(…) Bé, non puoi ascoltarlo, Mahler, certe volte. Quando decide di darti uno scrollone, non lo ferma nessuno. Alla fine piangevamo tutti. (…)
(…) Ora eravamo paralizzati dall’infinita vulnerabilità dell’adagio di Mahler, da quella semplicità che non è artificio, che non è strategia, che si distende – si ha quasi l’impressione – col passo raccolto della vita e con tutta la riluttanza della vita a terminare… Ora eravamo paralizzati da quella squisita giustapposizione di grandezza e intimità che inizia nella calma, sonora, misurata intensità degli archi e poi si alza a ondate attraverso il massiccio falso finale che porta a quello vero, prolungato, monumentale… Ora eravamo paralizzati dal gonfiarsi, dall’ascendere, dal raggiungere l’acme e dallo spegnersi di un’orgia elegiaca che scorre e scorre e scorre con un ritmo deciso e immutabile, a tratti cedendoti il passo, a tratti tornando come una pena o una nostalgia che non vuole sparire… (…)
P. Roth, La macchia umana
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L’adagio di cui si parla qui è il Finale della Terza Sinfonia: Langsam. Ruhevoll. Empfunden (potete ascoltarlo qui). Non si tratta della mia pagina preferita del compositore boemo: ho scelto di citare questo stralcio per la bella descrizione di Roth, in verità accostabile al risultato sonoro di molte composizioni mahleriane, specialmente gli adagi.
Di Mahler, piuttosto, amo molto i lieder per voce e orchestra, tra tutti Das Lied von der Erde (del quale potete ascoltare qui Der Einsame im Herbst e Der Abschied di Bernstein/Ludwig/Kollo).
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