Certo l'Europa è una vecchia signora demodée e priva di slanci. Ha finito gli ormoni e si preoccupa solo, ricca e decrepita, delle rughe della pelle che mostrano la sua irrimediabile discesa e non pensa né si preoccupa per la quantità di neuroni che ogni giorno le si spengono nella testa, i giovani che diminuiscono o se possono se ne vanno. L'Italia va ancora peggio, ormai infettata dal virus di un declinio inarrestabile e si lascia andare come quei vecchi in un triste ospizio, ossessionati solo dai problemi della sicurezza, che infermiere interessate istillano loro ogni giorno assieme al Valium, per sedarne gli ultimi momenti di lucidità. In fondo non è nemmeno spiacevole accettare un allettamento definitivo, in un bambagismo senza spigoli, che ti fa guardare con occhio benevolo l'amoralità dei comportamenti, che ti fa superare il disgusto per la corruzione istituzionalizzata, accettata comunque perchè almeno così qualcosa si fa, senza un moto di ripulsa quando ogni volta che scoperchi una pietra, vengono fuori i vermi. Il tutto condito con la più classica invidia dell'anziano verso il potere smaccato, che non ha potuto avere o che non ha più o che se ancora ne detiene uno scampolo non vuol mollare a tutti i costi perchè gli mantiene l'illusione della gioventù, il potere che serve ad avere danaro e sesso, le due ossessioni dell'uomo. Ma scendiamo ancora più giù lungo le ripe scoscese delle Malebolge ed arriviamo alla mia terra, alla mia città popolata di vecchi accidiosi che tali, per tradizione erano anche da giovani, già nati vecchi; una città che da 80 anni non ha saputo mai innovare, ma che è scesa lentamente verso il basso, perdendo a poco a poco ogni suo punto di eccellenza. Il mio amico Ping, quando viene in città dalla Cina, si meraviglia di ritrovarla sempre uguale. - In 20 anni, avete fatto tre case nuove e un ponticello che va bene per la Barbie.- Eh già, da loro, una città come la nostra la rifanno in un anno. Ora le toglieranno anche quello scampolo di Università che manteneva, con qualche ragazzo, un minimo di presenza giovanile. Città specchio di una regione, il Piemonte ormai diventata simbolo nazionale della decadenza, delle occasioni perse, delle rimostranze su come si doveva fare. Quadro troppo pessimista e negativo? Lo specchio e la conferma di tutto questo sono le elezioni regionali alle porte. Ieri un amico, acuto osservatore del dibattito politico, mi faceva notare una cosa interessante. Con l'aria che tira, le elezioni le vincerà certamente un personaggio di una forza politica dichiaratamente milanocentrica, proveniente da un'area del Piemonte che non si sente affatto piemontese, ma lombarda. Un partito che non ha mai fatto mistero di considerare il Piemonte come un'area depressa da tenere come serbatoio di voti, ma da depredare progressivamente di ogni attività economica utile alla crescita. Chiedetelo ai dipendenti del San Paolo, vi faranno un bel quadro di come sono contenti da quando quella che doveva essere un'unione alla pari, ha spostato l'asse del potere completamente ad est. Anche la piccola Cassa di Risparmio di Alessandria è stata assorbita da una banca milanese. Il Gruppo del Credito Valtellinese è venuto a fare shopping da noi, dove ormai tutto è in svendita. Un Governatore della regione di tal fatta completerà l'opera? Se questo avverrà, non bisogna piangere, io credo che abbiamo quello che ci meritiamo. Pensate che un argomento come questo non viene neppure utilizzato dalla sua avversaria politica. Forse neanche ci pensa più il piemontese tipo, abituato a pensare sempre al ribasso, a ridurre le spese, a resistere con quel poco che ha fino a quando arriverà la mietitrice a toglierlo dalle grane, di potersi ancora permettere la Mercedes (Bresso).
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