscitando stupore e emanando energia) i ragazzi hanno ballato e cosa suonavano? Le hit degli anni ’80 che noi ballavamo da piccoli (Ramones, Blondie, ecc ecc).
Questo ci ha fatto riflettere sulla poderosa importanza del momento vissuto allora, un vero e proprio cambiamento epocale!
E’ come se noi da ragazzini avessimo ascoltato le canzonette degli anni ’30! Quindi consapevolezza della portata storica e artistica che hanno portato gli anni ’80, ma anche consapevolezza dell’ora. Anzi, nostalgia del futuro, mai fermarsi.
Michele, Rinf
Rinf Lacerba 009 cartolina promo
(Piccole riflessioni sugli anni ’80)
… Dunque gli anni ’80, sono un classe ’61, come non posso ricordare con piacere quegli anni, ma oggi a distanza di 30 anni, li ricordo più che altro per lo slancio giovanile puro istinto creativo naif, condizionato innocentemente da una certa estetica (tipica di quando si è giovani).
Oggi i miei gusti sono profondamente cambiati, oggi farei fatica ad ascoltare un disco di James White + Contorsions o qualsiasi altro gruppo No-Wave dell’epoca, per dire. Se tu mi avessi chiesto una lista di 10 dischi preferiti anche 10 anni fa, ti avrei dato una lista completamente diversa da quella che ti avrei dato oggi, tutto cambia e si trasforma.
Comunque solo il mio pensiero e approccio per le arti (musica, pittura, etc…) non è mai cambiato; che è quello dell’eterno dilettante, quindi libero di spaziare in tutte le direzioni con estrema libertà, svincolato da costrizioni, legami, dando libero sfogo alla fantasia creativa (Fa ciò che vuoi, questa è la legge, come direbbe A. Crowley).
L’arte è l’unico angolo dove l’uomo nella sua esistenza piena di vincoli e costrizioni è veramente libero. UTOPIA – ANARCHIA – FANTASIA allo stato puro.
Una libertà di fondo che solo il dilettantismo (l’hobby) può preservare da contaminazioni mercantili, mentre invece sono molto talebano e monolitico per quanto concerne le tradizioni dei costumi sociali (famiglia, lavoro, Stato, etc…).
Dopo questa precisazione, ritornando agli anni ’80, il concetto appena esposto su come dovrebbe essere lo stato ideale dell’arte; la prima metà di quegli anni è stata senz’altro quella più creativa. Dove i gruppi (restando in Italia) come i bolognesi Hi-Fi Bros, Stupid Set, Gaznevada, Great Complotto (Pordenone), CCCP, a Firenzie i primi Neon, i Pankow, o label art come la Lacerba (IDL) di Paolo Cesaretti, il Banana Moon di Bruno Casini, la Contempo Records etc… hanno dato dal punto di vista creativo e di libera fantasia la massima espressività.
Tutto è drasticamente cambiato quando i maggiori gruppi della scena underground e indipendenti è voluta passare dal dilettantismo al professionismo (farne il proprio lavoro) e quindi per forza di cose conformandosi alle leggi di mercato, snaturandosi irremediabilmente.
Va detto comunque c’erano in quel periodo anche tante porcherie e spazzatura tipo elettro pop etc… e stavano affacciandosi cambiamenti di costumi sociali come lo yuppismo, superficialità, l’edonismo e consumismo esasperato (oggi tremendamente radicato).
Mentre nella seconda metà degli anni ’80 (’85 – ’90) ho visto nell’esplosione della house-music (Chicago, Detroit e acid house inglese) lo stesso approccio creativo e dilettantinstico del Punk e del primo Post-Punk (fu’ davvero una piacevole sorpresa).
Quindi che dire, gli ’80 oggi li ricordo con distacco, gli anni della spensieratezza, ma ricordo invece con più nostalgia gli anni ’70, la mia adolescenza, i Led Zeppelin, Suzi Quatro, EL&P, Roxy Music, David Bowie, Pink Floyd ma anche Stooges, Sex Pistols e gli Area, semplicità di quegli anni, ma questa è un’altra storia.
Giulio Tedeschi
Sono nato il 10 agosto 1952. Negli anni ottanta ero un giovane uomo. Indipendente da una vita. Con famiglia e una serie di lavori più o meno gratificanti. Mi trovavo a mille miglia di distanza dalla nuova generazione che cresceva in quel periodo. L’underground l’avevo “consumato” a cavallo tra i sessanta e i settanta.Negli ottanta non feci altro che mettere in pratica quello che avevo vissuto sino a quel momento. Creare collegamenti, situazioni. Immaginare prospettive creative. In pratica, architettavo gli anni zero (anche se mi sono accorto di questo particolare molto dopo). Credo che la storia mi abbia dato ragione. Peccato che la scena italiana, invece, viveva alla giornata.
Il problema dell’underground culturale (in particolare) musicale?
L’incapacità di mettere in atto progettualità precise. L’arte è per sua natura scapigliata, ma non dovrebbe essere incosciente. Picasso, Warhol, Ginsberg (per esempio), insegnano. Si deve essere pervasi da calore creativo ma capaci di intingere l’apocalisse nel ghiaccio tritato. Comunque promuovo quegli anni e li ricordo con piacere. A loro modo fondamentali.
Grazie a Paolo C.