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Le elezioni del 24 e 25 febbraio sono state un trionfo, dal punto di vista terapeutico. Abbiamo finalmente un'occasione per ridare all'Italia il principio di realtà, una comprensione dello stato di fatto che prescinda dai miti.
La prima buona notizia è che Silvio Berlusconi, pur compiendo un miracolo che neanche Santa Rita, per un pelo non ha vinto le elezioni. Neanche al Senato, dove questo infortunio è stato evitato a tarda notte, col cambiamento del risultato in Piemonte. Il perché di questa felicità è presto detto. Berlusconi è, per molta gente, ciò che Satana è per i credenti: qualcuno cui attribuire sbrigativamente ogni male. La mentalità scientifica cerca di interpretare la catena causale, la mentalità mitologica invece non se ne cura, per essa è pienamente soddisfacente la spiegazione magica. L'Italia era in un mare di guai per colpa di Berlusconi, che ha portato l'Italia sul bordo del baratro, secondo il mythos, e se nel baratro fosse poi ricaduta, dopo le elezioni, sarebbe stata indubbiamente colpa sua e solo sua. Con la sua sconfitta, invece, mancherà il capro espiatorio e la mentalità scientifica avrà la sua rivincita.
Berlusconi di questo deve ringraziare soprattutto i responsabili del Pdl a Parma (Buzzi, Gambarini...) che, per le note vicende del Pdl parmense, ha trascinato il partito emiliano al 16,3%, un record negativo a livello nazionale che ha contribuito in modo determinante al risultato finale.
Fra l'altro, se Berlusconi avesse vinto, tutti gli avrebbero rimproverato di non avere mantenuto le promesse, di non avere rilanciato l'Italia, di non avere aggredito il debito pubblico, di non avere mantenuto basso lo spread con i titoli tedeschi, di avere provocato frane in Calabria e alluvioni nel Polesine. Con la sua sconfitta invece l'Italia degli intellettuali e delle anime belle si troverà a confrontarsi senza schermi con la realtà prosaica e obiettiva.
Bisogna poi congratularsi con Berlusconi perché, mentre tutti lo davano per morto e lo stesso Alfano sembrava l'ultimo giapponese armato di fionda in fondo alla foresta, ha pareggiato al Senato con i seggi e alla Camera con i voti. Ciò significa che il centrodestra sarà ancora in grado di opporsi con tutte le sue forze agli eventuali provvedimenti liberticidi di una sinistra ebbra di sogni fiscali e giustizialisti. Chapeau.
E poi, come non essere felici dello sgonfiarsi del pallone Mario Monti? Tanta prosopopea per riuscire ad entrare alla Camera per mezzo punto e per avere in Senato appena 18 senatori! Colui che avrebbe accettato con degnazione di essere il Presidente del Consiglio sostenuto da un umile Pd al servizio del suo straripante "io" si ritrova a capo di un partito senza peso politico: prova ne sia che non è sufficiente nemmeno come portatore d'acqua del Pd. Inoltre sarà odiato dai suoi sostenitori, i donatori di sangue, che non hanno guadagnato nulla, dalla loro fedeltà canina. Casini si è slogato il braccio, a forza di agitare il flabello, e se ora entra in Parlamento, dopo un risultato inferiore al due per cento, è in quanto "miglior perdente". Mentre il peggior perdente è incontestabilmente Gianfranco Fini, il quale ha commesso lo stesso errore di Erostrato. Come quello ha confuso la grandezza di chi aveva edificato il tempio di Artemide con la grandezza di chi sarebbe riuscito a distruggerlo appiccando un incendio, così Fini ha creduto di essere all'altezza di Berlusconi appiccando il fuoco al suo partito. Come risultato lui, presidente della Camera malgrado ogni casa di Montecarlo ed ogni solenne promessa di dimissioni, ora Montecitorio lo vedrà in televisione, come noi tutti. E che questa fine del traditore fosse inevitabile, perfino in questa sede è stato predetto tante di quelle volte, da aver quasi vergogna a ricordarlo. Quando si dimentica la realtà, la realtà si vendica. E a Fini sarà ancora andata bene: Erostrato fu condannato a morte.
Ingroia è fuori dal Parlamento, ma un successo glielo attribuiamo: ci ha liberati da Di Pietro. Dio gliene renda merito. Gli elettori hanno ben visto di che pasta sono fatti i pm. Questi magistrati, campioni imperfetti di imparzialità, pensavano di cavalcare lo scontento degli italiani promettendo di metterne in galera la metà, ma il progetto miserello è naufragato nell'urto con quello grandioso di Grillo: non punire qualcuno ma buttare all'aria l'intero sistema.
Bersani, previsto vincitore e ora vincitore reale, all'idea che avrebbe avuto il timone, è stato oggetto di simpatia e commiserazione per molti mesi. E ora quella simpatia e quella commiserazione non possono che essere riconfermate. Ha guidato un partito sbiadito e lui stesso alla fine è apparso un giaguaro smacchiato e spelacchiato. Un'immagine incerta nella nebbia, sulle cui spalle è ricaduto un peso che avrebbe fatto barcollare Ercole. Auguri, comunque, anche perché abita nello stesso Paese in cui abitiamo tutti noi.
Si diceva prima della tendenza italiana ai miti. La demonizzazione di Berlusconi sembra essere immortale ma ora sarà in sordina. Viceversa è in frantumi un secondo mito, che pareva invincibile: quello del governo dei tecnici. Lo si è visto all'opera e ora speriamo che non se ne parli più. Con Grillo rimaneva - e rimane - il mito degli onesti, dei "nuovi", dei rivoluzionari tanto entusiasti quanto semplicisti. E finalmente sono in Parlamento. Finalmente hanno addirittura il primo partito alla Camera: e dunque li vedremo all'azione. Faranno dei danni, naturalmente. Ad andar bene, si limiteranno ad impedire la governabilità e Dio sa che cos'altro potrebbero fare: ma se ci liberassero per qualche tempo dell'illusione che l'infermiere sia più bravo del chirurgo, per operare, gliene saremmo grati. L'Italia ha un disperato bisogno di senso della realtà. Il successo di Grillo sarà educativo per tutti. Per i "grillini", certo, ma soprattutto per gli italiani che li hanno votati.
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