El Pocho
Ezequiel Ivan Lavezzi, nome in codice Pocho è nato 28 anni fa, il 3 maggio 1985 a Villa Gobernador Galvez, in Argentina. Il soprannome glielo affibbiano il fratello ed un amico perché era rompiscatole come il suo cagnolino morto da poco, a cui era affezionato.
A 12 anni gioca nel Coronel Aguirre, dove resta per circa tre anni. Il piccolo Ezequiel mostra già un temperamento sanguigno e smette di giocare, si prende una pausa, forse influenzato dalla madre che preferisce che studi, o al massimo vada a lavorare per aiutare la famiglia, piuttosto che dedicarsi così intensamente al calcio. Nonostante i “consigli” materni, si lascia convincere dai dirigenti dell’Aguirre e giocherà una partita di fronte agli occhi esperti di svariati osservatori di club europei. Il suo talento cristallino attira le attenzioni dei vari “cacciatori di talenti”, ma alla fine prevalgono gli interessi della Fermana, sembra tutto fatto per iniziare l’avventura in Europa, ma problemi burocratici legati al suo passaporto da extracomunitario ne impediscono l’ingaggio. Torna in patria nelle giovanili del Boca Juniors, ma il Pocho non si ambienta e decide di abbandonare il calcio per la seconda volta. Torna nella sua città e inizia a fare l’elettricista con suo fratello. La buona sorte, però, sembra non abbandonare Ezequiel che, dopo soli tre mesi, incontrerà due procuratori Rossetto e Mazzoni, che lo convinceranno a tornare sul campo e fare un provino con l’Estudiantes di Buenos Aires. Ovviamente verrà ingaggiato e Mazzoni ancora oggi è il suo procuratore, che dire? C’aveva visto bene e soprattutto mi chiedo, il Pocho avrà mai ringraziato abbastanza i dirigenti che hanno sempre creduto in lui? Nell’Estudiantes gioca soltanto 5 partite nella Primavera, a 17 anni i dirigenti della squadra lo catapultano in prima squadra, nonostante il suo metro e 73.
Nel 2004, terminato il campionato della terza serie in cui milita, Lavezzi è di nuovo nel mirino delle squadre italiane, di una in particolare, il Genoa. Il Grifone acquista il cartellino per 1 milione di euro ma, essendo ancora in Serie B, lo lascia in prestito al San Lorenzo per un anno. Disputa un buon campionato, d’altronde la classe e il carattere non mancano al tatuato attaccante argentino e sembra pronto per la Serie A che il Genoa si è appena guadagnato. In Italia farà reparto con i connazionali Diego Milito, Principe indiscusso e Lucas Rimoldi. L’esperienza rossoblu dura il tempo della preparazione, la squadra rimane coinvolta in una brutta storia e retrocede in C1. Il Pocho non ci sta e fortunatamente per lui il club lo accontenta e lo cede al San Lorenzo, con cui vince il Clausura e arriva ai quarti di finale della Coppa Sudamericana.
Dopo due anni di successi di nuovo le sirene italiane. Nonostante i precedenti siano andati male, Lavezzi decide di riprovare l’avventura italiana, questa volta sponda Napoli. È il 2007, nella città partenopea c’è grande entusiasmo per il ritorno in A, Reja ha compiuto un mezzo miracolo, probabilmente senza l’intercessione di S. Gennaro, ma gli Azzurri sono di nuovo nel Campionato che gli spetta. De Laurentis paga 6 milioni per il Pocho, il contratto di 5 anni mostra che la dirigenza crede in lui, i giornalisti ne parlano un gran bene, ovviamente il paragone con Maradona da parte di qualche giornalista sensazionalista c’è, la piazza vuole sognare e Lavezzi si mostra sicuro, “giocherà con la maglia numero 7…”. Il primo anno all’ombra del Vesuvio si conclude bene: i goals non sono tanti, ma il Pocho è un generoso, un fantasista, una seconda punta pronta a rifinire assist per i compagni, lascia che siano gli altri a spingere in rete i “palloni facili”. Nonostante la sua generosità siglerà anche qualche rete, 8 in Campionato, mai banali, come nel suo stile, calcisticamente parlando, non nei tatuaggi numerosi e, a mio avviso, non sempre di buongusto.
Se nel precampionato sembrava azzardato dire che Napoli aveva trovato una stella, un nuovo trascinatore alla Maradona, a fine anno con la conquista dell’Intertoto, la sua velocità e i dribbling secchi, lo avvicinano sempre più alla leggenda vivente del Napoli. A Lavezzi sembra non pesare il peso dell’eredità di Maradona. Per il Times è uno dei giovani più forti nel panorama mondiale, per gli ultras del Napoli la reincarnazione di Masaniello quando ha segnato al S. Paolo contro la Juventus, contribuendo in maniera decisiva a battere la vecchia signora dopo anni di digiuno. Con Reja ha un buon rapporto, ma quando l’allenatore del riscatto del Napoli lascerà posto a Mazzarri, Lavezzi continuerà a giocare sempre ad alti livelli, con sicurezza, velocità, fantasia; tutte doti che, ad una prima occhiata, sinceramente non darei considerata la sua andatura un po’ ondeggiante, lo sguardo sempre cupo e la testa bassa, ma in realtà è solo apparenza, in campo dà tutto, offre giocate ad effetto in attacco a grandi recuperi fino all’area di rigore, un vero maratoneta. Unisce determinati pregi che di solito si evidenziano per gli attaccanti della “vecchia scuola”, con quelli dei più attuali calciatori moderni, dotati di grande fisicità, magari nel caso di Lavezzi non per l’altezza, ma certamente per la sua mole, le spalle larghe per farsi rispettare e resistere ai colpi dei difensori. Con i compagni di squadra si intende a meraviglia con tutti, Hamsik, Quagliarella, per lui non c’è alcun problema, leader in campo e nello spogliatoio, la sua stella non viene offuscata nemmeno nel 2010 con l’arrivo di Cavani, a cui cede la sua numero 7, da quella stagione in poi indosserà la 22. Con Mazzarri si ritrova a giocare trequartista insieme ad Hamsik, il suo compito è quello di permettere al Matador di “buttarla dentro” e lo fa egregiamente. Il suo contributo è fondamentale per permettere al Napoli di qualificarsi per la Champions League.
L’anno successivo proprio nella massima competizione europea si toglie la soddisfazione di segnare una doppietta al Chelsea, solo la sfortuna negherà ad un bel Napoli di superare il turno. Il 2012 è l’anno dell’addio al Napoli, per il Pocho suonano le sirene degli arabi del Paris Saint Germain, determinato a fare terra bruciata delle rivali non solo nel Campionato nazionale, ma anche in Europa. Lavezzi lascerà Napoli dopo 5 stagioni vissute da protagonista e dense di soddisfazioni, il 20 maggio l’ultimo regalo ai tifosi: la vittoria della Coppa Italia ai danni della Juventus. Nelle interviste Lavezzi, che nella sua carriera ha cambiato spesso casacca, anche in questo è un giocatore “moderno”, ha sempre detto che tra lui e Napoli c’è stato un vero colpo di fulmine, è orgoglioso di aver riportato in alto la squadra e onorato per essere stato scelto da De Laurentis. Probabilmente in termini di affetto il Napoli è stata la squadra che più di ogni altra gli ha regalato forti emozioni, anzi amore da parte dei tifosi. Ora a Parigi sta bene, ha fatto una scelta di vita diversa, anche più tranquilla perché a volte si è lamentato della mancanza di “normalità” a Napoli, rispetto alla capitale francese, ma è il prezzo che si paga per essere il “re” di una delle piazze più calde del calcio italiano, ne sa qualcosa Totti.
Per il suo compleanno possiamo augurargli di raggiungere altri trofei importanti, di vincere anche con la Nazionale, magari non in finale contro l’Italia e affiancare al bronzo vinto con l’Under 20 nel 2005 e l’oro Olimpico di Pechino del 2008 qualche altra medaglia.