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ELEZIONI SPAGNOLE 2015 – Albert e Pablo, una brezza che potrebbe trasformarsi in tornado

Creato il 16 dicembre 2015 da Ilnazionale @ilNazionale

16 DICEMBRE – Domenica 20 dicembre 2015 la Spagna si appresta ad affrontare le elezioni generali con la sensazione che stia per succedere qualcosa di veramente inaspettato. Il cambio, che gran parte del paese iberico sta aspettando, forse è vicino, molto vicino. Anzi, a dire il vero, la Spagna è già cambiata. L’aria che da qualche tempo si respira nel paese iberico è una brezza che sa di rinascita, di uguaglianza e di trasparenza. La comparsa di nuovi partiti come Ciudadanos e Podemos – sbocciati grazie al coinvolgimento dei cittadini – sta mettendo in discussione lo storico bipartitismo PSOE (Partido Socialista Obrero Español) – PP (Partido Popular) che, dal franchismo in poi, si è succeduto al potere.

Il PP arriva alle urne, secondo le ultime intenzioni di voto, con una percentuale di preferenza che sfiora il 27%. Se si dovesse confermare, sarebbe il partito più votato ma perderebbe milioni di voti rispetto al 2011, quando raggiunse la maggioranza assoluta con oltre il 44%. I tagli al sociale e la corruzione hanno creato un’emorragia di voti che sembra non trovare rimedio. Il presidente Rajoy, 60 anni, votato  come il peggior presidente di sempre, sembra essere arrivato al capolinea. È come una locomotiva a vapore che deve confrontarsi con treni ad alta velocità, più rapidi, ecologici e moderni. È stato criticato per non aver preso le distanze dai membri corrotti del suo partito che hanno portato la Guardia Civil a ispezionare la sede del PP per oltre 14 ore nel dicembre del 2013. Un suo sms diretto a Luis Bárcenas – ex tesoriere del Partito oggi agli arresti per corruzione – ha fatto storia. Il testo recitava: “Luis, sii forte”. Il partito popolare in Spagna è formato da uno zoccolo duro, durissimo. È composto da votanti che si trasformano in fedeli pronti a credere ai miracoli di “padre” Rajoy. Alla destra non è rimasto molto se non il PP e circa il 25% sembra sia garantito, succeda quel che succeda: d’altronde Berlusconi docet.

Il PSOE non sta di certo meglio e il suo nuovo segretario generale è Pedro Sánchez, 42 anni, sposato con due figlie. El Guapo, soprannominato per il suo aspetto e anche per il suo modo seducente di parlare, è un buon prodotto di marketing politico, tanto da arrivare a dichiarare persino che il suo politico di riferimento è Matteo Renzi. I suoi miti sono Felipe González e Zapatero. Li nomina quasi alla nausea rivendicando il passato glorioso, ma omettendone i lati oscuri.  Sta tentando di dare credibilità ad un partito più legato alla sua storia che alla volontà di rinnovarsi. Un estraneo al potere, in un momento in cui le strutture tradizionali del PSOE sono messe in discussione, è stata la chiave per aprire il grimaldello socialista. Le intenzioni di voto gli danno quasi un 20%.

Ciudadanos è un partito nato nel 2005 e rimasto per anni tra le linee anonime del bipolarismo. In questi ultimi dodici mesi è cresciuto fino ad arrivare a ridosso, sempre nelle intenzioni di voto, dei principali partiti. Il suo leader è Albert Rivera, faccia da bravo ragazzo, che piace alle mamme e alle figlie.  Naranjito, (arancino, colore di Ciudadanos) ha 36 anni, una figlia, ed è alla ricerca dei voti del centro anche se strizza l’occhio alla destra. Laureato in giurisprudenza, dopo una breve parentesi come consulente legale per una banca catalana, è stato eletto Presidente di Ciudadanos. L’obiettivo dichiarato è la Moncloa, anche se, superare quel 20% che i sondaggi gli attribuiscono, sarebbe già una vittoria. In Italia, lo definirebbero un democristiano, non perché sia portatore dei valori cattolici, anzi, ma per la sua capacità di non schierarsi in modo chiaro: una bandiera che segue il vento. È un leader accentratore e non sono molto conosciuti gli altri membri del partito, a parte Inés. Alle ultime e recenti elezioni catalane, Inés Arrimadas García, l’ “avvocatessa sexy” come l‘ha definita “Il Giornale” – in Spagna sono molto più attenti alle definizioni sessiste – è stata inaspettatamente la più votata tra i “non indipendentisti”. Inés e Albert hanno trascinato Ciudadanos a crescere così tanto da far alzare, e di molto, le attese. Che oggi appaiono, forse, troppo elevate per un “bravo” ragazzo che sembra non essere in grado di gestire le pressioni. I politologi definiscono questa rapida ascesa come una sorta di luna di miele. Il 20 dicembre vedremo se gli spagnoli saranno ancora innamorati del color arancio di Ciudadanos.

Il quarto partito è Podemos. Pablo Iglesias, el coleta morada (coda di cavallo color viola, colore rappresentativo del partito) 37 anni, ex professore di scienze politiche, è il leader indiscusso (foto). Si ispirano al movimento degli Indignatos (15M) e hanno saputo dare voce al malessere spagnolo stanco della vecchia politica. Podemos, a quattro mesi dalla sua nascita, arrivò all’8% alle elezioni europee (2014).  Nell’ultimo anno si è assistito a una caduta di popolarità, dal 28 al 16% nelle intenzioni di voto, forse dovuta alla crescita di Ciudadanos definito, da alcuni, il Podemos di destra. La moderazione del partito tenuta su alcune tematiche – inizialmente affrontate in modo azzardato – e una ritrovata energia, sia del suo leader, sia di tutto il movimento stanno generando un’euforia collettiva che li spinge a parlare di remuntada.

Thomas Zandonai

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