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El castillo, la torre yo soy, la espada que guarda el caudal… Ovvero… Di “Narcos”, Pablito e tanta roba… in tutti i sensi…

Creato il 06 settembre 2015 da Cineclan @cineclan1

Sì, perché Narcos è davvero tanta roba in tutti i sensi. Ecco, diciamo che Tony Montana è un pischello rispetto a Pablo Emilio Escobar Gaviria e leggende metropolitane vogliono che lo stesso Oliver Stone si sia ispiato a Pablito per costruire il “suo” Tony. Insomma, se sei cresciuto negli anni ’80/’90 non puoi non conoscere almeno di nome Pablo Escobar e il cartello di Medellin. Ne parlavano tutti all’epoca e hanno continuato a farlo anche dopo quel 2 dicembre 1993 quando il Re della Cocaina andò incontro al suo destino secondo il proprio motto “plata o plomo“.facebook-narcosnetflix

E attorno alle gesta del Robin Hood Paisa colombiano ruota Narcos, per la quale non ringrazieremo mai abbastanza Netflix per

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averla prodotta e averci infilato quel Pedro Pascal per il quale tanto abbiamo pianto in Game of Thrones (team Oberyn forever!).

Sì, perché Narcos destabilizza questa estate agli sgoccioli con un prodotto strano sotto molti punti di vista. Un prodotto impregnato e figlio di quel “realismo magico” che proprio in Colombia affonda le proprie radici. Quella commistione di ordinario e straordinario, reale e fantastico, vero e finto che in Narcos si fondono non solo a livello interpretativo, ma soprattutto a livello estetico e semantico grazie alla penna di José Padilha, creatore della serie, già rinnovata per una seconda stagione.

Ecco che allora si mescola ricostruzione scenica e documentario con immagini e foto di repertorio che “svelano” l’assioma fondamentale della finzione scenica. La vera foto segnaletica del vero Escobar a puntellare quella scenica di Wagner Moura. Ecco allora che il piano temporale si sfalda e si distorce in un continuo rimando

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 tra passato e presente narrativo, andando dal 1989 per poi tornare indietro al 1973 e poi al 1984. Ed ecco allora la presenza della doppia lingua, l’inglese e lo spagnolo, a contrappuntare una narrazione ambivalente e ambigua. Ecco allora che, nonostante la presenza della voce narrante, affidata al punto di vista dell’agente DEA Steve Murphy (interpretato da Boyd Holbrook), le prospettive narrative si moltiplicano e si mescolano, rendendo la parabola esistenziale di Escobar quella di “un uomo povero con molti soldi” che ha sogni troppo grandi per essere contenuti e imbrigliati. Un uomo che, nonostante fosse considerato il criminale più ricco della Storia, continuava a vestirsi come un John Done qualunque di una qualunque comuna colombiana. Ed è qui che sta la grandezza di Narcos, sta tutta nell’interpretazione straordinaria di Wagner Moura che porta sullo scherm
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o un Escobar con la pancia e un dubbio gusto per i vestiti. Un uomo capace di far esplodere un aereo in volo, provocando la morte di 107 persone, senza quasi mai alzare la voce, senza mai lasciarsi andare a slanci emotivi che potessero rivelare l’acume e il genio che si celava dietro quell’espressione paciosa e malinconica. L’uomo del popolo che costruiva case per i poveri e al contempo uccideva i poliziotti. Un uomo divenuto un santo in terra in quella commistione tra sacro e profano, tra cattolicesimo e paganesimo che pervade tutte le popolazioni del Sud del mondo. Moura ci mostra un Pablo Escobar letale e spietato, ma capace di un’umanità e di una dolcezza a tratti imbarazzanti, poiché la dicotomia tra bene e male, tra buoni e cattivi diviene labilissima in Narcos. Lo afferma anche Murphy in uno dei suoi monologhi, perché nessuno gioca secondo le regole e gli unici a pagarne le conseguenze sono gli innocenti… di entrambe le parti…

(L to R) PEDRO PASCAL and BOYD HOLBROOK star in NARCO. NARCOS S01E04

PEDRO PASCAL and BOYD HOLBROOK star in NARCOS.
NARCOS S01E04 “The Palace in Flames”

Ps. E poi provateci voi a farvi uscire dalla testa il main theme dei titoli di testa… Se ci riuscite, beh, fatemi sapere come avete fatto!


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