Riporto una delle tante varianti della leggenda dell’Eldorado, ovvero “El Dorado” cioè l’uomo – o indio – dorato. L’Eldorado con il passare dei secoli ha smesso di essere personaggio mitico per trasformarsi in spazio immaginario.
Il Re di Guatavita, laguna a nord di Bogotà, si innamorò di una donna della tribù vicina. Si sposarono ed ebbero una figlia, che amavano molto. Il Re però non riusciva ad essere un buon marito: tradiva, ingannava e si dimenticava di sua moglie. Un giorno durante una festa la Regina si innamorò di un giovane guerriero, che incontrava di nascosto. Il Re li sorprese, così il guerriero fu atrocemente torturato: gli tolsero il cuore ed in seguito lo impalarono. Nel frattempo la Regina veniva intrattenuta con una grande festa in suo onore, durante la quale le venne offerto il cuore di un animale selvaggio: la Regina si rese conto con orrore che esso apparteneva all’amato ed emise un agghiacciante grido di dolore.
Pallida ed in preda allo sconforto cercò sua figlia e si gettò nella laguna sacra. I sacerdoti informarono il Re di ciò che era accaduto ed il monarca si rese conto della sua stoltezza e dell’amore che lo legava alla sposa ed alla figlia: ordinò ai sacerdoti di recuperare il corpo di sua moglie, ma lo informarono che la regina viveva felice in una casa sottomarina con un serpente per amante. Poi chiese indietro il corpo di sua figlia, i sacerdoti glielo portarono ma non aveva occhi, così il padre decise di lasciarla a sua madre. Il Re inconsolabile promise alla sua sposa offerte ed attenzioni, lei divenne la Dea dell’acqua ed i sacerdoti vivevano sulle sponde della laguna in attesa della sua apparizione durante le notti di luna piena.
Il popolo dei Chibchas fece della laguna di Guatavita un luogo di culto in cui si facevano offerte di statue d’oro e smeraldi alla Dea, che in forma di serpente si manifestava a riceverle. Le offerte divennero molto numerose, al fine di lenire il dolore del Re. Con il tempo la cerimonia si modificò in atto politico-religioso che si realizzava per nominare il nuovo Zipa, Re di Bacatà ovvero l’attuale Bogotà. Nei giorni precedenti alla cerimonia i Chibchas osservavano un periodo di digiuno e astinenza in cui preparavo maschere, vesti, chicha e strumenti musicali. Accorrevano anche le popolazioni vicine: prima del sorgere del sole iniziava la processione verso il centro della laguna sacra; ad alcuni metri di distanza dalla riva il Re scendeva dalla portantina per trasferirsi sulla barca reale passando sui mantelli adornati dei guerrieri e della corte. Al centro della barca, circondato da pochi fedeli cortigiani e sacerdoti, il re lasciava cadere il suo mantello mostrando il corpo nudo completamente ricoperto di polvere d’oro, si rivolgeva verso oriente ed attendeva il sorgere del sole pregando. Non appena il sole raggiungeva con i suoi raggi il pelo dell’acqua il Re lanciava un grido di gioia e tirava nell’acqua gli oggetti d’oro e smeraldo, in seguito si immergeva nelle acque sacre, lasciando sulla superficie una grande chiazza di polvere d’oro…