Da tempo, ormai, si parla di “internet of things”, internet degli oggetti oppure di smart home, case intelligenti: ma di cosa si tratta? E quali cambiamenti comporta per la nostra vita e per la nostra privacy?
L’esempio forse più conosciuto è quello del frigorifero intelligente, in grado di capire gli alimenti che contiene e di suggerirci sia cosa possiamo cucinare sia cosa sarebbe opportuno comprare quando passiamo al supermercato o all’alimentari sotto casa. O magari potrebbe essere direttamente il frigorifero a ordinarli al supermercato, lasciandoci solo l’incombenza di passare a prendere la spesa. L’internet of things potrebbe permetterci di controllare da remoto altri elettrodomestici e nuove funzioni delle nostre case. Si tratta di un mercato ancora agli inizi ma la previsioni indicano che la crescita sarà esponenziale.
Una delle tecnologie che consente di mettere in comunicazione oggetti è la tecnologia RFID (Radio Frequency Identification): i chip RFID sono sempre più utilizzati per etichettare e gestire le merci nei negozi e nei magazzini, per esempio. La normativa in materia di RFID non è ancora definita, anche se l’Unione Europea si è mossa, chiedendo linee guida e standard tecnici: l’obiettivo è difendere la privacy dei consumatori, rendendo esplicite le informazioni che potranno essere condivise.
Un’azienda che si occupa di sicurezza, Fortinet, nella scorsa primavera ha commissionato un sondaggio internazionale a GMI per capire il punto di vista dei potenziali consumatori sulle case e gli elettrodomestici connessi. Gli italiani, in linea con le risposte degli intervistati di altre nazionalità, hanno espresso forti dubbi sulla sicurezza e sulla privacy, in particolare per il rischio di divulgazione dei dati personali (55%). Il 62% dei nostri connazionali non vuole che i propri dati siano raccolti a loro insaputa dall’elettrodomestico intelligente e condivise con terzi (magari per l’invio di pubblicità o per la profilazione del consumatore).