El Salvador: la crisi nei poteri della Repubblica agita vecchi fantasmi

Creato il 27 luglio 2012 da Eldorado

Il presidente salvadoregno, Mauricio Funes, ha iniziato questa settimana la discussione con i rappresentanti dei partiti politici locali per risolvere la grave crisi istituzionale che da aprile mantiene El Salvador in bilico. La situazione, complessa, ha già attirato l’attenzione degli organismi internazionali, che hanno sollecitato una pronta risoluzione del conflitto che mantiene da mesi bloccata la vita politica ed istituzionale del paese.
I fatti. La crisi affonda le sue radici nelle elezioni legislative del passato 11 marzo, quando l’FMLN (Frente Farabundo Martí para la Liberación Nacional) a cui appartiene l’attuale presidente perdeva la maggioranza nel Congresso a scapito del partito conservatore Arena (Alianza Republicana Nacionalista). Fin qui tutto normale. Ma negli ultimi giorni della legislatura, l’FMLN decideva di procedere all’elezione di cinque magistrati della Corte Suprema ed al nuovo presidente del potere giudiziario, soprassedendo sul fatto che lo stesso Congresso aveva già designato nel 2009 la propria quota di magistrati. La nuova maggioranza si è trovata quindi inabilitata dal decidere per i prossimi tre anni chi potrà sedere tra gli scranni del tribunale supremo.
A sbrigliare la situazione è stata chiamata la Corte costituzionale che, nella sentenza dello scorso 5 giugno, non solo è stata enfatica nel ribadire l’abuso di potere e nel dichiarare nulle le cariche derivate dalla votazione di marzo, ma è andata più lontano, ricordando come nel 2006 proprio Arena, allora partito di maggioranza, giocò lo stesso tiro mancino alla minoranza. Tutto da rifare, quindi: sia per i magistrati eletti nel 2006 che per quelli nominati fuori tempo massimo il marzo passato.
La sentenza, che avrebbe dovuto mettere la parola fine a tutta la vicenda, non solo non è stata accolta, ma è sta invece appellata con un colpo a sorpresa: una denuncia alla Corte Centroamericana di giustizia. Da Managua, dove il tribunale ha sede, è giunto l’ordine di sospendere la decisione della Corte costituzionale salvadoregna, creando un nuovo caso, che si basa sulla giurisdizione e le competenze di un organo esteriore, che non può smentire quanto decretato dalla Corte costituzionale di una nazione sovrana ed indipendente.
La situazione è ingarbugliatissima. Arena e Frente Farabundo Martí, acerrimi nemici per anni durante la guerra civile, erano riusciti a trovare dal 1992, anno in cui venne firmato il trattato di pace, una difficile ma possibile convivenza all’interno dell’ordine democratico. Arena, partito dell’oligarchia e della destra conservatrice, è riuscito a mantenere il controllo del Congresso e l’elezione del Presidente della repubblica fino al 2009, quando il Frente riuscì infine a fare eleggere Mauricio Funes, suo rappresentante moderato, alla più alta carica dello Stato e a controllare, appunto fino allo scorso marzo, la maggioranza nel Congresso. L’impasse istituzionale di oggi ha riacceso le tensioni e le minacce da parte dei gruppi più radicali di tornare ai giorni bui del conflitto.
El Salvador si trova ora nella paradossale situazione di possedere una doppia Corte Suprema, una composta dai magistrati destituiti e l’altra da quelli supplenti, mentre più di tremila casi sono bloccati. Una situazione che rende il Paese non eleggibile per il secondo esborso dell’iniziativa della Cuenta del Milenio, fondo elargito dal Congresso statunitense per lo sviluppo dei paesi latinoamericani. Negli Usa, sia il democratico Robert Menéndez che il repubblicano Marco Rubio, in un comunicato congiunto, hanno chiesto il congelamento del pagamento.
Funes, intanto, getta acqua sul fuoco, assicurando che la soluzione si troverà  presto. Non la vedono così i suoi avversari, a cominciare dall’agguerrita Confindustria che lo ha tacciato di golpista per tollerare l’occupazione della Corte Suprema da parte dei simpatizzanti del Frente, occupazione dietro la quale starebbe una chiara volontà di non riconoscere la Corte costituzionale e di perseguire il controllo assoluto dei poteri dello Stato.


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