Mi ricordo di questo film fin dagli articoli pubblicati nel ’95. Fece notizia per tre ragioni: 1) il contenuto satanico, 2) Maria Grazia Cucinotta, bionda per l’occasione, 3) perché si poteva guardare, in una sequenza girata presumibilmente a TeleCinco, un certo Silvio Berlusconi, se non erro ritratto in una foto ai tempi della sua “scesa in campo”.
Ora, una sola preghiera, risparmiatevi i commenti cazzuti. Questo NON è un blog di politica. E il presente è un articolo solo su questo film, diretto dall’allora trentenne Álex de la Iglesia.
Poi, non so voi, ma a distanza di anni, con il fantastico potere che ci è dato dal revisionismo storico (che normalmente aborro) e dal senno di poi (misterioso artefatto), vedere certe foto, e ascoltare in sottofondo argomenti che odorano di zolfo e ciarlatanerie assortite, vedere Armando de Razza in stile Vanna Marchi, che vende fumo dalla sua trasmissione, essere imboccato dagli assistenti perché il programma continui a prendere in giro il pubblico, mentre lui ha scoperto davvero il male e vuole diffonderne la consapevolezza via etere, be’, mi sa di gigantesca, beffarda satira. Se non a quel tempo, certamente, considerati i fatti, lo è adesso.
Ma ancora un volta, siamo lontani dagli intenti: El dia de la Bestia, per una volta concordo con IMDb, è sottovalutato.
Commedia sulfurea, si dice plagio del romanzo La Luz di Tomás Cuevas, film che, esattamente come accade sul set, in cui ciarpame satanico viene mescolato a satanismo vero, non si fa scrupolo di inscenare autentici (per mezzi e svolgimento) rituali, a fini spettacolari. Qualcuno col pelo sullo stomaco, potrebbe persino rischiare di giocarsi l’anima per davvero. Non fosse solo un film. Certo, basta crederci.
Quindi, oserei dire che, si può parlare, in questo caso, di meta-satanismo. Mescolato a commedia nera e pulp. Operazione riuscita.
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Sempre in bilico tra commedia e pura cattiveria, quella che si evince e si commette da piccole meschinità. La storia, che è la parte più importante, è avvincente, almeno nell’idea: un sacerdote, padre Cura (Alex Angulo), docente di Teologia, ha scoperto che il Libro dell’Apocalisse di San Giovanni è un crittogramma, ovvero un codice che, decifrato, gli ha fornito la data della nascita dell’Anticristo, come da Sacre Scritture, l’inizio dell’Apocalisse. Il giorno è il Natale, proprio quello stesso Natale che la città di Madrid, preda di violenza e odio razziale, di bande di assassini che bruciano barboni e rapinano, trucidando, piccoli esercenti, si appresta a vivere. Il tempo a disposizione di Padre Cura per arrestare l’avvento del demonio e donare agli uomini una nuova possibilità di redenzione è scarso, un solo giorno. Per cui, egli decide di avvicinarsi a Satana, rinnegando Dio e compiendo il Male, onde scoprire, tramite contatto diretto, evocazione o mezzi equivalenti, il luogo esatto della nascita di suo Figlio e così ammazzarlo. Trama cruda, oserei dire da B-movie, specie nella convinzione, che poi diventa motivazione all’agire dei personaggi, che l’Apocalisse, che in teoria dovrebbe essere evento ineluttabile, possa essere rinviata ciclicamente, tramite l’agire di un solo uomo. A pensarci bene, dato che tutto l’impianto narrativo si fonda, esattamente come le sette sataniche, sulla mimesi e conseguente mistificazione dell’agire di Dio, in questo senso è coerente con tutto il resto.
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Come ho detto, Álex de la Iglesia non si fece scrupolo di mettere in scena rituali “autentici”, cosa che gli guadagnò, durante tutte le riprese del film, minacce da parte di sette mal disposte a che le loro pratiche occulte fossero messe alla berlina.
Non ho notizie, al contrario, di eventuali sciagure o incidenti occorsi sul set, come spesso avviene in film che trattano argomenti di questo genere. Il che rende il tutto ancora più sottilmente inquietante, a pensarci. Se tutto è ben fatto, non vedo perché protestare… Ma questo è sempre il senno di poi.
La Cucinotta appare in una piccola scena e in un piccolo ruolo, ma trattasi comunque della parte migliore del film, quella in cui Padre Cura e il suo improvvisato assistente José Maria (Santiago Segura), commesso in un negozio di musica tosta (death metal e affini), sequestrano il Professor Kavan (Armando de Razza) per obbligarlo, brutalizzandolo, a indicare loro il metodo corretto per evocare il demonio.
Sequenza davvero riuscita perché riesce a mescolare perfettamente i toni della commedia insieme a quelli del thriller sovrannaturale. Indimenticabile José Maria, impegnato a “fottere il parquet” di Kavan, incidendovi il pentacolo, rinfacciare allo stesso la sua disonestà col pubblico, costantemente irriso e ingannato durante le sue tramissioni dedicate all’occultismo. E di seguito, veder comparire prima uno scarafaggio, a smentire tutto, e poi un capro nero, che non lascia indifferenti. Di sicuro un motivo che affascina e sorprende.
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Ma si ride anche, dei funghi allucinogeni, del nonno di José Maria, strafatto di acidi, che va in giro nudo per casa, della madre che conserva il fucile a pompa nel cassetto, per incontri ravvicinati coi serial killer, dello stesso José Maria, pronto a tutto, anche a sacrificare la sua anima immortale in una sola notte, indimenticabili i siparietti del trio, lui, Padre Cura e Kavan.
Operazione apparente di de-mitizzazione, tra tutte le credenze popolari, viene preso in giro anche Nostradamus e conferenzieri assortiti. Ma strano a dirsi, perché alla fin fine il soprannaturale è ciò in cui si crede, è il caso di dire che tutto fa brodo, per ottenere il sospirato contatto col Maligno. Non che sia un film presuntuoso, a riguardo, ma un’avventura a sfondo mistico-esoterico, che prende personaggi diversi, lontanissimi dall’idea di eroe, che s’improvvisano salvatori del mondo, più per curiosità abietta che per buona volontà. Che dubitano fino all’ultimo e che sono ridicoli, a vedersi, ma fermi nel portare avanti la loro missione. Tutto alla rovescia, in questo piccolo culto dimenticato e divertente.
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