El Salvador: è tregua tra governo e pandillas

Creato il 02 aprile 2012 da Eldorado

Si può negoziare la giustizia? Nel Salvador sembra di sì. Quindici omicidi al giorno, una media che raggiungeva quelle da zona di guerra, il triste primato di una società marcata dalla violenza e dalla presenza della criminalità in ogni ambito. Al secondo posto nel mondo, dietro l’Honduras, nella percentuale omicidi-abitanti (68 ogni 100.000), El Salvador ha conosciuto in marzo una flessione del 40% degli atti criminali.

Da più parti si è parlato di una tregua, di un accordo segreto raggiunto dal governo con i capi delle maras, le temibili bande che tengono in ostaggio i quartieri periferici e disagiati delle città salvadoregne. I segnali ci sono tutti. All’inizio di marzo, infatti, i leader delle principali bande (la Mara Salvatrucha e la Barrio 18) sono stati trasferiti dalle prigioni di massima sicurezza a recinti carcerari dove le regole sono più blande: possono ricevere visite famigliari, parlare con i giornalisti, partecipare alle messe e godere dei diritti dei più. Oltre alla diminuzione dei crimini, si è fatto registrare anche un avvicinamento tra le due bande rivali. Questo ultimo avvenimento ha però un artefice, monsignor Fabio Colindres, che non ha avuto problemi nel dichiarare che negli ultimi mesi ha lavorato nelle prigioni per ottenere un migliore trattamento per i reclusi a cambio di un segnale di distensione dai capi delle pandillas. L’opera ha dato dei risultati inaspettati, come il pentimento pubblico di Dionisio Umanzor, El Sirra, capo della Mara Salvatrucha che ha chiesto pubblicamente perdono ¨per aver peccato contro Dio ed il Paese¨.

Il vescovo Colindres crede che la via da seguire sia quella del dialogo, a differenza del presidente Mauricio Funes che insiste nel negare che vi sia stato un negoziato o un accordo tra le autorità governative e i mareros.  Anzi, imputa la diminuzione dei crimini alla sua scelta di usare le maniere forti, una strategia che ora starebbe dando i risultati attesi. Funes, di fatto, ha voluto nei posti responsabili della sicurezza, due funzionari dalla fama di duri, il Ministro di giustizia –il generale David Munguía Payés-  ed il direttore della Policia Nacional, Francisco Salinas. I 30 anni di carcere duro comminati a Umanzor avrebbero insomma convinto i capi mareros a più quieti consigli.

Il dibattito è aperto e si è già diffuso a tutto il Centroamerica. In Honduras la recente rivolta carceraria fa pensare ad una richiesta esplicita delle bande locali a ricevere lo stesso trattamento dei loro colleghi salvadoregni.  Qui da tre giorni non si può entrare nel carcere di San Pedro Sula dove, dopo la strage di venerdì che ha provocato 13 morti, le installazioni sono in mano ai mareros.

Intanto, non mancano le analisi sociologiche e le critiche al sistema di causa-effetto usato per ottenere la tregua. Senza un programma di prevenzione, senza risposte chiare da parte del governo ed interventi nel sociale, la tregua rimarrà appunto solo un avvenimento temporaneo in attesa della prossima escalation del crimine.


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