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ELCIF: Parallel lines

Creato il 08 novembre 2010 da Okamis

ELCIF: Parallel lines

D’accordo, odiatemi.

Sono infatti costretto a posticipare di un’altra settimana lo speciale a puntate dedicato al cinema indie italiano (l’ultima, lo prometto). La ragione è semplicemente che dopo l’esperienza di sabato scorso sul set di R.O.A.C.H. ho deciso di permettere a Valentina Paggiarin e Giacomo Talamini degli Hive Division (anche loro presenti alle riprese) di poter eventualmente aggiungere qualche riflessione a quanto già detto durante il nostro ultimo incontro, visti anche i parecchi mesi passati da allora.

Come farmi perdonare, allora?

Semplice: proponendo ben cinque corti al prezzo di uno.

In verità le pellicole di questa settimana non sono recentissime e forse qualcuno le conosce già (soprattutto una, visto che si vocifera già di un suo passaggio al mondo dei lungometraggi). Sto parlando dei cinque cortometraggi facenti parte del progetto Parallel lines, sponsorizzato dalla Philips e che ha visto nientepopodimeno che Ridley “ioifilmstoricinonlisopropriofare” Scott in qualità di madrina (perché si sa: di padrino ne esiste uno solo). Dove sta la particolarità dei suddetti corti, così come di quelli che hanno partecipato al successivo e omonimo concorso? Semplice. La presenza delle stesse identiche battute, rielaborate però da ogni regista in maniera personale.

What is that?
It’s a unicorn
Never seen one up close before
Beautiful
Get away, get away
I’m sorry

Il risultato dal punto di vista qualitativo è a dire il vero un po’ altalenante. A fronte infatti di tre film molto buoni (ma nessuno ottimo), i restanti due sono un po’ delle mezze chiaviche, soprattutto considerando che qui si parla di professionisti del settore. Sarà che bazzicando spesso sul sito della CG Society mi sono ormai abituato a standard parecchio alti, ma fa specie trovarsi di fronte a robaccia come The hunt e Jun and the hidden skies, anche se poi la ragione di ciò è facilmente intuibile: tutti i registi coinvolti fanno parte della RSA, ovvero la casa di produzione di zio Scott, giusto a dimostrazione che la “sindrome dell’amiketto” non è un lusso tutto italiano. Quando si dice che tutto il mondo è paese…

Jun and the hidden skies, di Hi-Sim

Parto proprio dal peggiore dei cinque, ovvero un anonimo filmetto d’animazione dalla qualità tecnica a dir poco scarsa, una robaccia quasi inguardabile e che sembra uscire fuori dai “gloriosi” anni della Dreamcast. Unico lato positivo? La presenza di un coniglietto (disegnato però alla cazzo di cane) che farà forse la felicità del buon Duca.

The hunt, di Jake Scott

Anche il secondo corto è una mezza chiavica. The hunt è il classico compitino da primo della classe: tanto pulito quanto anonimo. Qui il regista, che pure viene dal mondo dei videoclip e quindi dovrebbe essere abituato alla formula del cortometraggio, nemmeno si è sforzato di creare una storia un minimo originale. E questo si nota soprattutto nell’utilizzo del dialogo, per metà fuori luogo. Insomma, sei un cacciatore che trova un unicorno e te ne salti fuori con un “never seen one up close before”? WTFH!

Dark Room, di Johnny Hardstaff

E qui finalmente la storia cambia. Dark Room è forse il più ambizioso tra le cinque “linee parallele”, oltre che il più denso di citazioni (Matrix e Blade Runner su tutte), ma è anche quello che sfrutta il dialogo in maniera più furbetta. Però, dai, per questa volta si può chiudere un occhio. L’importante è tenere l’altro fisso sul sedere dell’attrice ^_^

The gift, di Carl Erik Rinsch

Accennavo prima a un corto in odore di “promozione” alla classe dei lungometraggi. Eccolo. Che poi ci sarebbe sempre molto da dire su questa moda di “allungare i corti”, come se si trattasse di un onore. Senza contare che il corto di Rinsch basa buona parte del suo fascino su un trucco vecchio quanto il cinema, ovvero il McGuffin di Hitchcockiana memoria. Qui la situazione è grosso modo la medesima di quella descritta nella recensione di Monsters: realizzazione tecnica pressoché impeccabile ma per nulla supportata da una trama degna di questo nome.

El secreto de Mateo, di Greg Fay

E arriviamo infine al vincitore di questa mia personale classifica. Il corto di Fay è infatti sì il meno spettacolare sotto il piano visivo, ma è anche quello che meglio di tutti sfrutta con intelligenza il dialogo, oltre a godere di una trama forse non originalissima, ma ben strutturata nel suo spazio ristretto. Detto in altri termini, <i>El secreto del Mateo</i> è probabilmente l’unica tra queste cinque opere che sarebbe in grado di sopravvivere anche se privato di ogni riferimento al progetto Parallel Lines.

È tutto?

Quasi. Perché questa, dopotutto, rimane una rubrica dedicata all’universo indie e non agli amiketti di Ridley “tisbrighiagirareilprequeldialien?” Scott. Ecco quindi il corto vincitore del concorso di cui sopra: Porcelain unicorn di Keegan Wilcox.

Oh, sarò che Wilcox ha realizzato questo corto spinto da motivazioni maggiori del semplice “vabbé, me lo ordinato il mio capo”, sarà che magari una storia simile ce l’aveva già in mente, sarà che c’è Giove in Urano, sarà quello che volete… però, cazzo, questo corto fa il culo a strisce agli amiketti dello zio.


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