Di tutti gli spot preferisco quelli di candidati locali, quelli meno abituati alle telecamere, che abbozzano dei sorrisi poco convincenti e mostrano mani con il pollice alzato (tudo bem!). Lo spot piú tenero é in assoluto quello del partito comunista, che inizia sulle note dell´Internazionale e - con vero sprezzo di ogni anacronismo - parla di sfruttamento capitalistico e di borghesia parassitica (la rivoluzione appare solo in forma metaforica). I due candidati sembranno appena usciti dalla formalina, grigi e tristi come un manifesto sovietico sbiadito. In sovraimpressione una falce e martello formato famiglia. Lo spot sfuma di nuovo sulle note dell´Internazionale.
Lula é onnipresente, benché non possa ricandidarsi di nuovo. Se potesse, sarebbe rieletto in un microsecondo. Sembra essere riuscito a far contenti ricchi e poveri, destrorsi e sinistrorsi. La Dilma, la sua delfina, fa tutta la campagna elettorale nel segno della continuitá di governo e non si stacca di un millimetro dalla politica di Lula. Sembra pagare a livello di consensi perché da giugno - mese in cui era un punto sotto al suo opponente Serra - ad agosto ha preso dieci punti di vantaggio, con un divario che si fa piú grande ogni giorno di piú.
Nonostante la corruzione cronica e i disservizio del settore pubblico, a guardare la campagna elettorale brasiliana si ha l´impressione che la gente creda ancora nella politica e che abbia una genuina fiducia nel futuro. Sono contento per loro e anche molto invidioso.
Res Publica