Oggi sono da sola in redazione.
A quest’ora i risultati delle elezioni sono ufficiali: il mio collega ha vinto, mentre io ho la lieta prospettiva di fare anche il suo lavoro per i prossimi cinque anni.
Bah, on verra.
Per il momento, approfitto della calma irreale di questo pomeriggio per ascoltare a nastro il nuovo brano che proveremo stasera e che – maledizione a me – non ho preparato.
Fortuna sono solo due accordi – anzi, tre, se consideriamo quel B minore nell’intro.
Poi se riuscirò a scoprire perché il bassista in questo pezzo si ostina a mettere un sol in battere (da un quarto, neanche en passant) su un accordo di D maggiore, potrò dire di aver capito tutto della vita.

Di pomeriggio la redazione è chiusa al pubblico, eppure c’è sempre qualcuno che citofona: collaboratori, lettori, gente in cerca di informazioni.
Anche adesso qualcuno ha suonato.
Mi affaccio alla finestra per vedere la faccia dello scocciatore, ma non c’è anima viva.
Sento solo dei passi, sembra qualcuno che sta correndo; guardo a destra, nella via deserta: c’è uno scricciolo d’uomo, un bimbo di colore – avrà cinque anni al massimo – che si allontana correndo.
Pensavo non esistessero più i bambini che suonano i campanelli :-)
