Alberto Zuccato per Il Gazzettino di Padova
Tra meno di un mese si terrà l’elezione del nuovo presidente nazionale della Federazione rugby, di colui cioè che prenderà il posto di Giancarlo Dondi, che ha rinunciato a ricandidarsi. Del consiglio direttivo uscente della Fir fa parte anche Andrea Rinaldo, ex giocatore ed ex presidente del Petrarca. Che parte da una premessa: «Di Dondi non posso parlare che bene. Lo conosco da trent’anni, da quando era dirigente accompagnatore della nazionale. In ambito internazionale è molto rispettato, ha peso, e dal mio punto di vista è un
personaggio geniale, perché ha saputo vendere il prodotto “Nazionale” come meglio non si
sarebbe potuto e il bilancio della Fir ha continuato a crescere, dando un contributo incredibile allo sviluppo del rugby italiano».
Non tutti la pensano come lei. In particolare qui nel Veneto.
«Le accuse che gli vengono rivolte sono quasi sempre capziose, e in particolare reputo
sbagliato, per non dire fallimentare, l’atteggiamento di Treviso. Quando è stato deciso di
formare due franchigie che partecipassero alla Celtic League, Dondi è stato molto chiaro: il
loro scopo principale era quello di fare crescere e migliorare i giocatori della nazionale. Treviso, che inizialmente era stata esclusa, ma che poi è stata riammessa anche con il mio
voto, non ha mai avuto lo spirito giusto e ha sempre tenuto un atteggiamento negativo».
Forse per timore di questo, inizialmente era stata esclusa a favore di una franchigia di
Roma.
«So solo che come titoli sportivi e come capacità organizzative e anche economiche, Treviso era ed è la migliore società d’Italia. Su questo non c’è dubbio».
Treviso ha candidato il proprio presidente, Amerino Zatta, alla presidenza nazionale.
«È una persona che stimo; ho lavorato con lui quando è stato capo della Lire, la Lega delle
società di eccellenza, ma devo dire che ritengo più adatto Alfredo Gavazzi, che è il candidato proposto da Dondi e che ha già una vasta esperienza come dirigente di Federazione. E poi il Veneto è sì la regione più forte come movimento e come risultati, ma a livello politico non ha un grande peso. Gavazzi diventerà presidente senza troppi problemi. Mi auguro solo – a prescindere da chi vincerà le elezioni – che dopo ci sia collaborazione, che finisca questa guerra assurda che c’è stata con Dondi».
L’accusa più frequente che viene rivolta all’attuale Fir è di avere affossato il campionato
di Eccellenza.
«Non condivido neanche questo. Se andiamo a guardare il reale interesse che c’era attorno al campionato prima del varo delle due squadre di Celtic, ci accorgiamo che era minimo. Troppe spese e pochi introiti. Era inevitabile che anche nel rugby si arrivasse al professionismo e questo ha fatto lievitare i costi dei club in maniera esponenziale. I costi, ma non certo le entrate. Giusto ridimensionare, tornare a quella che è la realtà. Una società di Eccellenza dovrebbe avere un bilancio di 2-300 mila euro, non di più. Perché di più, tra incassi e sponsor, non ne entrano».
Quel professionismo che lei, a suo tempo, definì “straccione”.
«Lo confermo. La nascita delle due franchigie non ha fatto migliorare di molto le cose:
rimane un professionismo straccione. Ed è per questo che da sempre mi batto per cercare
di diffondere i reali valori del rugby: la lealtà, l’agonismo, la crescita umana, possibilmente
abbinata allo studio. Questo è il vero e più importante fatturato del rugby: creare uomini veri». (…)